Se nella guerra contro Artaserse Ciro avesse prevalso, Senofonte avrebbe scritto un buon numero di altre opere, e siccome era destino che si conservasse tutto di questo scrittore, avremmo letto di Ciro negli anni della maturità e forse nella vecchiaia. Senofonte l'avrebbe seguito a Babilonia o a Susa, sarebbe rimasto a corte e avrebbe forse dimenticato generosità, nobiltà, coraggio, lealtà: tutto ciò che vedeva e apprezzava in lui, e avrebbe finito per scrivere papponi indigeribili. Che sia quindi morto giovane e in battaglia è ammirevole. Restò il desiderio di scriverne. Di sicuro ebbe il tempo di farsi di nuovo osservare qualche istante prima della battaglia finale da un altrettanto giovane Senofonte, che giustamente, nella narrazione, dispone il punto di vista in terza persona, le poche righe nel primo dell'Anabasi, lo sguardo di due giganti a cavallo:
ἰδὼν δὲ αὐτὸν ἀπὸ τοῦ Ἑλληνικοῦ Ξενοφῶν Ἀθηναῖος, πελάσας ὡς συναντῆσαι ἤρετο εἴ τι παραγγέλλοι: ὁ δ᾽ ἐπιστήσας εἶπε καὶ λέγειν ἐκέλευε πᾶσιν ὅτι καὶ τὰ ἱερὰ καλὰ καὶ τὰ σφάγια καλά (I, viii, 15)
e vedendolo dalle schiere dei greci Senofonte l'ateniese essendosi avvicinato in modo da trovarselo davanti gli domandò se avesse ordini. Ciro fermandosi disse e ordinò di riferire a tutti che (ai sacerdoti) le vittime erano apparse propizie e le viscere lo erano state ugualmente
- due giganti votati a passare alla Storia per motivi complementari: sia perché in un caso era stata una risalita (anabasis) e nell'altro sarebbe stata una discesa (katabasis), alla guida ideale della prima Ciro, della seconda Senofonte, sia perché l'uno senza l'altro sarebbe rimasto una figura sbiadita e viceversa. E resta incertezza sulla lingua usata, se ci fosse un interprete o se Ciro parlasse con Senofonte direttamente in greco.Vedi anche, sul sentimento di reciproca ammirazione - dell'uomo d'azione e dello storico - quanto scrive Plutarco nel De gloria Atheniensium, dedicato alla questione della preminenza, se sia cioè più importante chi fa la Storia o chi la scrive - Plutarco essendo semplicemnte biografo e geniale compilatore accetta la supremazia dell'uomo d'azione. E in effetti senza l'azione chi scrive di storia non avrebbe niente da dire ma è pur vero che tanti uomini d'azione ricevettero impulso dalla lettura. Che poi agli inizi, alle origini, ci sia prima di tutto l'azione diventa irrilevante.
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lunedì 6 giugno 2016
martedì 31 maggio 2016
Velocità dell'informazione e inutilità della specie umana
La sproporzionata estensione di uno stato e la potenza di mezzi di cui dispone non giocano necessariamente a favore in caso di un attacco nemico concentrato in un punto. La velocità delle informazioni toglie indubbiamente non poche speranze all'attaccante tuttavia la sorpresa può giocare ancora un ruolo fondamentale. E tanto più quanto più sarà necessario spostare enormi contingenti da una zona a un'altra. Insomma è sempre il tempo il deus imperans, e in ultima analisi la lentezza con cui gli uomini continuano a muoversi. Vedi quanto scrive duemila e cinquecento anni fa Senofonte nel primo dell'Anabasi, le marce sempre più forzate di Ciro per impedire che Artaserse raccolga attorno a sé l'immensa forza di cui dispone:
νομίζων, ὅσῳ θᾶττον ἔλθοι, τοσούτῳ ἀπαρασκευαστοτέρῳ βασιλεῖ μαχεῖσθαι, ὅσῳ δὲ σχολαίτερον, τοσούτῳ πλέον συναγείρεσθαι βασιλεῖ στράτευμα. καὶ συνιδεῖν δ' ἦν τῷ προσέχοντι τὸν νοῦν τῇ βασιλέως ἀρχῇ πλήθει μὲν χώρας καὶ ἀνθρώπων ἰσχυρὰ οὖσα, τοῖς δὲ μήκεσι τῶν ὁδῶν καὶ τῷ διεσπάσθαι τὰς δυνάμεις ἀσθενής, εἴ τις διὰ ταχέων τὸν πόλεμον ποιοῖτο. (I, 5, 9)
νομίζων, ὅσῳ θᾶττον ἔλθοι, τοσούτῳ ἀπαρασκευαστοτέρῳ βασιλεῖ μαχεῖσθαι, ὅσῳ δὲ σχολαίτερον, τοσούτῳ πλέον συναγείρεσθαι βασιλεῖ στράτευμα. καὶ συνιδεῖν δ' ἦν τῷ προσέχοντι τὸν νοῦν τῇ βασιλέως ἀρχῇ πλήθει μὲν χώρας καὶ ἀνθρώπων ἰσχυρὰ οὖσα, τοῖς δὲ μήκεσι τῶν ὁδῶν καὶ τῷ διεσπάσθαι τὰς δυνάμεις ἀσθενής, εἴ τις διὰ ταχέων τὸν πόλεμον ποιοῖτο. (I, 5, 9)
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