venerdì 10 ottobre 2014

Codice Hays, Aventino, omosessuali, Cicerone

In realtà le produzioni italiane, soprattutto quelle della Rai, quando ci si mettono sono anche piu bigottamente allettanti di quanto non doveva essere nelle intenzioni del Codice Hays per gli americani. Ed è strano che nessuno ancora abbia parlato di un Codice Vaticano. Così nel melenso e patetico Restauratore, che non so per quale ragione mi ostino a guardare (forse perché mi divertono i piedi piatti di Lando Buzzanca) ancora non si è vista una scena di sesso esplicito (o forse quasi una) ma naturalmente è in avvicinamento una qualche scena di troiaio dentro un commissariato, secondo la nuova estetica delle poliziotte sempre in calore (riuscirà l'agente tal dei tali a conquistare il cuore della collega eccetera).

Quello che invece c'era da aspettarsi, è che viste le direttive del Vaticano, sono stati assolutamente esclusi - e siamo già alla seconda stagione - riferimenti non dico gay ( le lobby gay qui si saranno stracciate, anche loro alla maniera biblica, sicuramente le t-shirt, strappate dal deretano le piume di pavone dei gay pride) ma nemmeno omoerotici, figuriamoci quindi possibili intrecci anche senza che le labbra si sfiorino. Tanto più curiosa questa omissione dell'omosessualità in quanto sono già un paio di puntate che, fatalità, alcuni personaggi che nella trama non hanno nessun rapporto reciproco vegono fatti abitare nella stessa via di Roma, via S. Alberto Magno, all'Aventino - non viene detto nella fiction, ma visto che in passato ho abitato proprio in quella via lo dico con cognizione di luogo; anzi uno di questi personaggi sembra abitare proprio nel palazzo dove abitavo io, quando dalle finestre e dal terrazzo mi godevo la vista dei Palazzi Imperiali del Palatino esattamente di fronte, a venti metri dalla basilica di Santa Sabina e a venti metri dall'ex villa di Nino Manfredi. Curiosa, l'omissione, nel senso che nell'antichità l'Aventino era nota zona di battuage omosessuale, all'ombra o nelle tenebre (madri delle dark room contemporanee) di  boschetti sacri alla più accondiscendente delle dee, Diana, quando i romani si palpavano a vicenda senza pensarci troppo o appiccicarsi un'etichetta in fronte (oggi - e sono parecchi decenni - zona di rimorchio gay è un altro colle, il Campidoglio, i giardini di Montecaprino, le pendici che guardano il Tevere, a due passi da dove si ergeva uno dei templi più intoccabili della romanità, non lontani, giustamente, questi battuage odierni (ma non c'è nemmeno il gusto del paradosso e della trasgressione, è semplice incapacità di fare associazioni) dall'antica via divenuta famosa proprio per il suo nome:

προελθὼν δ' ὁ Κικέρων ἐκάλει τὴν σύγκλητον εἰς τὸ τοῦ Στησίου Διὸς ἱερόν, ὃν Στάτορα Ῥωμαῖοι καλοῦσιν, ἱδρυμένον ἐν ἀρχῇ τῆς ἱερᾶς ὁδοῦ πρὸς τὸ Παλάτιον ἀνιόντων. (Plu. Cic., 16, 3)

Uscito di casa Cicerone convocò il senato nel tempio di Giove Stasio, che i Romani chiamano Statore, costruito all'inizio della via Sacra e visibile a chi sale verso il Palatino).


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