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martedì 5 agosto 2014

l'elefante tedesco e la corrida italiana

(das) sagt der richtige

letteralmente: ha parlato il giusto! cioè: senti chi parla! ha parlato!

da noi anche: senti da che pulpito viene la predica!

l'ironia, in italiano, in tutti e tre i casi, si sente ancora ed è più sfumata che in tedesco, che entra in scena, con con passo da elefante. Stessa leggerezza in inglese:

look who's talking.

Ancora, in un inglese da saputello (smart-arse): that's a bit rich coming from you, sprezzante ma con quel pizzico di understatement con cui recuperare la solita ironia: un modo insomma per dire, senza offendere troppo, ma chi c. ti credi di essere.

Che da noi si siano conservate certe forme ironiche fin nel XXI secolo è un miracolo, non essendo l'italiano medio un cultore della parola ma solo delle pernacchie e delle corna, oltre che del pupazzo. Un fatto che si può comprendere soltanto se si prendono queste forme per luoghi comuni nei quali non ci si percepisce più neppure quell'originaria ironia. Soltanto il rosso della rabbia e dell'invidia sulle quali prosperano. Dopo la gran botta ampiamente meritata del fascismo, protrattosi nel binomio Democrazia Cristiana/Cattolicesimo fino ad oggi, trasmesso di padre in figlio e vanamente ostacolato soltanto da un'irrigidita ideologia marxista, l'italiano si è acculturato un po' negli ultimi anni con internet, non accetta facilmente l'ironia, non ama e non può ridere di sé, una semplice mancanza di apprezzamento lo spinge fuori dai binari e lo catapulta nelle chiese (dalle quali in realtà non è mai uscito) a osservare il "pulpito". L'unica immagine colta che riesce ancora a concepire quando lo giudicano.

domenica 20 luglio 2014

Nota sulla lingua tedesca. Parolaccia e maleducazione

Mi diceva parecchi anni fa - ero ragazzo - una donna a Salisburgo, in una tabaccheria, dove chiedevo informazioni in tedesco:

Lei parla molto bene tedesco, soltanto lo parla troppo alla tedesca.

Non parlavo per niente bene, lo parlavo solo meglio di adesso. E immagino comunque volesse dire che avevo un accento, una cadenza troppo tedesca. Il tedesco austriaco, soprattutto quello viennese, ma anche a Salisburgo, è quasi cantato: è una delizia per l'orecchio, se la tua estetica non s'è formata alle cattive imitazioni rock del minimalismo di Vivaldi.

Inoltre, essersi formati con la lingua di Goethe, soprattutto con l'accento di Francoforte, come è successo a me, coi suoi suoni, i suoi ritmi:

Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn,
im dunklen Laub die Goldorangen glühn


oppure:

Was ich von der Geschichte des armen Werther nur habe auffinden können, habe ich mit Fleiß gesammelt

e poi venire improvvisamente esposti ai latrati di quel calciatore tedesco che urla a una giornalista colombiana e si esprime per parolacce fa un certo effetto.



E questo giocatore, oltre che essere stato l'unico bravo nella finale dei Mondiali in Brasile potrebbe essere anche un tipo pacifico: la reazione è tipica delle persone buone, magari alticce o non molto intelligenti, che vengono stupidamente - a volte perfidamente - provocate. Eppure, i latrati di questo giocatore mi fanno pensare a quella che deve essere stata ogni volta la reazione dei miei giovani nonni comunisti, durante l'occupazione tedesca nell'ultima guerra: essere esposti invece che ai ritmi e suoni della  lingua di Schelling, di Rilke, di Hoelderlin, di Gottfried Benn, ai latrati di soldati altrettanto giovani ma che quando parlavano non pensavano: abbaiavano.


Della maleducazione e della parolaccia. "Parolaccia" e "maleducazione" non sono due cose che vanno necessariamente insieme: la parolaccia non implica maleducazione: si possono dire parolacce senza essere maleducati (vedi per esempio il duca di Edinburgo). Lo stesso per la maleducazione: si può essere maleducati per tutta la vita e non dire mai una sola parolaccia. Il caso più interessante si ha quando la parolaccia si sposa con la maleducazione che è il caso del calciatore che lancia latrati e inveisce contro la giornalista colombiana. E' infatti maleducazione urlare in faccia a qualcuno. Per il semplice motivo che quel qualcuno potrebbe essere sordo e non capire quello che dici