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Non ho molta
dimestichezza con la politica italiana e non conosco i nomi dei politici
italiani, salvo quelli di due o tre più famosi leader di partito e soltanto
perché se ne parla sui vari giornali on line, dove si strombazza il tutto e il
più di tutto, cioè il niente. E così oggi sono entrato dopo tanto tempo in uno
di questi siti di giornali cosiddetti pappagallo: quei giornali che nascono
a imitazione di
testate estere già rodate e con un comodo template già
pronto per l'uso, perché quando si è incapaci di idearne uno si segue la
tipica moda italiana della vecchia provinciale, che si faceva arrivare il
cappellino da Parigi o da New York. Che cosa ho letto oggi nella homepage di
questo quotidiano? Ho letto il seguente titolo:
PDL INFURIATO -"Non
ci sto, passiamo all'azione. La pitonessa Santanché suona la carica. (TUTTE LE
REAZIONI IN DIRETTA).
Ora, a parte il
fatto che a me non me ne importa un accidente che il pdl o il pd o sel o
i grillini o un qualsiasi altro partito si sentano
"infuriati", o che esiste una giornalista o una donna in politica che
si chiama Santanché (e non so appunto chi sia), e che il suo soprannome è pitonessa,
e che ci siano delle reazioni in diretta ai suoi deliri verbalii -
neanche la mia vita dovesse dipendere dalle reazioni di questa banda di
peracottari a cui il povero lettore italiano è condannato appunto dai giornali
e dalle loro scelte da cabaret e omissioni (i social network -Twitter, FB
eccetera - checché se ne dica dipendono, salvo pochi e fondamentali casi, dalla
grande stampa e non fanno che riecheggiare a pappagallo quello che leggono sui giornali
pappagallo - un uccello, tra l'altro, che a differenza di chi
lo imita tanto maldestramente appartiene a una delle famiglie più
intelligenti). A parte questo, ciò che più colpisce di questo giornale
pappagallo di cui ho riportato solo un titolo, è la sua grafica
violentemente aggressiva: utilizza, nella homepage, per le notizie principali,
sempre e comunque titoli a caratteri cubitali, sensazionalistici, da strilloni
appunto, attenendosi alle regole, poiché nelle cosiddette convenzioni grafiche
una parola in maiuscolo significa che stai urlando: una tecnica di persuasione
che in ogni parte del mondo ha sempre e soltanto voluto dire la medesima cosa:
che non c’è nessun rispetto per l'ascoltatore o per il lettore e che tu in
quanto ascoltatore o lettore sei degno soltanto di essere manipolato da queste
urla e da questi titoloni a effetto - e lasciamo perdere adesso tutta la
questione della psicologia delle masse eccetera. Malafede, insomma.
Tanto più grave in questo caso in quanto questa sorta di basso procedimento
retorico è avallato da direttori che si dichiarano e professano di sinistra e
che dicono di combattere per un mondo più solidale e più giusto. Il che
dimostra che la malafede non ha colore ideologico, anzi è strumento della più
bassa ideologia.
Ci sarebbe da
aggiungere che quella che quasi sicuramente è la più bella commedia di tutti i
tempi – Gli uccelli di Aristofane - inizia con un dialogo tra due vecchi
ateniesi che decidono di lasciare Atene perché la considerano ormai il centro
del tedio: una città lacerata da passioni e vendette consumate dentro e fuori
dei tribunali (e siamo ai tempi della tanto decantata Atene di Pericle, un
quindici anni dopo la sua morte, in piena Guerra del Peloponneso). E si fanno
guidare, in questo loro viaggio verso il paese dell’utopia, da due
uccelli: un gracchio e una cornacchia, appollaiati rispettivamente sul braccio
dell’uno e dell’altro. Uno dei due personaggi ovviamente fa da spalla,
una figura ben conosciuta nel teatro greco, e che in questo caso ha la funzione
di involgarire il dialogo e di capovolgere la pretesa serietà delle
battute dell'altro. Ecco: l’Italia oggi mi appare proprio questo: una nazione
splendida e volgare nello stesso tempo: che vorrebbe farsi guidare soltanto
dagli uccelli, fossero pure semplici cornacchie, e vorrebbe prendere il volo e
librarsi in un mondo meno “coatto” di questo imposto dalla sua stampa
quotidiana, ma che però alla fine si ritrova sempre nel rettilario: a
fare da mangime non per le varie pitonesse ma per i loro ingordi famelici,
avidi allevatori della carta stampata o digitale, rinchiusi al sicuro nelle
loro torri d’avorio con le loro belle bandiere rosse. Tanto per fare scena,
scenografia.
Molte delle situazioni paradossali presenti nelle commedie di Aristofane appaiono, ahimé, molto più lucide e sane di tante che viviamo in questo Paese...
RispondiEliminaHai ragione. La stavo rileggendo in questi giorni e ciò che stavolta mi colpiva è proprio quello che sottolinei tu: questa straordinaria lucidità che ti sembra di cogliere nello sguardo che porta sul suo tempo anche semplicemente con una battuta mettiamo riferita agli "extra-comunitari" di allora, questo costante bisogno di realismo che cogli in situazioni paradossali, come dici tu, e in fin dei conti in un pezzo di teatro scritto apposta per far ridere. Sarà per questo che è giunto fino a noi il povero Ari?
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