Scrive un forumer in un blog sull'ateismo:
"It's amazing how Christian apologists will bend over backwards to justify their beliefs in the face of the atrocities that their faith condones."
Non troppo lontano dal vero. Direi comunque che proprio questo continuo, inquieto, autoreferenziale muoversi a battaglia degli apologisti cristiani, più che risolversi in un cadere col culo per terra ("fare uno sforzo immane pur di ottenere qualcosa", "farsi in quattro", è il senso più tipico di "bend over backwards"), assume, se osservato alla giusta distanza, le cadenze e gli schemi di una rinnovata danza: di una danza ovviamente biblica, una danza delle Sacre Scritture". Si danza per qualcuno, e per ottenere la testa di qualcuno, alla manierà di
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giovedì 19 febbraio 2015
giovedì 16 maggio 2013
Le corna
George Frederick Watts - il minotauro
“Se ora non vado errando” (adotto di proposito il curioso intercalare usato coi giudici di Napoli da Giovanni Pandico, il grande accusatore di Enzo Tortora - e il pentitismo non mi pare altro che una forma di adulterio anticipato, il tradire la giustizia con la quale ci si sta sposando) il
primo riferimento letterario alle “corna” quale simbolo di infedeltà coniugale si trova in Plutarco, nella Vita
di Licurgo. In questo bellissimo opuscolo, scritto soltanto agli inizi dell’era
cristiana, un cittadino spartano parlando secoli prima con uno straniero - che s’era meravigliato
che a Sparta non ci fossero leggi contro l’adulterio - dice: “se uno di noi commettesse adulterio allora sarebbe anche in grado di comprarsi un toro talmente grande che potrebbe sollevare la testa, sporgersi al di
sopra del monte Taigeto e bere qui sotto dalle acque del nostro Eurota.” E lo straniero: “E come
potrà esserci un toro così grande?” E lo spartano, un certo Gerada, sorridendo:
“E come potrà esserci un adultero a Sparta?”
Si tratta in effetti di un'implicita tautologia, che non a caso fa rima con taurologia: uno spartano è uno spartano. Eppure, grazie a questo Gerada, chiunque da allora sia stato scoperto a tradire il partner avrà provato a difendersi attaccando, e anzi a ricordarsi non solo di Gerada ma anche di Teseo (di cui parla ancora Plutarco) che nel labirinto prende il Minotauro per le corna.
Si tratta in effetti di un'implicita tautologia, che non a caso fa rima con taurologia: uno spartano è uno spartano. Eppure, grazie a questo Gerada, chiunque da allora sia stato scoperto a tradire il partner avrà provato a difendersi attaccando, e anzi a ricordarsi non solo di Gerada ma anche di Teseo (di cui parla ancora Plutarco) che nel labirinto prende il Minotauro per le corna.
Il paragrafo qui sopra è un esempio di come con le parole si possa dire tutto ciò che il parlante o lo scrivente ci vede o voglia vederci. Così il grande avvocato Coppola, in una delle più belle arringhe che siano mai state pronunciate in un tribunale dei nostri giorni - insuperata lezione di psichiatria forense - definì il grande accusatore e "pentito" Pandico un dubbio filologico: "Pandico!", disse Coppola: "il suo nome risulta dal fatale incontro di due lingue caratterialmente diverse: pan: dal greco pas pasa pan, che significa tutto: e il latino dico: dico tutto!"
L'incomprensione è il minimo che ci si debba aspettare se si portano le corna a tema del giorno, a comunicazione verbale, figuriamoci quando l'interlocutore è un giudice. Mi raccontava un amico monsignore di una vecchia causa per adulterio, un fatto accaduto parecchi anni fa in un paesino vicino Roma. Venne chiamata a deporre, dall'allora pretore, l'anziana domestica, che asseriva di avere assistito, inosservata (dal buco della chiave?) al "tradimento". Dice il pretore: "Allora signora, ci dica quello che ha visto". E la donna, al di là di ogni ragionevole dubbio "Ho visto tutto, signor giudice!". E il pretore: "Ha visto tutto che cosa?" La domestica ci pensa un attimo poi dice: "Signor giudice, come ho detto all'avvocato, quello gliel'aveva messo dentro!" "Ma signora", esclama il pretore, "ma come parla? ma parli per metafora, per cortesia!" E la donna: "Ma quale metà ffora e metà ffora: stava tutto dentro!"
martedì 23 aprile 2013
Traditore: colui che consegna l’amico (o chi gli ha creduto) al peggior nemico possibile
È sempre difficile riconoscere un traditore prima che il tradimento si sia manifestato. La miglior cura, a differenza che nella medicina, è la prevenzione: e nei rapporti intersoggettivi la prevenzione è la precisa conoscenza di chi ti sta vicino. Non mi viene in mente miglior esempio, nell’antichità, di quanto riporta Arriano nell’Anabasi. Un giorno che Alessandro appariva gravemente malato e tutti i medici erano ormai convinti che fosse spacciato, soltanto uno di loro, Filippo di Acarnania, uomo al suo seguito, medico stimatissimo in tutto l’esercito, disse che sarebbe bastato un semplice purgante. Alessandro disse che l'avrebbe preso. E mentre Filippo, insieme a lui nella stessa tenda, glielo preparava giunse ad Alessandro una lettera di uno dei generali, che lo metteva in guardia proprio da quel Filippo medico, che secondo alcuni stava per avvelenarlo avendo preso soldi da Dario. Alessandro finì di leggere la lettera e quindi la passò a Filippo, mentre Filippo gli passava a sua volta il purgante. E prima che Filippo terminasse di leggere, Alessandro aveva già bevuto.
Alessandro in sella a Bucefalo
Ovviamente si rimise in sesto. Qui sorge una prima e una seconda questione, che sono collegate. Quanti altri leader, nei panni di Alessandro, che aveva allora una ventina d’anni e era al culmine della sua gloria, avrebbero fatto la stessa cosa? E perché l’umanità
ha conosciuto soltanto un Alessandro che venga detto semplicemente il Grande?
Ciro Ferri -Alessandro legge Omero
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