venerdì 5 febbraio 2016

Categoria e obsolescenza

In epoca di massima obsolescenza dell'oggettto si vede meglio la ragione per cui Aristotele non sentì il bisogno di definire la categoria, limitandosi a inserirla all'interno di un gioco della significazione (σημαίνειν): sono gli oggetti a rinviare alle categorie, a "significarle" elementarmente, non è una categoria precedentemente definita che permette di "apprehendere" l'oggetto ( τῶν κατὰ μηδεμίαν συμπλοκὴν λεγομένων ἕκαστον ἤτοι οὐσίαν σ η μ α ί ν ε ι  κτλ). Il rischio era di vedersi annullata, con la morte della funzione dell'ggetto, qualsiasi possibile definizione. Se anche si ammettesse un dualismo della durata - funzione e semplice persistenza oltre la funzione - il venire meno di uno dei due poli farebbe crollare l'intero edificio. La durata (concetto su cui ha insistito Schopenhauer) che solo si può cogliere nell'interazione del cambiamento (tempo) e della persistenza (spazio) ha un valore limitato, non ontologico, non perenne, non solo perché morta la percezione muore anche la durata, ma anche e soprattutto in considerazione dell'origine dell'oggetto, che nasce sempre (anche per "caso") con una sua funzione. Un microchip nasce per un suo senso funzionale, ma nel momento in cui distruggo una carta di credito non avrà più nessuna durata funzionale, ha perso il suo scopo: è un cadavere tra altri cadaveri. E' un osservare i resti di antiche mura, che non hanno più nessuna funzione originaria, hanno valore per il turista, lo storico eccetera.
(inizio 2015)

Nessun commento:

Posta un commento