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venerdì 16 settembre 2016

Invecchiare contro natura

Il san Girolamo degli ultimi anni è un notevole esempio di invecchiamento contro natura, se si deve prendere per buona la sarcastica interpretazione che della vecchiaia dà Erasmo nell'Elogio della follia. Invecchia, nonostante quanto dice di sé, nel pieno possesso delle sue facoltà e senza riacquistare niente (grazie a un salutare rim-bambimento) dell'allegra follia del ragazzino. Sempre che nel caso di san Girolamo non si debba ammettere un disguido di natura, che sia nato già vecchio e bilioso. E quella stessa bile la si trova all'inizio come alla fine della sua carriera. Le sue ultime epistole rigurgitano del fiele dell'odio ideologico - ma è sempre la stessa pappa nei Padri: un linguaggio militante mutuato dalla Sacre Scritture. Appare intrappolato a cementizzare (peraltro senza mostrare eccessiva fiducia) il traballante edificio della Chiesa in epoca di devastazioni eretiche, con qualche sospiro di sollievo nel caso in cui una contestata elezione al soglio vada a buon fine, cioè secondo i suoi piani, quando riesce a portare a casa l'elezione di un vecchio amico (Bonifacio). Ma è negli attacchi alle varie sette (ofiti, pelagiani ecc.) che offre il meglio ("hereticorum pectora non posse purgari ego testis sum", "vere dicam quod sentio: in his hereticis illud exercendum est Daviticum: in matutinis interficiebam omnes peccatores terrae", "delendi sunt, spiritualiter occidendi", non possunt per emplastra et blandas curationes recipere sanitatem", "nec eorum scriptis, quae ignoro, moveor, cum sciam voluntatem quidem blasphemiae pessimam", "tamen si scripserint et in meas aliqui pervenerit manus, ut non superbe loquar sed sim par insaniae eorum").

Insomma, se c'è follia non è giocosa, non è di tipo infantile, e soprattutto è follia consapevole (ut ...sim par insaniae eorum), ciò che ne sminuisce l'attrattiva, mostra l'uomo frustrato, il quale sente che dopotutto potrebbe aver fallito. Non sa mettere da parte il miles Christi, nemmeno quando dovrebbe congratularsi (essere felice) per il buon esito dell'ordinazione dell'amico al soglio, non riesce a non aggiungere alla fine un postscriptum in forma di spada: "sentiant heretici inimicum te esse etc".

giovedì 26 marzo 2015

Gulio Andreotti: The greatest Italian?




It's hard to imagine Andreotti in his early twenties falling in love. He must have seemed neither gay nor straight, a 20-year-old survivor but not a lover.

giovedì 23 ottobre 2014

vecchiaia potere e sesso in Plutarco

Antonio Bellucci, Rinaldo e Armida

Venendo nel corso della sua opera a considerare la questione se l’uomo politico debba a un certo punto, con l’età, sottrarsi all’attività pubblica, se cioè la vecchiaia possa considerarsi un impedimento di natura all’esercizio dell’azione politica - per il fatto che l'uomo si dedicherebbe con più gusto ad altri piaceri (in primo luogo eros) - Plutarco, che affronta il problema da vecchio, lo esclude. E non solo perché è la vecchiaia a essere semmai di ostacolo a determinati piaceri. La ragione più vera è che l’uomo politico non può mai credere di poter venir meno al suo dovere etico.

Nel suo An seni respublica gerenda sit (se il vecchio debba occuparsi attivamente di politica) si serve, a esemplificazione del suo assunto, di due metafore politiche sicuramente topiche, insistenti, nell’antichità: quella dei marinai e quella di Eracle alla reggia di Onfale. La prima delle due immagini viene normalmente fraintesa: anzi non c'è mi pare traduttore che l’abbia resa correttamente. Il vecchio politico che lascia la vita politica per darsi unicamente ai sensi viene paragonato, da questi traduttori, a quei marinai che lasciano la nave prima ancora di giungere in porto. Basterebbe in realtà il semplice buon senso e un pizzico di intelligenza a indicare qui la giusta strada. Come potrebbero dei marinai abbandonare la nave prima ancora che la nave sia arrivata in porto? con delle scialuppe sulle quali concedersi ai letali riti di Afrodite, con l’aiuto magari di questa o quest’altra sirena accondiscendente? (e le sirene di Ulisse dopotutto potrebbero essere a loro volta nient’altro che una metafora proprio di questo, del sesso nudo e crudo, se l'isola nella quale albergano presuppone comunque il miraggio di un qualche porto, soprattutto trovandosi nei pressi di Scilla e Cariddi).

Dice in realtà e molto semplicemente Plutarco:

οκ οδα ποτέρ δυεν εκόνων ασχρν πρέπειν δόξει μλλον βίος ατο· πότερον
φροδίσια ναύταις γουσι πάντα τν λοιπν δη χρόνον οκ ν λιμένι τν ναν χουσιν λλ' τι πλέουσαν πολείπουσιν (785e)

... non so quale di due vergognose immagini si addica di più alla vita di un uomo simile: se quella di quei marinai che ancora in navigazione trascurano la nave invece di portarla al sicuro in porto e si dedicano per tutto il tempo  agli amori  ...”    

Quindi trascurano (πολείπουσιν), non abbandonano la nave, come viene sempre tradotto – e semmai abbandonano la nave a sé.

Il testo di Plutarco lascia giustamente pochissimo spazio a un tipo di immaginazione onirica (alla base di tanti film horror e di tanta narrativa da quattro soldi) a cui è abituato il lettore e spettatore moderno. Non è possibile osservare una nave che naviga con tutti i suoi marinai a bordo e un attimo dopo trovarla vuota. Dove sarebbero andati a finire tutti quanti? E se pure Plutarco avesse avuto un qualche interesse a distinguere le specie di eros, non avrebbe potuto farlo (φροδίσια), e anche a voler sviluppare ulteriormente una metafora che giustamente è stata appena accennata (la fortunata metafora della nave senza nocchiere) quegli amori sensuali sarebbero al massimo quelli nei quali il marinaio indulge a bordo, senza lasciare la nave: e c’è da immaginarsi prima di tutto con chi e a spese di quale parte del corpo; a meno che non si vogliano ipotizzare sulle navi antiche, triremi o da carico, bordelli con tanto di anziana maitresse, e donne imbarcate al solo scopo di rifocillare la ciurma, così come si imbarcano i viveri e tutto il necessario per la sopravvivenza in mare. D’altronde, se anche qui non c’è in Plutarco evidente ossessione classificatoria – amore omosessuale o eterosessuale – difficilmente una simile metafora risulterebbe incisiva senza una “concreta” esperienza visivo-immaginativa del lettore, lo scrittore che gli fa immaginare la scena, i bagordi, le bevute e la nave abbandonata a se stessa. Che è poi espediente narrativo - l’omissione - tipico di tutti i grandi autori che hanno superato la prova del tempo.

Ciò che invece qui conta è il fatto che questa immagine dell’abbandono del dovere tocchi e sfidi il concetto stesso di virilità al di fuori di un qualsiasi riferimento alla natura dell’amore e in direzione unicamente di un indebolimento dell’animo umano, del carattere maschile (l’amore omosessuale, o meglio l’amore per i ragazzi, non a caso non si trova mai opposto in Plutarco, in nessuna delle sue opere, a quello eterosessuale ma soltanto all’amore coniugale, e quindi al dovere - vedi il De amore e quanto ho scritto su questo; l’abbandono del proprio dovere viene qui identificato semplicemente con ciò che è vergognoso - ἐσχρόν - e tale immagine risulta ulteriormente ampliata e definita dall’altra che segue immediatamente, quella di un Eracle effeminato alla corte di Onfale:

καθάπερ νιοι τν ρακλέα παίζοντες οκ ε γράφουσιν ν μφάλης κροκωτοφόρον νδιδόντα Λυδας θεραπαινίσι ιπίζειν κα παραπλέκειν αυτόν.

“... oppure come ironizzano alcuni con Eracle, quando lo raffigurano nelle loro pitture poco presentabile, impaludato in lussuose vesti gialle e dedito e sottomesso a delle schiave lidie mentre si fa sventagliare e acconciare i capelli” (poco presentabile: traduco così, come il contesto richiede, οκ ε, riferito ovviamente a Eracle, non ai pittori - nelle Vite, nel Parallelo tra Demetrio e Marco Antonio, così come nel Teseo, non c’è nessuna condanna di questi pittori, come vuol far credere per esempio M. Cuvigny nella sua edizione del An Seni).

martedì 11 febbraio 2014

pappamollismo dei giovani e tenacia dei vecchi

ripetitore - photo Threecharlie - Wikipedia


Nell'antichità si era in continuo (pressoché giornaliero) contatto con guerre e uccisioni in massa; di conseguenza gli uomini e le donne risultavano ugualmente

sabato 13 aprile 2013

scorregge profumate (lettera a Ferrara - Il foglio)


                                                    Leonardo, due teste


Gentile direttore,
il titolo dell’articolo di Piero Sansonetti, De senectute, sembrava far ben sperare i tanti poveri milioni di ultra settantenni di questo paese:  che avessero finalmente trovato una certo spazio proprio all'interno del Foglio, giornale dove normalmente si respira una salutare aria di sguardo obliquo. C’era già tutto, in quel titolo di Sansonetti: il richiamo a Cicerone, all’antichità, la saggezza dei vecchi, il fatto che gli antichi erano proprio grandi e rispettosi dell'età  ... Ma invece di quel pianto sul "come erano belli i tempi passati", di cui l’articolo gronda, ci saremmo aspettati, dall’ex direttore dell’Unità, un riconoscimento di ciò che al contrario è sempre stato e sempre così sarà: perché se Cicerone scrisse quel trattatello (che sarebbe poi un dialogo) in cui tesse in Catone l’elogio della vecchiaia, la ragione era che il mondo ai suoi giorni andava esattamente come ai nostri giorni: giovane era bello mentre tutto ciò che era vecchio era considerato per ciò che era: vecchio, puzzolente e turpe. Cicerone, d’altra parte, a 42 anni era già console, e nel 44, quando morì Cesare (e quando scrisse il de senectute), ne aveva 62, cioè 63 (anno del suo consolato) meno uno, mentre Catone nel dialogo immaginario ne aveva 83, cioè 63 più venti, che è l’età dei virgulti in fiore (anche se poi non si capisce perché le scorregge di un ventenne risultino ugualmente tanticchia pestilenziali).

A Guenon sarebbero piaciuti questi simbolici richiami ai numeri, tanto più che un certo riferimento a dei fiori appena sbocciati gli avrebbe fatto tornare in mente i Rosa-Croce (simbolo, la croce, a cui indulgono maggiormente gli anziani, e utilizzato nell’occidente cristiano anche sui coperchi delle bare), e ci avrebbe forse spiegato, Guenon, che la croce, associata alla rosa, ha in realtà, in certe raffigurazioni medievali, il suo esatto equivalente in una lancia (simbolo più giovanile), ad esempio nell’abbazia di Fontevrault, in Francia. Guenon queste cose doveva saperle per forza se iniziò prestissimo a studiare e a scrivere e continuò a scrivere fino a tardi, restando però da anziano il maestro che era stato da giovane: passando tra l’altro, nella sua lunga erudita esistenza, dal Cristianesimo all’Islam, per ragioni sue proprie che, come lei sa, niente hanno a che fare con la religione. Il fatto è che a distinguere così le generazioni, e soprattutto a citare a vanvera gli antichi, come fa Sansonetti, senza averli veramente bazzicati, si rischia di sbatterci il grugno.


   
                                          he- gassen - pittura giapponese sec. XIX

E se c’era un insegnamento da trarre, da un Cicerone che ormai vecchio si affretta a scrivere un libro sulle bellezze della vecchiaia, è che la vita gli stava appunto crollando addosso, come sta crollando addosso, vista l’età, a Sansonetti, che in quel suo pianto funebre per i bei tempi andati sembra ignorare ciò che più veramente conta dei racconti della Storia: che i novatori e i rivoluzionari di ogni tempo, vivono il tempo di una mosca, che si chiamino grillini o panterini o sessantottini o occupy wall street, e che perfino FB e Twitter, il massimo deli orgasmi quotidiani, saranno già domani superatissimi, e i tuittisti di oggi saranno considerati gli stessi matusalemme di oggi. Insomma, nessuno avrebbe mai potuto dire che “gallina vecchia fa buon brodo” se qualcuno prima di lui non avesse detto: “che nessuno tocchi il pollo”.
Cordialmente
Valerio Larena