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giovedì 2 febbraio 2017

Demòni e angeli






Nelle moderne democrazie – anche e soprattutto le più fasulle e orripilanti, quali quelle capitalistiche (liberiste o comuniste) -  l’individuo potrà esperire al meglio i concetti di angelico e di demoniaco osservando se stesso nei suoi rapporti con la burocrazia. In un ufficio aperto al pubblico si troverà in media un angelo ogni dieci impiegati. Incappare in un angelo e risolvere un annoso problema dipenderà quindi unicamente dal caso, cioè dalla maggiore iniziale proliferazione dei demòni dopo la cacciata dalla corte celeste. Può anche succedere - fatto estremamente raro - che tra dieci impiegati otto o nove siano angeli, e questo avviene quando il dirigente è lui stesso un angelo. E' un fatto che si potrà sempre osservare, con un minimo di pazienza. La maggior parte degli uffici postali sono infernali, gli altri sono come un'illuminazione: tutto sembra filare angelicamente.

Non solo il demonio ma anche il diavolo è originariamente una figura generica, anche nel bene (come per esempio nel Libro di Giobbe, dove satana (שטן) non è altro - come nell’etimologia ricevuta dal greco, diaballo – che il principale accusatore residente presso la corte di Dio, una sorta di pubblico ministero, o di giudice istruttore (prima della riforma): la sua funzione può essere rivestita di volta in volta da un’entità diversa); ma nella tradizione cristiana il diavolo è  nudo e crudo il principe dei demòni, come nell’Apocalisse, e come giustamente appare e è indicato nel film L’esorcista, quando padre Karras, il gesuita psichiatra, dice che l’entità che "possiede" la ragazzina afferma di essere non un demonio qualsiasi ma il diavolo in persona. Tuttavia, considerata l’ambiguità delle figure demoniache, non è improbabile che nel caso dell’Esorcista un demonio qualunque stia prendendo per il culo padre Karras, spacciandosi per il loro capo.

giovedì 16 aprile 2015

The meaningless drivel of Catholicism

The Catholic church  is nothing less than an acolyte of the bipolar machine of power (politics and economy), a gang of  fiddlers peddling meaningless and contradictory slogans masquerading as Christianity.

domenica 22 febbraio 2015

ancora sugli apologeti e sulla malafede di ogni ideologia

Discutendo il senso letterale della frase d'attacco del Libro di Giobbe, Gregorio Magno nei suoi Moralia dice, riecheggiando le parole di Cristo (se amate quelli che vi amano che merito ne avete?):

neque enim valde laudabile est bonum esse com bonis sed bunum esse cum malis.

Il che è giusto, e non si potrebbe esprimere con migliore arte compositiva. Ma ci si sarebbe poi aspetttati che venendo a considerare la questione dal punto di vista dei cattivi aggiungesse:

domenica 8 febbraio 2015

A letto con le pecore: bestialismo e "morte come prevenzione"



Il bestialismo o zooerastia, o zoofilia è il fare sesso con un animale. Pratica, in passato, più diffusa di quanto non si pensi. Pecore e capre a farne le spese, in mancanza di meglio. I riferimenti al bestialismo sono oggi, nel comune parlare, rari, e almeno in Occidente è considerato una sorta di

domenica 1 febbraio 2015

Le convenienti menzogne di Abramo. Alle fonti del capitalismo

אמרי־נא אחתי את למען ייטב־לי בעבורך וחיתה נפשי בגללך׃ 

E' uno dei primi passi della Genesi (1:12:13) in cui è questione di sacra menzogna. E' in effetti una menzogna che arriva dall'alto, da uno dei patriarchi, il primo dei patriarchi, "padre di molti popoli" (da che pulpito!). Sara, moglie di Abramo, è un tale gioiello, è talmente splendida e formosa, che

lunedì 26 gennaio 2015

l'acqua cheta della religione

Tantum religio potuit sudere malorum

che il nostro professore al liceo traduceva in malafede:

la superstizione religiosa sa macchiarsi di così tanti mali

e gli concedo oggi soltanto la correttezza del perfetto gnomico, tradotto giustamente al presente.

Non intendeva Lucrezio la superstizione religiosa: intendeva la religione tout court. Non esiste differenza tra ricezione di massa di un messaggoio scritturistico e scatenamento della superstizione religiosa.

Il Levitico, uno dei testi più violenti dell'Antico Testamento, accettato ancora oggi senza riserve da

giovedì 8 gennaio 2015

Matite in aria distintivo per terra

Tutti alzano le matite in segno di cordoglio, di lutto, per il folle massacro all'interno del settimanale satirico francese. Il problema è che sono stati uccisi anche due poliziotti, ma nessuno alza, che so, la riproduzione di un distintivo di polizia, e nessuno dice: "siamo tutti Ahmed" (il poliziotto freddato sul marciapiede). Ma è sempre così, la manovalenza resta manovalanza.

La stessa cosa quando uccisero Falcone e Borsellino. Sì, si è parlato degli uomini della scorta, ma l'eroe è sempre colui che "pensa". La manovalazna, si sa, è manovalanza, inoltre i poliziotti usano poco la matita.

In molti siti hanno mostrato alcune delle vignette sull'Islam pubblicate da Charlie Hebdo. Una in particolare, su Maometto, era di una provocazione (più che irriverenza) sconcertante: non oso nemmeno descriverla, ma si parla, a proposito del Corano, di escrementi (che si accetti o meno il gioco sul termine che i francesi usano anche in senso figurato, la stessa cosa che fanno gli inglesi e i tedeschi); e almeno in questo caso si è giocato però in maniera altrettanto folle, con un mondo, quello integralista, che non ha mai ragionato, che non ha mai voluto sentire ragioni, e che è accecato da un ideologia di morte più che dai comandamenti di Dio e del Corano. E non oso neanche immaginare la reazione dei cattolici (e non solo integralisti) se il crocifisso in una vignetta venisse paragonato a qualcosa di simile. Da noi non si sarebbero usate le armi, ma il matto lo trovi sempre. Così, quanto affermato da un columnist del Finacial Times (comportamento stupido) non credo sia tanto campato in aria. Salvo che lo chiamerei comportamento leggero suggerito da un'idea molto particolare della libertà di espressione: un sentimento di onnipotenza, cosa tipica di tutto il giornalismo.


lunedì 29 dicembre 2014

Islam, Giudaismo e Cristianesimo disuniti nella "tentazione"


Salvador Dalì, La tentation de saint'Antoine


Il mondo coranico è meno prono al comico rispetto al Giudaismo. E di conseguenza rispetto al Cristianesimo. La stessa cacciata di Adamo e della sua donna dal Paradiso è nella Lettura dell'Islam un fatto di pura spiritualità: per l'ammiccante, teatrale serpente, trasformato in seguito dall'esegesi ebraica in "portatore" di Satana, quasi fosse un carro, non c'è spazio. Così almeno nella seconda sura:

فَأَزَلَّهُمَا الشَّيْطَانُ عَنْهَا فَأَخْرَجَهُمَا مِمَّا كَانَا فِيهِ  (fa azallahuma l-shaytanu 'anha fa-akhrajahuma)

e li fece scivolare il Maligno da quel posto e  l i   p o r t ò  fuori da ciò in cui si trovavano (la loro condizione di felicità)

(Il verbo أَخْرَجَ (akhraja), nella forma IV, è usato invece in questa stessa sura al versetto 22 in un'accezione positiva (vedi quanto ho scritto nel Grado quarto della libertà), dovendosi riferire a Dio che fa della terra un giaciglio per l'uomo e del cielo un tetto (una volta) e manda giù pioggia che farà poi crescere il suo nutrimento:

فَأَخْرَجَ بِهِ مِنَ الثَّمَرَاتِ رِزْقًا لَّكُمْ  (fa-akraja bihi mina l-thamarati riz'qan lakum):

e  p o r t ò  perciò frutti quale vostro sostentamento).

In questo senso l'Islam rappresenta - almeno in questo passo dell'Eden teologicamente fondante (il riferimento al primo peccato, alla trasgressione degli ordini divini) - un abbandono del concreto, un'elevamento in termini astratti e spirituali rispetto al Giudaismo e al  Cristianesimo (mi pare sia stato Gore Vidal a dire una volta in una trasmissione qualcosa di simile: un miglioramento, an improvement, rispetto alle altre due grandi religioni, anche se non ricordo in che contesto vedeva lo vedeva, e riteneva comunque che anche l'Islam, come il Giudaismo e il Cristianesimo, avesse fallito). E non fa nessuna differenza il fatto che nelle varie tradizioni demonologiche musulmane Shaytan (il Maligno, in questo caso Iblis) possa assumere la forma di ogni creatura vivente: il cane, la iena, il serpente, perfino un aspetto umano: è in questo versetto 36 che non si fa menzione di zoomorfismi.

Il Cristianesimo, erede del Giudaismo, ha d'altronde sempre preferito un più prossimo contatto con la terra, e con le sue creature, soprattutto in situazioni estreme, dove però l'ascesi dovrebbe indicare più che un desiderio della terra tout court (come era per esempio nel caso delle sacerdotesse di Dodona) un suo immediato uso, uno strumento di elevazione, con tutti i rischi che questo comporta, anche di caduta nel comico, come nel caso dei primi asceti, che si sceglievano per dimora il deserto, notoriamente popolato da serpenti anche piuttosto pericolosi.

Credo che su questa questione del comico nel Giudaismo e nel Cristianesimo (o meglio nelle Scritture), di una sua certa continua teatralità, abbia giocato Flaubert nella Tentation de saint'Antoine. E' difficile leggere quel libro senza scoppiare a ridere, nonostante i lunghi passaggi descrittivi (ma forse anche a motivo di questo), deliranti per ricchezza ideativa e lessicale. Vedi ad esempio una delle allucinazioni di sant'Antonio, l'arrivo della carovana della Regina di Saba alla sua capanna nella Tebaide, carica di doni preziosi di ogni genere, che gli si getta al collo follemente innamorata. E' la continuazione di Eva che coglie il frutto dall'albero e porta tentazioni all'uomo - tanto più ridicola, la situazione, quanto più l'uomo sarà un eremita che da trent'anni vive solo e isolato dal resto del mondo.



















mercoledì 10 dicembre 2014

Il pendaglio da forca. Giuda salvato

All'interno delle primitive comunità cristiane la morte di Giuda Iscariota è un tipico esempio di ricerca di un sicuro capro espiatorio. Il tradimento è narrativamente - in funzione di exemplum - più appetibile della semplice sobillazione. In realtà il vero mandante del massacro e dell'omicidio di Gesù fu il sommo sacerdote Caifa, l'ipocrita ammantato di ricche vesti, il pupazzo che ossequiava i Romani e che pagò senza ritegno i trenta denari. Il vero pendaglio da forca, quindi, a rigore, non avrebbe dovuto essere Giuda ma Caifa, o meglio: Yosef Bar Kayafa: Giuseppe figlio di Caifa, altrimenti noto come Caifa. L'aver presentato come pendaglio da forca Giuda ha portato molta acqua al mulino della propaganda. Senza contare che se non ci fosse stato il suo sacrificio (cose dette e ridette dalle più serie riflessioni teologiche) non sarebbe stato possibile nemmeno il sacrificio di Cristo. Insomma la particolare fine di Giuda è un dato irrilevante della missione di Gesù e Giuda sarebbe stato anzi il primo a dover ricevere il perdono. La sua morte violenta (soprattutto in presenza di un pentimento) contraddice totalmente il piano salvifico e getta una luce aberrante, carica di retorica di bassa lega (manipolatrice), sul cristianasimo delle origini. E' una delle prime deviazioni dall'originario messaggio di Cristo.

mercoledì 19 novembre 2014

tempo divino e tempo umano

Insistente è nel vangelo di Marco, il più arcaico, un ammonimento di Gesù ai discepoli, e poi agli uomini e alle donne che via via miracolava: bisognava guardarsi dal divulgare quei fatti. Che è un fatto abnorme. E l'unica spiegazione che si riesce a dare di questa sua "preoccupazione" è che la missione (l'insegnamento) aveva bisogno di tempo, e che il potere costituito avrebbe potuto "prima del tempo" bloccare tutto. Se la missione ha bisogno di tempo, Gesù, in quanto figlio di Dio non può più sfruttare un tempo divino ma deve muoversi secondo un tempo necessariamente umano. Insomma, avrebbe potuto, in quanto figlio di Dio, nascondere lui stesso ciò che veniva compiendo, e avrebbe potuto farlo sul modello delle narrazioni pagane, nelle quali un dio usava una nube per nascondre ciò che non doveva essere visto (la nube, quale strumento, quale medium, esiste anche nell'Antico Testamento, ripreso poi nel Nuovo - vedi ad esempio Daniele: "osservando nelle visioni notturne ecco appare sulle nubi del cielo uno simile a un figlio di uomo" - ma si limita a trasportare il divino lasciandolo ancora ben visibile, o comunque a farne sentire la voce, vedi per esempio il salmo 98: in columna nubis loquebatur ad eos - a loro parlava da dentro una colonna di nube).

E' questa la grande differenza tra paganesimo e cristianesimo, e che toglie al cristianesimo il sapore del mito e della favola, se si escludono i miracoli: l'assunzione da parte della divinità cristiana di un tempo esclusivamente umano. La missione va compiuta secondo tempi umani; diversamente, non tanto il paradosso, il miracolo, ma l'insegnamento non otterrebbe gli effetti voluti. E' una conseguenza del fatto che l'uomo per sua natura è condannato ad apprendere nel tempo (non ci sarebbe altrimenti differenza tra lui e Dio). Ogni insegnamento si svolge sempre per definizione entro tempi stabiliti. Non può essere impartito in un tempo infinitamente piccolo (divino), che appartiene invece alla visione estatica (e tuttavia, sulla questione della non narrabilità dell'esperienza mistica vedi quanto ho detto in un precedente post, L'uomo perfetto e l'obsolescenza di Dio).

venerdì 24 ottobre 2014

l'abbassarsi cristiano e il restare in piedi pagano

La differenza tra i modi della libera religiosità pagana e quelli del più vincolante mondo cristiano potrebbe essere avvertita nel semplice accostamento di due testi lontanissimi nel tempo (ma si potrebbe prendere anche un testo cristiano dell'antichità, una lettera di san Paolo), uno francese e l’altro latino, in entrambi i casi viene usato uno stesso verbo (abiiciere/abjecter):

Or en Jesus nul au vray ne se fie,
sinon celui qui sous son bras puissant
en tous endroits s’abjecte et humilie (Clément Marot, Opusc., I)

Adesso nessuno ha fede in Gesù
se non colui che sotto il suo braccio potente
in ogni luogo si abbassa e umilia

e

Sic te ipse abiicies atque prosternes ut nihil inter te atque quadrupedem aliquem putes interesse? (Cic., Paradoxa stoicorum, 14)

E ti abbasserai e prosternerai a tal punto da mostrare che tra te un quadrupede non vi è nessuna differenza?

Entrambi gli esempi riportati nell’Archeologie française del Pougens, un testo tra l’altro ampiamente rastrellato da Leopardi, che lo cita spesso nello Ziba.

I versi da vaudeville del buon Marot, del libertino Marot, soltanto apparentemente inconcludenti e tautologici, indicano in effetti (è un po' il senso del loro sottilissimo e quasi invisibile sarcasmo - non aveva altri strumenti per non finire come De Sade sempre e nuovamente in galera), che il gesto religioso deve avere per alcuni lo stesso valore dell’abito religioso: un valore di continua testimonianza: un gesto di apparente umiltà, di vicinanza alla terra, quindi in effetti non per restarci (vedi quanto ho scritto nell'Inganno dell'ascesi e dell'invocazione delle sacerdotesse di Dodona). 

Così il martirio (testimonianza) non è altro, per la stessa ragione, che una somma isteria: la ripetizione dello stesso gesto fino alle estreme conseguenze, fino a sbatterci finalmente, come desiderato, il grugno. Lo stesso può dirsi in realtà della scrittura, di chi scrive (vedi Balzac che muore non per una peritonite che si complica in gangrena ma nella sua stessa opera, all’interno della quale si era già trasferito da tempo). Come tutte le forme di irrigidimento anche scrivere è un'isteria.

martedì 15 luglio 2014

il parroco e l'empirismo



In fondo, se Epicuro è sempre stato in ogni tempo il più conseguente fautore dell’empirismo, allora, a partire dalla sua canonica (o logica), ci si potrebbe chiedere non solo che criterio (canon in greco sta appunto per criterio), ci si potrebbe chiedere che criterio abbia adottato chi per primo ha deciso di chiamare l’abitazione del parroco canonica, e, in secondo luogo, che criterio abbia seguito il parroco quando ha deciso che la sua casa deve essere la “canonica” . Quale logica, fosse anche una logica empiristica, cristiana, gassendiana?

sabato 30 novembre 2013

femminicidio, misoginia e ipocrisia dei giornali di sinistra





Se pure Semonide di Amorgo, poeta di giambi fiorito attorno al 625 a.C., fosse stato un illustre sconosciuto, un qualche misogino alessandrino l'avrebbe ugualmente fatto passare alla Storia, e direi proprio per quella sua velenosa invettiva contro le donne, perché