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venerdì 8 gennaio 2016

Filologia cieca e accecante

Libro primo della Argonautiche, la scena in riva al mare, quando gli eroi mangiano distesi sulla sabbia e bevono in amicizia prima della partenza:

... ὅτ᾽ ἄατος ὕβρις ἀπείη

l'aggettivo verbale viene comunemente, da sempre, inteso in senso attivo. In realtà, la natura stessa di Ate, che induce alla hybris, avrebbe dovuto da sempre "indurre" a interpretare correttamente in senso passivo. Non:

... quando la hybris (funesta???) accecante è assente

ma:

... quando la hybris, generata cieca (frutto dell'accecamento), è assente.

E se la hybris è cieca, non meno cieca è Ate. Basterebbe considerare gli esempi di ἀάω al medio in Omero, la forma medio passiva che non è indicativa di altro che di questa natura nello stesso tempo cieca (vedi per esempio Il., 19,94 - κατὰ δ᾽ οὖν ἕτερόν γε πέδησε) e accecante di Ate, la quale riconduce (senso medio) la cecità generata nell'uomo a se stessa (anche quando causa se ne fa Zeus, suo padre, che in quel momento incarnerà direttamente Ate - che Zeus non sia immune da questa forma di accecamento è provato da Il., 19,  95 ss, καὶ γὰρ δή νύ ποτε Ζεὺς ἄσατο κτλ).


giovedì 23 ottobre 2014

i giganteschi genitali di Urano

τος δ πατρ Τιτνας πίκλησιν καλέεσκε
παδας νεικείων μέγας Ορανός, ος τέκεν ατός·
φάσκε δ τιταίνοντας τασθαλί μέγα έξαι
ργον, τοο δ' πειτα τίσιν μετόπισθεν σεσθαι. (Hes., Th. 207-210)


Si tende a dare, in questo passo di Esiodo, a τιταίνοντας il senso di tendere le braccia (verso i genitali di Urano) e si dice che per questa ragione il padre avrebbe finito per chiamarli (i Titani) in questo modo. Il che presuppone che il gioco etimologico vada dal verbo al nome (poiché hanno fatto una certa azione sono stati chiamati così). Unica voce in disaccordo, e mi pare non senza ragione, è quella di Y. Duhoux, “Les caractères des Titans ...” (Recherches de Philologie et de Linguistique, I, (1967), pp. 35-46), che parlava con molta più ragionevolezza del percorso inverso: del procedimento dell’adnominatio, nel creare da un nome (nel definirlo) un verbo omofonico. In questo senso, Urano, dopo aver avuto i Titani da Gaia, avrebbe detto che si sarebbero meritati la pena eccetera a causa appunto del loro titaneggiare. Il che presuppone anche che l’ascoltatore di Esiodo fosse in grado di fare le dovute associazioni. D’altra parte i Titani dovevano essere visti per forza - dal momento che gigantesco era il padre (μέγας Ορανός) -  come essere giganteschi, e titaneggiare verrebbe a significare perciò ingigantirsi (anche moralmente), rendersi quindi colpevoli presuntuosamente e scioccamente (τασθαλί) di βρις, di violenza.

(Edimburgo, 2010)