sabato 12 luglio 2014

L'invidia e la stupidità. Il politicamente idiota

L'invidia è quella del pene, dell'organo genitale maschile, di cui sono invidiose le donne. Ma non tutte, che sarebbe un dramma. A molte, alla maggioranza delle donne, il pene sta bene dove sta e se ne delizia. Le invidiose sono invece, è un fatto conosciuto, le femministe, che non hanno mai saputo né voluto ammettere la bancarotta delle ideologie su cui
hanno fondato le loro inconcludenti battaglie. Semplicemente hanno perso per queste due ragioni: il fatto cioè che alla maggior parte delle donne piacerebbe, sì, avere il pene, ma non come propria appendice (che oltretutto è pure ridicola); e il fatto che qualsiasi lotta sociale, combattuta per una parte soltanto del consorzio umano, è condannata sul nascere. Non è la donna che deve essere liberata (non si sa da cosa) sono gli uomini e le donne insieme che devono affrancarsi da un ruolo economico da scimmia allo zoo, che il capitale, da che mondo è mondo, impone - la donna che in una certa pubblicità lecca un gelato nel modo in cui leccherebbe un pene, può anche divertire e arrapare (e non soltanto l'uomo), ma che non si tratti in nessun modo di affrancamento dell'individuo ma di resa all'immaginario (alla fissità e alla morte) e di mercificazione, affarizzazione del corpo, è palese: lo è per definizione del business che su quella manipolazione si regge. E vale per entrambi, per l'uomo e per la donna.

Lo stesso potrebbe e dovrebbe dirsi delle lotte gay: sono votate - è un dato di fatto - al puro fallimento sul piano della liberazione del povero individuo omosessuale, fissato più in che in passato a uno stereotipo che si è da solo cucito addosso (nonostante i pochi modesti risultati sul piano dei riconoscimenti civili e insieme a un conseguente inarrestabile dilagare dell'omofobia). Non sono i "gay" a doversi liberare: sono gli uomini e le donne insieme che devono ancora una volta affrancarsi dalla manipolazione sessista del capitale. Quando questo avverrà, ognuno (e fatta salva la riproduzione) andrà a letto come e con chi vorrà: uomini con uomini, uomini con donne, donne con donne. E l'uomo e la donna adulti saranno allora finalmente non soltanto elementi della specie homo sapiens (cui oggi credono di appartenere) ma anche della specie homo eroticus, una sessualità a 360 gradi, circolare.

La stupidità è invece quella del Brasile calcistico, che pare abbia deciso, nella finale di questi Mondiali, di tifare in massa per quella Germania che li ha gigantemente umiliati. E tsoltanto perché l'Argentina, per ragioni di campanilismo, ci sbatta, come è successo al Brasile, anche lei il grugno.

La stupidità è ancora - per riprendere il filo dell'invidia delle femministe - quella di una publicazioncella di cui parla, in un articolo più stupido della pubblicazione stessa, il sito di Repubblica. Un libretto intitolato Donne, grammatica e media. Suggerimenti per l'uso dell'italiano. Il succo di questa pubblicazione (i risultati sul piano concreto della attuabilità) sono a dir poco deliranti: presentata alla Camera dei Deputati sotto gli auspici della presidente della Camera, è un succo avariato, come lo sarebbe quello di un qualsiasi lavorio mentale che del pensiero non ha assolutamente nulla perché espressione di ignoranza e fanatismo ideologico, sforzo e produzione in totale assenza di capacità operativa (o logica). In questo caso non solo di chi ha pubblicato e finanziato quest''"operetta" (Giulia, l'associazione autonoma di giornaliste che si occupa di questioni di genere nei media - e ti potevi sbagliare?) ma anche di chi l'ha ideata e curata, nientedimeno che una docente universitaria che dovrebbe occuparsi, a spese del contribuente, di linguistica e ricerche affini, e con una prefazione nientepopodimeno che di Nicoletta Maraschio, presidente (o presidentessa? o pennellessa?) dell'Accademia della Crusca - il che la dice ugualmente lunga; e il tutto innaffiato ovviamente dal saluto da bar dello sport femminile della Boldrini:

"Non è giusto che donne che svolgono un ruolo non debbano avere un riconoscimento di genere anche nelle parole che le definiscono".

Insomma, i suggerimenti contenuti in questo succo avariato del pensiero internautico quali sarebbero, di grazia? che tutti quei nomi che indicano professioni, e che sono utilizzati al "maschile" anche se è una donna a portarli, vengano trasformati senza pensarci troppo al femminile. Quindi si potrà e dovrà dire: assessora invece di assessore, medica invece di medico, evaditrice  invece di evasore, prefetta invece di prefetto, vigilessa invece di vigile, inviata speciale invece di inviato speciale - e allora perché non inviata speciala? Il che taglia la testa al toro, anzi alla vacca, perché pare che nessuno abbia ancora spiegato a questa supposta docente di linguistica che i nomi che terminano in "e" - e che vengono quasi tutti dal latino - possono essere sia maschili che femminili (adsesssor, o assessor, che significa aiuto in una certa funzione, e lo si indica come maschile nei dizionari latini semplicemente perché tali compiti erano riservati agli uomini non perché la vocale "e" della desinenza dell'accusativo dei nomi della terza declinazione fosse percepita dai latini come maschile, tanto è vero che in matrem, che dà madre, esempio banalissimo, non è la "e" che rende femminile il nome ma la sostanza prima, come direbbe Aristotele.

E mi verrebbe voglia di suggerire alle curatrici di quest'utile "operetta" di proporci numerosissimi altri esempi, metterci in condizione di estendere il politicamente idiota anche al dominio animale. Per esempio, si potrebbe dire prosciutta invece di prosciutto nel caso il prosciutto venga da una scrofa (o troia); e ancora: capra espiatoria invece di capro espiatorio, lepra invece di lepre, antilopa invece di antilope, che tra l'altro è già femminile e ci troveremmo quindi un tantino incasinati. Vogliamo dire antilopo? tartarugo? e Ugo Fantozzi, se fosse una donna, come lo chiameremmo? Uga Fantozza. E  la tazza del cesso, nel caso fosse usata da un maschio, la dovremmo chiamare tazzo? un po' come fanno i giapponesi, che hanno parole speciali che usano soltanto le donne e altre che usano soltanto gli uomini? E quando una donna, imitando il linguaggio maschile, dice: mi sono rotta il c..o, dovrebbe dire allora mi sono rotta la c...a? e nel caso di palle, nella nota espressione, la quale venne sicuramente usata in origine solo dagli uomini trattandosi di loro attributi, se la stessa espressione la usano le donne, per non cedere al maschilismo della lingua, per usare qualcosa di diverso, per andare a tutti i costi contro il maschio e l'idea di maschio, cosa dovrebbero fare, visto che palle è già femminile? dire mi sono rotta li palli? tornare al maschile?



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