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giovedì 16 maggio 2013

Le corna


                                             George Frederick Watts - il minotauro

“Se ora non vado errando” (adotto di proposito il curioso intercalare usato coi giudici di Napoli da Giovanni Pandico, il grande accusatore di Enzo Tortora - e il pentitismo non mi pare altro che una forma di adulterio anticipato, il tradire la giustizia con la quale ci si sta sposando) il primo riferimento letterario alle “corna” quale simbolo di infedeltà coniugale si trova in Plutarco, nella Vita di Licurgo. In questo bellissimo opuscolo, scritto soltanto agli inizi dell’era cristiana, un cittadino spartano parlando secoli prima con uno straniero - che s’era meravigliato che a Sparta non ci fossero leggi contro l’adulterio - dice: “se uno di noi commettesse adulterio allora sarebbe anche in grado di comprarsi un toro talmente grande che potrebbe sollevare la testa, sporgersi al di sopra del monte Taigeto e bere qui sotto dalle acque del nostro Eurota.” E lo straniero: “E come potrà esserci un toro così grande?” E lo spartano, un certo Gerada, sorridendo: “E come potrà esserci un adultero a Sparta?”

Si tratta in effetti di un'implicita tautologia, che non a caso fa rima con taurologia: uno spartano è uno spartano. Eppure, grazie a questo Gerada, chiunque da allora sia stato scoperto a tradire il partner avrà provato a difendersi attaccando, e anzi a ricordarsi non solo di Gerada ma anche di Teseo (di cui parla ancora Plutarco) che nel labirinto prende il Minotauro per le corna.



Il paragrafo qui sopra è un esempio di come con le parole si possa dire tutto ciò che il parlante o lo scrivente ci vede o voglia vederci. Così il grande avvocato Coppola, in una delle più belle arringhe che siano mai state pronunciate in un tribunale dei nostri giorni - insuperata lezione di psichiatria forense - definì il grande accusatore e "pentito" Pandico un dubbio filologico: "Pandico!", disse Coppola: "il suo nome risulta dal fatale incontro di due lingue caratterialmente diverse: pan: dal greco pas pasa pan, che significa tutto: e il latino dico: dico tutto!"

L'incomprensione è il minimo che ci si debba aspettare se si portano le corna a tema del giorno, a comunicazione verbale, figuriamoci quando l'interlocutore è un giudice. Mi raccontava un amico monsignore di una vecchia causa per adulterio, un fatto accaduto parecchi anni fa in un paesino vicino Roma. Venne chiamata a deporre, dall'allora pretore, l'anziana domestica, che asseriva di avere assistito, inosservata (dal buco della chiave?) al "tradimento". Dice il pretore: "Allora signora, ci dica quello che ha visto". E la donna, al di là di ogni ragionevole dubbio "Ho visto tutto, signor giudice!". E il pretore: "Ha visto tutto che cosa?" La domestica ci pensa un attimo poi dice: "Signor giudice, come ho detto all'avvocato, quello gliel'aveva messo dentro!" "Ma signora", esclama il pretore, "ma come parla? ma parli per metafora, per cortesia!" E la donna: "Ma quale metà ffora e metà ffora: stava tutto dentro!"  

domenica 21 aprile 2013

Istinto batte Etica 1 a 0



                            Simone Martini - Guidoriccio

Secondo un racconto di Plutarco, quando un ragazzo spartano partiva per la guerra la madre gli dava il suo viatico morale: torna con quello scudo in mano oppure su di esso, cioè comunque carico di gloria. Vigliacchi o traditori non erano ammessi.

Non so quante donne italiane oggi rivolgerebbero lo stesso augurio a un figlio che parte per le missioni ONU. Leggo che Cicciolina, l’ex porno diva naturalizzata italiana e ex deputato radicale, è stata condannata per aver difeso il figlio dalla baldanza dei carabinieri, che erano andati a arrestarlo per spaccio di droga: “fate attenzione a quello che fate”, pare abbia detto, “perché parlerò con persone importanti”. Si ignora chi siano queste persone importanti, e se siano esattamente queste le parole usate da Cicciolina e riportate dai giornali. Di sicuro c’è stato un processo. Il problema è che non si capisce quale madre o padre non difenderebbe i figli ad oltranza. E’ quindi un fatto di istinto, l’etica alla fine ci sbatte il grugno. Istinto (elemento biologico)  e etica (elemento sovrastrutturale) si fanno la guerra, e sono votati a farsi una guerra perpetua finché uno dei due non cede, a differenza dell’orgoglio e del pregiudizio, come per esempio  nel romanzo di Jane Austen, dove alla fine cedono entrambi (ma sono due facce di una stessa medaglia). D’altra parte si provi l’etica a opporsi a quella donna ternana che si batteva una mano sul petto, e che ho sentito un giorno in un bar dire incazzata a una persona che era con lei (una questione economica): "io ho da pensà pe’ ‘o fiiu mia!". Gli occhi le uscivano dalle orbite, una menade più che una spartana.

                                          Giotto - Scene dalla vita di Gioacchino

Tra i tanti videogames giapponesi sviluppati per i cellulari ce n’è uno in cui compaiono delle creature coi capelli verdi, chiamate in effetti menadi: personaggi che escono fuori casualmente nelle ultime regioni. Il giocatore può decidere di combatterne una o tre insieme. Si considerano superiori agli umani e sono state mandate sulla terra dal boss finale, il Creatore.