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martedì 11 novembre 2014

successo e arte concettuale

Difficilmente il mondo potrebbe mettersi d'accordo su ciò che meritato e ciò che non lo è: anche e sopratutto in ambito letterario. Molto dipenderà dal punto di vista e dalla fortuna, dall'incontro fortuito, oltre che dalla lungimiranza e bravura tecnica se si mira a un successo postumo. Così Eupoli - grande avversarrio del "calvo", di Aristofane - nel noto frammento dei Battezzatori, che sicuramente scrisse contro Alcibiade, coi due interlocutori che pesano con le rispettive bilance il bene e il male e che fa pensare proprio ai due commediografi alle prese con le loro perenni accuse reciproche di plagio:

ἀνόσια πάσχω ταῦτα ναὶ μὰ τὰς Νύμφας.
πολλοῦ μὲν οὖν δίκαια ναὶ μὰ τὰς κράμβας.

Soffro l'indicibile per tutte le ninfe!
E molto giustamente per tutti i cavoli!

In realtà basterebbe poco ad ottenere celebrità: nessuno sforzo, nessuna tensione tecnica, nessun talento: servirebbe qualcuno che ci introduca nei posti giusti.

E mi ricordo una volta andai a trovare un amico che faceva il portiere in un condominio dove abitava un famoso cantante. Mi disse: "vieni, ti faccio vedere la casa". Mi fece vedere tutto: il grande salone, l'immenso pianoforte a coda, la collezione di ceramiche eccetera. Alla fine mi portò anche in camera da letto. Entrai nel bagno padronale (un comune bagno, a parte il doppio lavandino). Mi sedetti sulla tazza (ovviamente senza tirarmi giù i pantaloni) e dissi: "questa si potrebbe intitolare: successo!"
  

martedì 8 luglio 2014

la stupidità aiuta gli audaci



Non so quanto la fortuna aiuti gli audaci, di certo l’audacia impressiona gli stupidi.

La fortuna (nel bene o nel male) non è altro che il verificarsi di un evento inatteso. E’ inatteso perché non vengono previste tutte le possibilità. Maggiore è l’esperienza minore la possibilità che si parli di fortuna.

Un errore logico tradurre in Aristotele δύναμις (forza) con effetto, nella frase: αἱ γὰρ πολλαὶ μνῆμαι τοῦ αὐτοῦ πράγματος μιᾶς ἐμπειρίας δύναμιν ἀποτελοῦσιν (molti ricordi di uno stesso fatto realizzano la  f o r z a  di  u n a  esperienza). E in effetti sarebbe come invertire l’ordine della formula di Newton, F = ma, come se scrivessi: ma = F - la seconda forma è già derivazione di un processo logico. A chi sarebbe mai venuto in mente il chiedersi: vorrei sapere quanto mi dà il moltiplicare la massa per l’accelerazione?

Ciò che mi interessa è partire dall’intuitivo: il misurare l’intensità di una forza che osservo agire, fosse anche la caduta della mela sulla testa di Newton. Così potrò chiedermi che effetto può avere l’esperienza soltanto dopo aver fornito o riconosciuto all’esperienza una capacità, una forza di modificazione.

La fa ancora più distante dal vaso chi traduce il semplice forza di una esperienza con possibilità di compiere un'unica esperienza. Qui la forza dell'esperienza è andata completamente a farsi friggere, è diventata la forza dell'arbitrio di chi traduce.