È difficile trovare un prete
cattolico o luterano o anabattista o anglicano che non porti sempre e comunque acqua al mulino
della rispettiva curia (ma è il loro mestiere), che non faccia giustamente politica pure durante un evento festoso, durante la celebrazione
di un matrimonio, quando tutti non aspettano che la fine del comizio per correre al ristorante a ingozzarsi come oche pronte per il foie gras (“siete qui a celebrare il matrimonio che è tra maschio e femmina”,
“Dio ha creato il maschio e la femmina” eccetera, non semplicemente tra uomo e donna, come in tempi più recenti con buona pace per tutti ci si era ormai abituati, ma come si diceva una volta, tra maschio e femmina, con la maggiore concretezza della Genesi: a far intendere anche ai sordi - o allo sposo nel caso covasse male intenzioni, e gli venisse in mente, ancor prima di essere sposato, di far indossare alla moglie un pene artificiale, uno strap-on - che l'incontro, in questo senso, deve essere non tra la carota e il bastone ma tra la carota e la cesta); e fa giustamente politica, il prete, perché
i vangeli (ma stranamente in quello più teologico di Giovanni la cosa non compare) lo invitano da
sempre a restituire a Cesare quel che è di Cesare. Facciamo un ultimo tentativo, via!, sembra dire il prete, poi restituisco a Cesare quel che è di Cesare.
In realtà, modificare anche di poco il linguaggio, cosa sempre auspicabile quando cambia il modo di sentire del mondo, quando cambia l'estetica, non farebbe torto a nessuno: né alla religione (che ha sempre e solo mirato a fare proseliti), né all'industria erotica (che ha interesse a favorire perversioni), e neppure al combattivo, agguerrito mulino gay (che vuole le sue parità): ma anche qui, adeguarsi ai nuovi tempi tornando a quei tempi in cui il linguaggio era più che oggi vicino al vero (non è questa l'epoca della verità, della scienza?): Cesare – ormai dovrebbe essere noto – s’infilava da ragazzo nel letto del re Nicomede, e nel ruolo di femmina, tanto da meritarsi l’appellativo (che lo divertiva un mondo anche quando era imperator maximus) di regina di Bitina. Dunque perché chi scrisse i vangeli decise effettivamente di non proclamarlo? non rese immediatamente giustizia, non ordinò di restituire a Cesare oltre a tutto anche tutto il resto, tutto il maltolto e anche quindi la famosa cesta di cui andava fiero? perché nessuno ha mai predicato in tutta onestà e verità: restituite a Cesare quel che è di Cesarina?
In realtà, modificare anche di poco il linguaggio, cosa sempre auspicabile quando cambia il modo di sentire del mondo, quando cambia l'estetica, non farebbe torto a nessuno: né alla religione (che ha sempre e solo mirato a fare proseliti), né all'industria erotica (che ha interesse a favorire perversioni), e neppure al combattivo, agguerrito mulino gay (che vuole le sue parità): ma anche qui, adeguarsi ai nuovi tempi tornando a quei tempi in cui il linguaggio era più che oggi vicino al vero (non è questa l'epoca della verità, della scienza?): Cesare – ormai dovrebbe essere noto – s’infilava da ragazzo nel letto del re Nicomede, e nel ruolo di femmina, tanto da meritarsi l’appellativo (che lo divertiva un mondo anche quando era imperator maximus) di regina di Bitina. Dunque perché chi scrisse i vangeli decise effettivamente di non proclamarlo? non rese immediatamente giustizia, non ordinò di restituire a Cesare oltre a tutto anche tutto il resto, tutto il maltolto e anche quindi la famosa cesta di cui andava fiero? perché nessuno ha mai predicato in tutta onestà e verità: restituite a Cesare quel che è di Cesarina?
Per dirla dunque alla greca, nel linguaggio dei vangeli, non
Ἀπόδοτε οὖν τὰ Καίσαρος Καίσαρι καὶ τὰ τοῦ Θεοῦ τῷ Θεῷ
ma
Ἀπόδοτε οὖν τὰ Καίσαρος Καισαρίνᾳ eccetera.
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