E' difficile che un traduttore dal greco antico
vada fuori tiro, che
toppi (soprattutto nell'attuale
clima produttivo delle università, di ossessivo
controllo filologico, ogni cosa
eseguita ritualmente nell'orizzonte di attesa dei colleghi che ti devono leggere e che stanno col fucile puntato addosso se sbagli una semplice virgola e soprattutto se non citi le loro
illegibili, incoerenti sciocchezze, che comunque non leggerebbe nessuno) ma succede. Come nel caso della traduzione ancora usata di Diogene Laerzio, curata parecchi anni fa da un grande della filologia e papirologia, Marcello Gigante (e qui non è una virgola), il quale traduce o fa tradurr
e, dando luogo così a dei curiosi
false friends, astrologìa co
n astrologia (I, 23) e poi qualche riga sotto la intende invece giustamente come
astronomia, o
dedicarsi all'astronomia, non ricordo, ma il greco è ἀστρολογῆσαι, che vale appunto
occuparsi di astronomia, detto in questo caso di Talete, attività che secondo Diogene Laerzio
anche Eraclito confermerebbe (μαρτυρεῖ δ' αὐτῷ καὶ Ἡράκλειτος) cioè "gli rende buona o favorevole testimonianza".
In realtà, nel passo in questione, erroneamente tradotto, si parla semplicemente di un'opera che andava sotto il nome di Talete (la ricordava ancora Plutarco già prima di Laerzio, e tre secoli dopo Laerzio la ricorda ancora Simplicio nel commento alla
Fisica di Aristotele) ma ritentuta composta da un Foco di Samo, l'
Astronomia nautica (ναυτικὴ ἀστρολογία), non certo l'
astrologia nautica, perché consigliare a dei marinai di affidarsi al destino (a quello che è già scritto negli astri) piuttosto che alla
scienza astronomica, era considerato anche ai tempi di Talete (che secondo Callimaco aveva fatto non modeste scoperte se tuttora alziamo i nostri moderni nasi a osservarle), come il classico darsi una martellata sui piedi:
Callimaco lo conosce scopritore dell'Orsa minore, così come si legge nei suoi giambi:
"E del Carro si dice abbia misurato
le piccole stelle, con le quali navigano i Fenici"
(
Καλλίμαχος δ' αὐτὸν οἶδεν εὑρέτην τῆς ἄρκτου τῆς μικρᾶς, λέγων ἐν τοῖς Ἰάμβοις οὕτως·
καὶ τῆς Ἀμάξης ἐλέγετο σταθμήσασθαι
τοὺς ἀστερίσκους, ᾗ πλέουσι Φοίνικες. [Diog. I, 23])