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giovedì 9 ottobre 2014

Peracottalandia e Cicerone



Credo che l’Italia – e i fatti mi danno comunque ragione – debba essere chiamata non Italia ma Peracottalandia: basterebbe soltanto osservare come un ministro dell’Interno si vada improvvisamente a impelagare, in un paese economicamente allo sfascio e allo sbando, nella questione secondaria dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. E nemmeno col livore che uno si aspetterebbe da tale genia di ciceroniani incolti dell’ultima ora. Naturalmente dietro questo ministro che crede di saper parlare italiano solo perché non commette (ma apparentemente) errori grammaticali o sintattici, c’è il blocco monolitico della chiesa cattolica; nessuno d’altronde crede alla buonafede dell’attuale papa, le sue chiacchiere di tolleranza sono appunto chiacchiere, sputate nel momento più basso della credibilità di una confessione religiosa che più che cristiana dovrebbe a rigore chiamarsi paolino-giovannea, cioè bassa teologia allo stato puro (come fa una religione delle masse a presentarsi e ad avere la presunzione di essere compresa con un vangelo come quello di Giovanni: "in principio era il verbo"? o con tutti quegli astrattismi e intellettualismi filosofeggianti di san Paolo? E comunque la tolleranza non la si pratica né la si sbandiera: nel momento in cui ci si definisce tolleranti vuol dire che si è esattamente il contrario.

E capitale di Peracottalandia è Peracottalandia al quadrato, cioè Roma, dove ho avuto la disgrazia di nascere e crescere, e che ancora nel 2014 non si vergogna di avere soltanto due linee di metropolitana su una popolazione di cinque milioni di abitanti.  Cioè la quintessenza giustamente di Peracottalandia, la peracottalandietà – non a caso dopo il 1945 sono approdati in questa città di conformisti, che è ancora oggi una concrezione di burocratico pus fascista, centinaia di migliaia di italiani da ogni altra parte d'Italia. Quindi come dovrebbe chiamarsi la capitale di Peracottalandia?

Sulla questione del pupazzo nella storia italiana ho già detto nel post precedente.

giovedì 6 giugno 2013

Don Abbondio e i gay



Per quale motivo l’Italia sulla questione dei diritti gay è rimasta l’ultima ruota del carro, il fanalino di coda? Per due ragioni, in realtà. La prima è che i politici tartufi non hanno mai capito niente di ciò che gli italiani nel profondo sentono, di come funzionano: sono distanti galatticamente dal comune sentire - e paradossalmente lo sono più i politici di sinistra che di destra. La seconda ragione è che questi stessi politici prosperano sul clima da stadio che loro stessi fomentano, di feroce contrapposizione ideologica anche nelle questioni che rivestono un ovvio interesse collettivo. Tutto qui. La Chiesa fa il suo mestiere, non c’entra niente con la bancarotta fraudolenta della politica italiana.



Ci sarebbe una terza ragione, che però a mio avviso allo stato attuale gioca più a favore che contro. L’Italiano nasce conformista: ossessionato dall'idea della bella e brutta figura. È un popolo che vive di cliché più di ogni altro: all'italiano hanno fatto credere di essere l'erede di una nazione di santi e navigatori e che un nome nella storia lo si conquisti con la furbizia non con l'intelligenza; di conseguenza la prende male se un altro paese gli rifà il verso, se lo sfotte chiamandolo spaghetti e mandolino. 



Perché dico che questo conformismo favorirà una legge sui matrimoni gay? Perché guardandosi gli italiani attorno e vedendo che in tutti gli altri paesi i matrimoni gay sono ormai la norma, sentiranno di poterlo fare anche loro senza nessun rischio, al riparo da una realistica discussione sull'effettiva virilità del maschio italiano o - dal punto di vista delle donne e delle madri - di quella dei mariti, fidanzati, figli eccetera. Gli italiani questo lo hanno capito: tardi ma l'hanno capito. Hanno capito di essere rimasti gli ultimi. I politici però ancora non l’hanno capito: non è bastato nemmeno che un anno fa Rai 1 sdoganasse in prima serata il primo bacio cosiddetto gay della sua storia, non si accorsero, accecati dalla stupidità, che ben sette milioni di persone restarono incollate alla televisione e continuarono a guardare il film e che non ci fu nessuna reazione isterica.

                                                              Michelangelo censurato


Che cosa aspettano perciò i politici italiani? Probabilmente aspettano che anche la Gran Bretagna – paese omofobo più di quanto non si pensi – approvi dopo i registri civili del 2004 anche una legge sui matrimoni veri e propri, cosa che sta avvenendo in questi giorni. A quel punto il povero italiano, trattato continuamente a pesci in faccia dai suoi politici peracottari, chiedendosi se non si stia per fare l’ennesima brutta figura, si sentirà dire dai suoi tartufi scansafatiche: facciamo una legge anche noi, perché adesso proprio non possiamo evitarla, rischiamo una sonora pernacchia globale. E a fare pernacchie l’italiano non è secondo a nessuno ma se gliene fai una fatta per bene lo distruggi. Ecco come avverrà che una legge sulle coppie di fatto, in mancanza di meglio, sarà approvata anche in Italia. Non perché stia veramente a cuore la questione dei diritti civili ma per evitare la classica figura di m. 

                                      Cold Star by Kai Stänicke