Se per un eccesso di barbarie tutte le
acquisizioni tecnologiche e intellettuali venissero di colpo abolite e l’uomo e
la donna si ritrovassero al semplice stato di natura e a non avere come unico possesso se non se stessi, che altro potrebbe ancora succedere? Per parecchio tempo
Visualizzazione post con etichetta Marco Noto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Marco Noto. Mostra tutti i post
giovedì 26 settembre 2013
mercoledì 29 maggio 2013
L'ossimoro
Dice Plutarco, descrivendo l'aspetto di Alessandro il Grande, che le statue
di Lisippo lo ritraevano con quelle stesse caratteristiche che a detta di chi l'aveva conosciuto saltavano immediatamente agli occhi: “la
testa (il collo, dice Plutarco) leggermente inclinata a sinistra e poi la
dolcezza degli occhi” (tin t‘anàtasin tu
afchénos is evònimon isichì kekliménu kè tin higròtita ton ommàton – trascrivo il greco di Plutarco seguendo pronuncia del greco moderno, considerando
priva di ogni fondamento epigrafico e filologico la pronuncia
erasmiana, quella insegnata ancora oggi nelle scuole). Alessandro si presenterebbe quindi, ai noi lettori della Vite, come un ossimoro: una
contraddizione in termini, un sorta clash delle
sue parti costituenti: l’aspetto fisico e quello quello morale: dolcezza e abbandono da un lato, valentia militare dall'altro.
Non saprei dire se avevo in mente proprio Plutarco quando a un giudice della Procura di Venezia facevo descrivere per la prima volta Marco Noto,
il poliziotto a capo della mobile di quella città nel mio Un valzer per Alfredo. In effetti, anche Marco Noto è personaggio eroico, e
quando cammina piega leggermente la testa di lato, un po' come sua madre. Gli manca soltanto l'amabilità degli occhi, anche se un lettore ha definito l'insensibilità di questo personaggio soltanto apparente e sarebbe al contrario presente in un certo sguardo che porta sulle cose, sulle persone. Inoltre è strabico: uno strabismo divergente, cosa che tiene il posto di una non voluta ambiguità, e forse dolcezza. Per non parlare dei capelli, che a trentacinque anni ha bianchi e neri, sale e pepe. Ma basterebbero
solo questi occhi che divergono a introdurre anche qui il concetto di ossimoro.
venerdì 12 aprile 2013
La lettera rubata di Poe
Edgar Allan Poe
Qualche tempo fa è stato
riabilitato Vittorio Pisani, l'ex capo della squadra mobile di via Medina, a
Napoli. Il gip ha sic et simpliciter archiviato le accuse di un collaboratore
di giustizia. Noi, a quelle accuse, formulate in quel modo così rozzo, offensive
dell'intelligenza di un giudice che si rispetti, non abbiamo mai creduto: un po'
perché si è bazzicato Lisia, il grande avvocato dei tempi di Socrate, un po’
perché un capo di una squadra mobile che si fa corrompere nella maniera descritta da quel "pentito" (accettando cioè in strada una busta con 50 mila euro dentro) non sta né in cielo né in terra –
e chissà poi quanti avranno veramente un'idea di chi sia un capo di una squadra
mobile, il capo, all'interno della Questura, della polizia giudiziaria di
un'intera provincia: il che significa, in una città come Napoli, la gestione di
otto sezioni, centinaia di uomini con gli occhi puntati sul capo: criminalità organizzata, omicidi,
catturandi, antirapina, antidroga (e di questa sezione antidroga per un periodo
è stato capo anche Marco Noto, il poliziotto che abbiamo creato) ecc..
Dobbiamo aggiungere altro? Una squadra mobile di una grande città è equiparata
a una divisone: il suo capo è un primo dirigente, non è neanche più un
vicequestore aggiunto, è l’omologo di un colonnello, tre stellette sulla
corona, uno che mastica i meccanismi di polizia giudiziaria come nemmeno ci si immagina, che gode dell'avallo e della fiducia del capo della polizia: non stiamo certo parlando di Montalbano, che incorre in plateali quanto inverosimili falsi ideologici, un reato per il quale un poliziotto va quasi sicuramente diritto in carcere, con la pena raddoppiata rispetto al semplice cittadinio, e lo saprebbe pure il piccolo degli agenti. Il
ritratto di un capo della mobile è, volenti o nolenti, questo. Ma noi in questi giorni abbiamo
aspettato e aspettato Repubblica, li abbiamo attesi al varco (e li abbiamo
seguiti costantemente sul sito - anche per il fatto che c'era l'altra novità, quella dei grilli parlanti) e
volevamo vedere cosa avrebbe detto di questa riabilitazione il "guru" della lotta alla Camorra, dall’alto
della sua cattedra o del suo scranno. E tuttavia niente! Quando tra due persone corre antipatia, uno che non ci piace dovrà essere come minimo ignorato. E bisogna allora fare come lo struzzo. E Pisani
ebbe il torto (e qui fu eccessivo, "sia ben chiaro", direbbe il mio amico Antonio) di dire che Saviano non
aveva bisogno della scorta, e per questo fu messo in croce. Ma che poi passasse sui giornali un'accusa tanto infamante (e bisognerà essere poliziotti per capire cosa
significhi) senza che questa accusa fosse corroborata e sostenuta da prove convincenti allora l'avete fatta grossa...
Nemmeno un bambino alle elementari avrebbe seguito un racconto formulato nel modo in cui è stato formulato: un elefante che
entra in un negozio di cristalli senza romperne neanche uno, perché è questo
ciò che segue e a cui crede chi ammette come realistica l'immagine del capo della mobile di
Napoli che accetta sordidamente, pubblicamente, una busta con decine di migliaia di euro dopo
averla in un primo momento rifiutata (“non posso accettarli!”).
Sì, c'è la lettera rubata di Poe (Lacan ci fece un bellissimo seminario, sopra): le cose più in vista sono quelle che non si vedono, ma qui è troppo. L'arroganza che pure Pisani, come poliziotto, avrà ogni tanto mostrato non è prova sufficiente a sostenere nessuna accusa del genere, e semmai e prova del contrario .... Ripeto: stiamo parlando del capo della mobile di Napoli, non della mobile della galassia di Andromeda. Ma dimenticavo che sul sito di Repubblica qualche giorno fa sono state pubblicate le "prove" fornite da un senatore grillino dell'inciucio tra PD e PDL. La prova dell’inciucio sarebbe che moglie e marito, entrambi deputati, lui è del PDL lei del PD. Ecco, con queste premesse ... Sarà forse la sovraesposizione a una massa di romanzi e fiction poliziesche scritte col deretano, senza non dico la noiosa perfezione, ma senza neppure un minimo di rigore ...
Sì, c'è la lettera rubata di Poe (Lacan ci fece un bellissimo seminario, sopra): le cose più in vista sono quelle che non si vedono, ma qui è troppo. L'arroganza che pure Pisani, come poliziotto, avrà ogni tanto mostrato non è prova sufficiente a sostenere nessuna accusa del genere, e semmai e prova del contrario .... Ripeto: stiamo parlando del capo della mobile di Napoli, non della mobile della galassia di Andromeda. Ma dimenticavo che sul sito di Repubblica qualche giorno fa sono state pubblicate le "prove" fornite da un senatore grillino dell'inciucio tra PD e PDL. La prova dell’inciucio sarebbe che moglie e marito, entrambi deputati, lui è del PDL lei del PD. Ecco, con queste premesse ... Sarà forse la sovraesposizione a una massa di romanzi e fiction poliziesche scritte col deretano, senza non dico la noiosa perfezione, ma senza neppure un minimo di rigore ...
Etichette:
Andromeda,
avvocato,
camorra,
collaboratori di giustizia,
Lisia,
magistratura,
Marco Noto,
oratore,
partito,
pentiti,
Pisani,
Poe,
polizia,
racconto,
romanzieri,
sicofante,
squadra mobile,
struzzo
Iscriviti a:
Post (Atom)