domenica 8 febbraio 2015
A letto con le pecore: bestialismo e "morte come prevenzione"
Il bestialismo o zooerastia, o zoofilia è il fare sesso con un animale. Pratica, in passato, più diffusa di quanto non si pensi. Pecore e capre a farne le spese, in mancanza di meglio. I riferimenti al bestialismo sono oggi, nel comune parlare, rari, e almeno in Occidente è considerato una sorta di
tabù, o relegato a battute da bar dello sport. La scienza medica o psichiatrica se ne occupa invece con molta serietà. In Argentina una capra ha messo al mondo un capretto con la testa d'uomo - ma si tratta evidentemente di mutazione genetica dovuta all'uso di pesticidi, sarebbe quindi più giusto (a parte il far ritrovare a colazione la testa di quella povera bestia nel piatto dei produttori di simile merda) sarebbe più giusto dire: un capretto (tra l'altro nato morto) con la testa simile a quella di un uomo (simile a quella dei produttori di tale merda). La genetica esclude che sia diversamente, e anzi il rapporto sessuale con un ovino dovrebbe essere talmente sicuro che potrebbe essere preso a modello di metodo anticoncezionale per eccellenza.
Da parecchi decenni l'industria porno mette in scena accoppiate femmina/cavallo (non so se nell'hardcore gay se ne vedono, ma insomma, quando si pensa al bestialismo nel mondo del porno, viene da pensare piuttosto a un'unione donna/cavallo, nonostante l'uomo, nella vita concreta, arrivi a dare alla sua donna della bella cavalla, della maialona, della porca eccetera). Ma in pornografia si ammirano soprattutto le dimensioni dell'organo maschile e in questo senso l'industria hard sembra aver poco a che fare col bestialismo nudo e crudo: risponde piuttosto a un modello strutturale, a un "archetipo" - vedi il passo biblico ("aveva per amanti uomini con un c. simile a quello di un asino di Priene") e Archiloco, che ho citato sul Sesso sfrenato degli antichi.
Per i greci era la zooerastia un mecanismo di comunicazione col divino: il toro, il cigno eccetera e rimaneva (tolti i rapporti con capre e pecore) relegato al mito. I Romani vedevano come sempre (al di fuori degli interessi materiali) le cose con tolleranza - nella terza bucolica di Virgilio tuttosommato i poveri capri guardano di sottecchi due pastori che s'inchiappettano, e viene quasi da pensare li osservino con una certa invidia:
Parcius ista viris tamen obicienda memento.
novimus et qui te transversa tuentibus hircis
et quo (sed faciles Nymphae risere) sacello.
E appunto "le Ninfe ne risero miti".
Ma furono già molto prima gli ebrei a prendere nettamente le disatanze, ad anticipare il futuro, pur con il solito eccesso delle pene previste per i trasgressori, e dal Giudaismo il tutto è passato al Cristianesimo (al Paolinesimo). Il rapporto sessuale con la bestia (bestia anche il diavolo) era impuro e l'uomo che vi indulgeva avrebbe assaporato, dopo il piacere, dei brutti quarti d'ora se beccato sul fatto:
כל־שכב עם־בהמה מות יומת׃
Chiunque giacerà con una bestia dovrà essere messo a morte (Esodo, 22:18)
dove l'infinito assoluto מות (muth) svolge una delle sue tipiche funzioni in ebraico: quella di rafforzamento del verbo principale - intensifica in questo caso l'imperfetto יומת (yumath) che segue immediatamente, stessa radice (morire): "sarà assolutamente messo a morte".
(Si può facilmente immaginare, ovunque nel mondo, all'origine della nozione di condanna a morte - tanto più per gli atti di bestialismo, coi rischi che comportano - una primitiva idea di indebolimento della comunità e dell'erosione del capitale, del suo accumulo: il concetto di impurità è evidentemnte uno strumento ideologico posteriore, quindi di controlo e di prevenzione. La nozione di morte si rivela anche linguisticamente una forza unificante intercomunitaria. La "u" lunga dell'ebraico muth è quasi sicuramente una derivazione da un'originaria radice mrt, con un affievolimento di "r" e un perfetto quindi non attestato מרש * (marash), sul modello דרש/דוּש (darash/dush), così che tale radice, al di fuori dell'indoeuropeo (vedi sanscrito mri/mita: morte/morto, avestico mrete, medio iranico murdeh ecc.), avrebbe trovato svolgimenti e sviluppi pure nel mondo semitico - quasi una stessa originaria nozione di morte per tutto il continente euroasiatico - vedi pure siriaco (myt), e arabo يموت (ya-mut), e perfino malese mita - uccidere).
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