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sabato 10 gennaio 2015

il plurale del plurale. gli arabi e la matematica



La ragione per cui (e lo spiego a me stesso, trattandosi dopotutto sempre un diario personale che rendo pubblico, e dove mi può capitare di inserire di tanto in tanto qualche cosetta di carattere più filogico) la ragione per cui ho abbordato nella mia vita così tante lingue - credo di averle passate al setaccio quasi tutte (da un capo all'altro del globo e da un punto all'altro della storia), alcune più studiate e approfondite di altre (ebraico, arabo, sanscrito - le lingue sacre) altre studiate fino a un certo punto (russo, danese, polacco, svedese, olandese, giapponese, ungherese, finlandese, cinese, tibetano eccetera) altre ancora comunemente usate quando leggo o chiacchiero con qualcuno (francese, tedesco, spagnolo, greco moderno), altre studiate per interessi di linguistica (accadico assiro eccetera, le lingue irochesi del Nord America, parlate un tempo dal Popolo della Grande Palude, i Guyohkohnyo, e dal Popolo delle Colline, gli Onondagega, e dagli Oneida eccetera), la ragione principale credo fosse il bisogno,  la necessità (o desiderio) di uscire dal lager della mia lingua madre, e quindi il desiderio di mettermi direttamente, senza nessuna mediazione, in contatto con altri modi di osservare le cose, mettermi

venerdì 17 ottobre 2014

Tortura, investigazione, ricerca della verità

Non c'è dubbio che la mente greca si rivela (rispetto a quella latina) speculativa perfino nelle questioni più pratiche, in quelle più estreme, nelle questioni di vita o di morte. Così avviene senz'altro a proposito della tortura: basanos, basanizesthai (torturare, ma in origine confrontare - basanos è la cosiddetta pietra lidia, la pietra con cui si testa la purezza dell'oro; e l'origine è comunque ancora semitica: l'egiziano conserva bahan, una specie di scisto usato in questo stesso senso [vedi Chantraine s.v. e vedi basalto in italiano] e anche in ebraico bahan, confermare. Il latino ha semplicemente (già in epoca classica) crucio, inizialmente mettere sulla croce, che varrà poi in seguito quale termine tecnico per tortura.

Dunque originariamente l'uomo latino è affascinato dallo strumento in sé, dall'idea di morte, e lo è già prima di avere appreso la "verità" processuale: quindi dal quadro d'insieme, dall'effetto, dallo spettacolo: si pone direttamente come spettatore, alla maniera di quanto avviene oggi in America, un paese psicologicamente rimpicciolito dagli ultimi sviluppi del caso ebola, dove il pubblico ammesso alle esecuzioni capitali assiste incuriosito al dramma dei medici che iniettano merda farmaceutica  nelle braccia di un loro simile, anche se solo dopo aver appreso  la "verita": un pubblico ovviamente non visto da chi è nella stanza degli orrori, protetto (per ragioni di privacy - non si sa di chi) dalla classica finestra usata anche negli interrogatori di polizia, seduto in una serie di file come se si fosse al cinema (in questo senso, la Cina - la sedicente comunista Cina - si mostra invece giustamente oscurantista e bigotta: censura ogni divertimento, fa direttamente sparire i condannati a morte, nessuno sa come dove è quando verranno giustiziati: nemmeno i familiari sanno niente, e nemmeno il condannato a morte). A differenza quindi - in un caso come nell'altro - del greco, che vuole ancora e sempre e fino alla fine semplicemente sapere, sentir parlare, conoscere, mettere alla prova, investigare (e pur sapendo che come il suo cugino latino anche lui può torturare soltanto gli schiavi, i quali poi saranno pronti a giurare il falso pur di evitare la corda o qualche altro aggeggio, con buona pace del vero): l'uomo greco insomma, nonostante le ingenuità metodologiche connesse con ogni tipo di tortura, è attante, è soggetto conoscitivo attivo anche quando delega al torturatore (basanistes - lo stesso che inquirente) che agisce per suo conto nella camera della "prova" (basanisterion) coi suoi strumenti della "conoscenza" (basanisteria).

Basanizesthai è d'altra parte ampiamente usato in senso scientifico:

διόπερ εὐλόγως βασανίζεται ταῖς πείραις τό γε τῶν ἀνδρῶν, εἰ ἄγονον, ἐν τῷ ὕδατι (Arist., De generatione animalium, 747a)

perciò giustamente viene "testato" quello maschile (lo sperma) nell'acqua, per vedere se è sterile.

E in logica:

ἀπὸ τῶν πανταχόθεν βεβασανισμένων (Philodemus, De signis, 29).

da ciò che è stato provato in ogni maniera (inferenza).

L'uso figurato di basanizesthai nella critica e nella stilistica: contorto (da torcere), rappresenta invece un totale capovolgimento di prospettiva: dove c'è tortura non può esserci né veritàpersuasione: vedi ad esempio quanto detto dei primi discorsi del giovane Demostene, agli inizi della sua carriera, quando l'assemblea del popolo ancora rideva a crepapelle di una sua certa goffaggine nell'espressione:

τοῦ λόγου συγκεχύσθαι ταῖς περιόδοις καὶ βεβασανίσθαι τοῖς ἐνθυμήμασι πικρῶς ἄγαν καὶ κατακόρως δοκοῦντος (Plu., Dem., 6)

sembrando il suo periodare confuso, troppo fastidiosamente contorto (torturato) ed eccessivo per l'uso di formalismi argomentativi.

Che è poi il difetto di tutti i principianti.