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sabato 18 ottobre 2014

Il soldo di cacio

Io non do un soldo di cacio alle seguenti categorie di persone:

primi ministri
politici di qualsiasi schieramento
attori famosi e meno famosi
cantanti
comici
registi
artisti
professori universitari
intellettuali
critici
scrittori che vanno per la maggiore e che un giorno andranno anche meno che per la minore
giornalisti impegnati e meno impegnati
calciatori
economisti
scienziati
medici

e in generale non do un soldo di cacio a chiunque è conosciuto tramite quel ridicolo oggetto che è la televisione, e a chi in televisione risiede in pianta stabile.

E in generale non do un soldo di cacio a


maleducati
presuntuosi
ricchi e arricchiti
fascisti della prima e dell'ultima ora
comunisti in carriera politica
cattolici convinti
preti
borghesi
piccolo borghesi
falsi maschi
donne aggressive e in carriera
femministe
veline
invidiosi e invidiose
stupidi perenni


Apprezzo invece:

disoccupati
contadini e contadine
metalmeccanici e operai e operaie in generale
donne di servizio
aristocratici con notevole senso dell'umano
sognatori
bambini Down
donne energiche e dolci nello stesso tempo e con notevole spirito materno
lesbiche che non odiano gli uomini
uomini che non sanno di avere talento
ragazzi e ragazze che sanno sorridere

giovedì 3 luglio 2014

L’uomo sempre arcaico. Nota su Wittgenstein etico II





“Wenn von der Majestät des Todes ergriffen ist, kann dies durch so ein Leben zum Ausdruck bringen. – Dies ist natürlich auch keine Erklärung, sondern setzt nur ein Symbol für ein anderes. Oder: eine Zeremonie für eine andere.”

(Chi è afferrato dalla maestà della morte può portare a espressione "questo" [la maestà della morte] attraverso una vita simile. – Q u e s t o naturalmente non è una  s p i e g a z i o n e  ma pone soltanto un simbolo al posto di un altro. Oppure: una cerimonia al posto di un’altra).

Questa osservazione di Wittgenstein, nelle Note al Ramo d’oro di Frazer, dove si riferisce a un modello di vita che fai conti tutti i giorni con la sacralità della morte, potrebbe essere considerata una

domenica 26 maggio 2013

Tsunami: quando gli uomini (non le donne) mostravano pudore. Natura contro scienza


                                               Arcimboldo - Verdura

Non c’è niente di più frustrante del pensiero di una scienza che ancora oggi non riesce non dico a impedire ma a prevedere uno tsunami. Eppure non sembra che ci sia al mondo un solo scienziato che non parli di sé come di un dio in terra. E all’ora com’è? Non sarà che tu scienziato ti prendi un po’ troppa confidenza, che ostenti una fiducia un po' eccessiva nelle tue capacità? Non sarà che quando ti poni per obbiettivo di far crescere delle orecchie di suino in una povera cavia "dimostri" di essere andato a scuola – da cattivo allievo, peraltro – da Giuseppe Arcimboldo invece che da Galileo?

                                      Tsunami e terremoto in Giappone

C'è un passo di un’opera di Plutarco, De virtutibus mulierum (sulla forza delle donne), nel quale si parla di una forma di matriarcato in vigore nell’antica Licia, un regime legale quasi unico in quei giorni, a cui accenna anche Erodoto. Alle origini di quello scompiglio sociale ci sarebbe stato proprio uno tsunami. Si tratta di una favoletta: ma forse più precisa e più accurata nel descrivere certi meccanismi archetipici dell'uomo (compreso l'uomo di scienza) e i reali rapporti di forza di quanto non siano in grado di fare molti dei noiosissimi e per lo più inutili paper accademici sfornati a migliaia ogni anno dalle varie istituzioni universitarie. Ma come avvenne che le donne in Licia presero il potere e conquistarono il diritto di passare il cognome (o l'equivalente del cognome a quei tempi) ai figli al posto dei mariti? Semplicemente usando il buon senso - e la conoscenza dell’umano e della natura. Dice Plutarco che Bellerofonte, avendo salvato i Lici e non avendo ottenuto nessuna ricompensa, essendo stato anzi alla fine pure ingiuriato, raggiunto il litorale invoca Poseidone, il dio del mare, lo supplica di rendere completamente sterile la Licia. Come Bellerofonte si allontana verso l’interno il mare comincia a sollevarsi, a riversarsi sull'intera regione: e più Belleronfonte si addentra nelle zone più civilizzate più il mare lo segue. I maschietti, credendo di saperla più lunga delle donne, tentano di placare il dio. Ma il mare avanza e ricopre tutto, seguendo passo passo il vedicativo Bellerofonte, fino a quando non intervengono più intelligentemente le donne, che decidono di affrontare l’eroe. Appena se lo trovano davanti sollevano le vesti (immagino mostrino le pudende, anche se Plutarco non lo dice), e solo a questo punto Bellerofonte pieno di virile pudore si ferma e comincia a indietreggiare, e con lui il mare.



Dai miti possono trarsi non pochi insegnamenti sul Creato: ad esempio il doversi aspettare che prima o poi la natura ti faccia una tale sonora pernacchia - e di una forza talmente spaventosa - che nemmeno una scorreggia collettiva di tutti gli scienziati del mondo messi insieme riuscirebbe a coprire. La domanda di rito, alla luce del mito dei Lici, è semplice: quale pudende, quale cose di cui vergognarsi gli scienziati saprebbero mostrare oggi? In epoca di incontrastato dominio scientifico muoiono di cancro più persone di quante non ne morivano in passato, nonostante da decenni si riempiano le tasche degli istituti di ricerca e vengano svuotate quelle dei contribuenti. L’inquinamento (non solo atmosferico), immediato esito delle tante applicazioni tecnologiche, la fa ovviamente da padrone, e questoin un epoca in cui centinaia di migliaia di euro vengono spesi annualmente per finanziare studi che farebbero gridare al ciarlatanismo non solo un Giovanni Capodivacca, l'antico redattore del Corriere della Sera, se solo potesse riscrivere la sua commedia Home Rebus (il chiromante), ma pure quel non scienziato da cui siamo partiti, Plutarco – e potrei anche citare uno studio in cui si vogliono mettere in relazione "omosessualità maschile e lunghezza del dito medio". Quello che è certo è che nessuna malattia veramente grave è stata debellata ai giorni nostri, tanto che gli ultimi grandi risultati sono stati in questo senso ottenuti ai tempi dei comiugi Curie, quando la scienza si faceva ancora col “calderone”, come diceva Lacan in un suo seminario, cioè “cum grano salis”, con un po’ di intelligenza. E allora, scienziato, se non sai impedire neppure uno tsunami come la mettiamo?

                                      Pietro Longhi - Il cavadenti

Anni fa uscì a Londra un libro di un certo Neville Hodgkinson, corrispondente scientifico del Sunday Times, Aids, the Failure of contemporary Science – il fallimento della scienza contemporanea – una sorta di sole nel panorama più oscurantistico che esista oggi, quello del mondo scientifico. Non so se Hodgkinson conservò il posto. Ma intanto nessuno ha mai veramente pagato per le centinaia di migliaia di persone crepate a causa del noto farmaco con cui si pensava di rallentare lo sviluppo della sindrome e che invece i produttori dovettero ritirare - distruggeva nientedimeno che il dna. Il più famoso retrovirologo del mondo, Peter Duesberg, caduto in disgrazia per aver detto qualcosa di sensato, negò qualsiasi verosimiglianza all’ipotesi del retrovirus hiv: un comportamento, quello attribuito dell'hiv, che non s’era mai visto in nessun retrovirus e che appariva come qualcosa di veramente stregonesco, anche più inverosimile del mito dei Lici.

“Ma io quest’uomo lo amooooo”, dice una canzone di una cantante neomelodica napoletana, Maria Nazionale: se anche noi scienziati sbagliamo, ci adoperiamo per lui, per l’essere umano.

                                                            cervello umano


Mi ricordo da piccolo, in campagna, mio cugino, che è stato ed è rimasto il mio più grande amico, una sera in cui si sentiva soltanto il verso dei grilli, mi dice: “quando il cervello dell’uomo si sarà sviluppato come quello di Dio allora ci sarà la fine del mondo”. E chissà dove l’aveva pescata, visto che avevamo tutti e due dieci anni. “Ma il cervello di Dio”, gli faccio, “è infinito: e come può il cervello dell’uomo diventare una cosa del genere?” Più tardi ho imparato che la matematica era già riuscita, col calcolo infinitesimale, a misurare l’infinito molti secoli prima delle mie conversazioni infantili con mio cugino, e che la fine del mondo non c’era stata. E allora com’è che se domini pure l’infinito, tu, scienziato, ancora non  riesci a impedire uno tsunami mentre ci sono riuscite diversi millenni fa delle semplici donne, alle quali è bastato agire sulla nozione di pudore? Perché tu certo saprai meglio di chiunque altro che cos'è il pudore …