[ ]ιν ὃ λέγεις, Δᾶε, τοῦ
τ' ἐμοῦ τρόπου (Asp.,
368)
Così Cherestrato, nello Scudo
di Menandro; la lacuna del papiro da integrare anche a mio avviso molto
semplicemente come altri hanno
proposto:
<εὖ γ᾿ ἐστ>ὶν ὃ λέγεις, Δᾶε, τοῦ
τ' ἐμοῦ τρόπου:
dici bene, o Davo, e mi va benissimo
Si tratta della messa in scena architettata dallo schiavo Davo della morte di Cherestrato, che potrà così farsi gioco dell’avido fratello
Smicrine; un tema, quello della simulazione della propria morte, utilizzato per le stesse ragioni (avidità di un familiare o di un creditore)
almeno fino ai tempi di Edoardo e Totò, sicuramente meno praticabile oggi (il morto è morto
e basta!) a causa di una sovraesposizione del pubblico a una estetica della pseudoscienza dei laboratori della
polizia scientifica, e dei medici legali – vedi
per esempio tutto il problema di un’autopsia condotta superficialmente sul
corpo dell’uomo ritrovato nella laguna veneziana nei primi capitoli del mio Un valzer per Alfredo.
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