giovedì 23 ottobre 2014

i giganteschi genitali di Urano

τος δ πατρ Τιτνας πίκλησιν καλέεσκε
παδας νεικείων μέγας Ορανός, ος τέκεν ατός·
φάσκε δ τιταίνοντας τασθαλί μέγα έξαι
ργον, τοο δ' πειτα τίσιν μετόπισθεν σεσθαι. (Hes., Th. 207-210)


Si tende a dare, in questo passo di Esiodo, a τιταίνοντας il senso di tendere le braccia (verso i genitali di Urano) e si dice che per questa ragione il padre avrebbe finito per chiamarli (i Titani) in questo modo. Il che presuppone che il gioco etimologico vada dal verbo al nome (poiché hanno fatto una certa azione sono stati chiamati così). Unica voce in disaccordo, e mi pare non senza ragione, è quella di Y. Duhoux, “Les caractères des Titans ...” (Recherches de Philologie et de Linguistique, I, (1967), pp. 35-46), che parlava con molta più ragionevolezza del percorso inverso: del procedimento dell’adnominatio, nel creare da un nome (nel definirlo) un verbo omofonico. In questo senso, Urano, dopo aver avuto i Titani da Gaia, avrebbe detto che si sarebbero meritati la pena eccetera a causa appunto del loro titaneggiare. Il che presuppone anche che l’ascoltatore di Esiodo fosse in grado di fare le dovute associazioni. D’altra parte i Titani dovevano essere visti per forza - dal momento che gigantesco era il padre (μέγας Ορανός) -  come essere giganteschi, e titaneggiare verrebbe a significare perciò ingigantirsi (anche moralmente), rendersi quindi colpevoli presuntuosamente e scioccamente (τασθαλί) di βρις, di violenza.

(Edimburgo, 2010)

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