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lunedì 9 giugno 2014

lo sport la maleducazione e la scultura






Ci sono dei grandi atleti il cui comportamento in campo è in alcune circostanze così oggettivamente stomachevole da suscitare ripulsa non solo nello spettatore comune ma accese contestazioni pure in un pubblico meno prevenuto. Il passato meno recente appare forse non tanto ricco quanto il presente in tali figure. Eppure uno degli atleti più "maleducati" di cui si sia mai avuto notizia fu proprio John McEnroe, a cui oltre ai tanti premi, meritatamente conquistati, sarebbe dovuta andare anche la palma del mancato fair play. Tolti, tuttavia, quei suoi gesti leggendari e poco "sportivi" dettati unicamente dal suo carattere irascibile, di bambino capriccioso e già arrogante – il fatto che il padre fosse un militare ha forse ha avuto un ruolo determinante  – tolti quei gesti così eclatanti come l’abbandono del palco della premiazione al Roland Garros nel 1984, quando venne battuto inaspettatamente da Lendl (abbandono del palco con cui si guadagnò una sonora gragnuola di fischi dal pubblico immenso e attentissimo di Parigi), oppure quei gesti "insopportabili" all’interno di uno stesso incontro come le offese a un giudice di linea, le parolacce all’arbitro e la distruzione della racchetta all’Australian Open del 1990, che lo fecero incappare nella cosiddetta regola delle three code violations e nella conseguente infamante squalifica in campo, Mc Enroe, questo mancino creatore di stile, resta probabilmente il più grande tennista di tutti i tempi.



Lo vedevo quand'ero poco più che ragazzino a Wimbledon nel 1977 e continuo a vederlo ancora oggi nei filmati che si hanno di lui. E le mie reazioni di adesso sono le stesse di allora. Quella sua tremenda mitica torsione lombare - che gli permetteva al servizio una battuta mozzafiato durante la quale, conservando i piedi parallelissimi alla linea di campo, riusciva a offrire completamente le spalle alla rete - continua a suscitare in me la più grande delle emozioni che possa darmi la vista di un corpo umano in tensione. La stessa cosa potrei dire delle sue famose risposte d’attacco, le volées micidiali, i suoi inconfondibili passanti lenti, il suo serve and volley (oggi quasi esclusivamente rimpiazzato dai noiosi scambi da fondo campo), i suoi rovesci in risposta ai servizi, quando con indescrivibili balzi in avanti si levava a mezzaria.

volée di McEnroe dopo il servizio (serve and volley)


 Il “maleducato” McEnroe, non era adatto a un pubblico dalle orecchie troppo sensibili, o quantomeno bisognava guardarlo mettendosi  i tappi o con l’audio del televisore escluso. Allora si sarebbe, questo pubblico troppo sensibile, potuto godere senza fastidi uno dei più grandi spettacoli scultorei che abbia dato il mondo dello sport.

Talento nello sport. Il maschio e la superstizione




Rafael Nadal - photo www.rafaelnadal.com


Vedere lo spagnolo Rafael Nadal, vera leggenda tennistica, dotato di un atletismo che lascia letteralmente di stucco, che emoziona come pochissimi giganti del tennis nella sua straordinaria e inarrestabile fisicità, nei suoi improbabili salti da una zona all’altra del campo catturati nell’attimo della loro totale fissità, trionfatore per la nona volta al Roland Garros, vederlo eseguire ogni volta che è alla battuta - e prima che lanci la palla in aria - lo stesso “gesto apotropaico composto” (toccarsi l’orecchio sinistro poi il naso poi l’orecchio destro poi ancora il naso) oppure andarsene immancabilmente negli spogliatoi tra un set e l’altro, oppure dare due morsi alla stessa banana tra un gioco e l’altro,  tutto per scaramanzia, per paura che le cose non vadano esattamente nel verso giusto, vedere tutto questo, oltre che togliermi qualcosa di quella innegabile emozione che in un primo tempo registro, oltre che infastidire il me spettatore, quasi che il pubblico debba essere grato a quei suoi gesti più che alla bravura, può dare un’idea abbastanza buona di come il grande talento si nutra essenzialmente di nevrosi.

Novak Djocovic


Djocovic, altro grande campione, il suo antagonista serbo nella finale al Roland Garros, appariva al contrario, un vero maschio, un vero guerriero: il volto immobile, lo sguardo, i gesti sempre controllatissimi – salvo quando lancia, in un caso, rabbiosamente, violentemente la racchetta per terra dopo un errore e la fa a pezzi. E tuttavia, Djocovic non emoziona come Rafael Nadal.