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giovedì 15 settembre 2016

Leggi "simpatiche"

La legge di Osthoff è una di quelle leggi "simpatiche", poco complicate, lo studente di greco avrebbe buon gioco. Peccato che come tutte le leggi e i tentativi di normalizzare i fatti di lingua, contiene eccezioni, e basta un'eccezione per invalidare una legge (l'omerico νῆυσι resta per esempio felicemente fuori, e il tentativo di spiegarlo da un originario *néh2u-, rimane una congettura.

Lo stesso può dirsi della legge di Wheeler, ugualmente "simpatica", amichevole, una vera chicca fonologica dal soprannome sfizioso: la legge del dattilo finale. Ha quantomeno il merito di "illuminare" la questione dell'accento nel participio perfetto medio-passivo (perché diavolo a differenza degli altri participi che gli somigliano avrebbe quello strano accento sulla penultima). Ma anche qui le eccezioni non mancano: μυελός, ὀμφαλός,ὀρφανός, e restano fuori ( a differenza del latino e dell'italiano) gli aggettivi del tipo -ικος (μαθηματικός, ἀστικός ecc.) - aggettivi però di "classe", colti, intelellettualizzanti (Aristofane li mette in bocca ai "bei parlatori"),  e si prestano a essere accentuati in un certo modo, un segno di distinzione, così come in italiano si tende a accentuare in modo errato, ritraendo l'accento sulla terzultima, alcuni nomi poco nell'uso e creduti colti (pùdico, tàfano), e in effetti anche nel latino e poi nelle lingue europee questo suffisso finisce per denotare l'appartenenza a un gruppo, ha una funzione classificatoria, categorizzante (vedi su questo l'insuperato e insuperabile studio di Chantraine). In questo senso, e solo in questo senso, farebbe pensare al -ka dell'indoeuropeo, che è la marca del genitivo dei pronomi personali, una marca di appartenenza.

martedì 11 novembre 2014

successo e arte concettuale

Difficilmente il mondo potrebbe mettersi d'accordo su ciò che meritato e ciò che non lo è: anche e sopratutto in ambito letterario. Molto dipenderà dal punto di vista e dalla fortuna, dall'incontro fortuito, oltre che dalla lungimiranza e bravura tecnica se si mira a un successo postumo. Così Eupoli - grande avversarrio del "calvo", di Aristofane - nel noto frammento dei Battezzatori, che sicuramente scrisse contro Alcibiade, coi due interlocutori che pesano con le rispettive bilance il bene e il male e che fa pensare proprio ai due commediografi alle prese con le loro perenni accuse reciproche di plagio:

ἀνόσια πάσχω ταῦτα ναὶ μὰ τὰς Νύμφας.
πολλοῦ μὲν οὖν δίκαια ναὶ μὰ τὰς κράμβας.

Soffro l'indicibile per tutte le ninfe!
E molto giustamente per tutti i cavoli!

In realtà basterebbe poco ad ottenere celebrità: nessuno sforzo, nessuna tensione tecnica, nessun talento: servirebbe qualcuno che ci introduca nei posti giusti.

E mi ricordo una volta andai a trovare un amico che faceva il portiere in un condominio dove abitava un famoso cantante. Mi disse: "vieni, ti faccio vedere la casa". Mi fece vedere tutto: il grande salone, l'immenso pianoforte a coda, la collezione di ceramiche eccetera. Alla fine mi portò anche in camera da letto. Entrai nel bagno padronale (un comune bagno, a parte il doppio lavandino). Mi sedetti sulla tazza (ovviamente senza tirarmi giù i pantaloni) e dissi: "questa si potrebbe intitolare: successo!"
  

lunedì 10 novembre 2014

"figli cambiali" e il teatro antico

Si dice che i figli sono come cambiali. Le cambiali si usano poco, oggi, ma il senso resta. E tutta la storia dell'umanità occidentale apparirà costellata di padri che si lamentano dei figli: dei figli che non hanno pensieri, che dormono i proverbiali sette sonni e che poltriscono a letto fino a tardi - e almeno il sabato e la domenica le cose ancora oggi non vanno diversamente che nell'antichità .

Così in Chionide - secondo Aristotele uno degli iniziatori della commedia attica - un padre porta come buon esempio al figlio tutti quegli altri ragazzi che corrono ad arruolarsi: 

πολλοὺς ἐγᾦδα κοὐ κατὰ σὲ νεανίας 
φρουροῦντας ἀτεχνῶς κἀν σάμακι κοιμωμένους. (fr. 1)

ne conosco di ragazzi che al contrario di te 
fanno semplicemente buona guardia e che come letto hanno una stuoia. 

E così ancora Aristofane una sessantina d'anni dopo, nel grandioso inizio delle Nuvole: Strepsiade che si sveglia spesso la notte col pensiero dei debiti, mentre il figlio, nella stessa stanza, dorme tranquillo, e sogna e parla nel sonno di cavalli e corse, sogna lo stadio:

ἀλλ΄ οὐδ΄ χρηστὸς οὑτοσὶ νεανίας
ἐγείρεται τῆς νυκτός͵ ἀλλὰ πέρδεται
ἐν πέντε σισύραις ἐγκεκορδυλημένος. (8-10) 

ma nemmeno questo santarello di mio figlio
si sveglia la notte e anzi non fa che scorreggiare
tutto avvolto in cinque coperte di lana. 

Non alcune coperte ma cinque: interessato com'è giustamente al borsellino, ai conti di casa.

Come il topos della misoginia - per cui vedi quanto ho scritto sul punto - anche questo dei padri che si lamentano dei figli e nello stesso tempo cercano di tenerseli buoni doveva suscitare in teatro il riso a partire da una situazione che lo spettatore conosceva in famiglia, e da un ben congeniato contrasto di ruoli sulla scena. In effetti Fidippide (con un nome del genere "messogli dalla madre" avrebbe potuto amare soltanto i costosi cavalli) a un certo punto si sveglia anche lui e rimbrotta il padre che non lo lascia dormire. Molto, ovviamente, come sempre, era dovuto all'abilità degli attori.












martedì 11 febbraio 2014

pappamollismo dei giovani e tenacia dei vecchi

ripetitore - photo Threecharlie - Wikipedia


Nell'antichità si era in continuo (pressoché giornaliero) contatto con guerre e uccisioni in massa; di conseguenza gli uomini e le donne risultavano ugualmente

giovedì 9 gennaio 2014

topogigio, il politico italiano e Sofocle






C’è un topogigio della politica italiana che in questi giorni ha rinverdito un detto coerentemente attribuito a Don Abbondio: “Carneade, chi era costui?”. Faceva bene Don Abbondio a chiederselo, di Carneade forse non sarebbe rimasto niente oggi al grosso pubblico. Topo Gigio è simpatico, questo topogigio della politica italiana, anzi della cosiddetta sinistra italiana, non lo è. Di lui si vede soltanto, quando appare in televisione,

domenica 20 ottobre 2013

cultura buonsenso e casta

The man of culture is one of the poorest mortals alive. For simple pedantry and want of good sense no man is his equal. No assumption is is too unreal, no end is too unpractical for him.'

“L’uomo di cultura è tra tutti i mortali uno dei più meschini. Non esiste altro essere alla sua altezza per pura pedanteria e mancanza di buon senso. Non c’è per lui ipotesi troppo irrealistica, nessun fine è troppo impraticabile.”

Detto da

martedì 9 luglio 2013

Gli uccelli di Aristofane e i giornali italiani




Non ho molta dimestichezza con la politica italiana e non conosco i nomi dei politici italiani, salvo quelli di due o tre più famosi leader di partito e soltanto perché se ne parla sui vari giornali on line, dove si strombazza il tutto e il più di tutto, cioè il niente. E così oggi sono entrato dopo tanto tempo in uno di questi siti di giornali cosiddetti pappagallo: quei giornali che nascono a imitazione di