domenica 12 ottobre 2014

L'esondazione a Genova, la stupidità umana e i francesi

Quello che è successo a Genova in questi giorni può significare due cose: o che contro le forze della natura non si può fare niente oppure che l'umanità è sempre più vittima della sua stupidità.

Il problema non è l'aver stabilito, come vuole Wittgenstein, che se la gente non facesse cose stupide niente di intelligente verrebbe mai fatto: la questione è il saper calcolare la percentuale di cose stupide e di cose intelligenti che vengono ogni giorno dette e fatte. Se infatti le cose stupide fossero in misura minore di quelle intelligenti l'intelligenza prenderebbe facilmente il sopravvento fino ad annullare completamente la stupidità. E' vero quindi il contrario. L'umanità è condannata alla stupidità senza possibilità di resto. I francesi, sempre superiori agli altri in questo genere di calcoli e discussioni, hanno trovato brillantemente, per indicare la stupidità, il termine che più le si addice da un punto di vista umano: bêtise, comportamento o pensiero da bestia. Basterebbe farsi, credo, un giretto nel Larousse, o nel Littré. La bêtise è prima di tutto la più grande delle cose immense:

L'"idozia" umana è un abisso senza fondo, e l'oceano che vedo dalla finestra mi pare in confronto ben piccola cosa

(La bêtise humaine est un gouffre sans fond, et l'océan que j'aperçois de ma fenêtre me paraît bien petit à côté [Flaubert, Correspondence, 1875 - e credo, se non ricordo male, che si tratti di una lettera al suo amico Edmond Laporte, che lo aiutava in tutto, forse anche ad andare di corpo, e che Flaubert affezionatamente chiamava la sua soeur de charité - la sua Dama di san Vincenzo, quando non lo chiamava direttamente El Bab, traduzione araba di Laporte].

 Ma incalcolabile è pure il numero di sciocchezze che albergano perfino nei pensieri di una persona intelligente:

Le nombre de bêtises qu'une personne intelligente peut dire dans une journée n'est pas croyable (Gide, Journal, 1940).

(Il numero di sciocchezze che una persona intelligente è in grado di dire in una giornata è incredibile).

Nel Diario dei Goncourt si era più realistici riguardo alle dimensioni, meno visionari di Flaubert: la si connette, la stupidità, a un'idea di possesso, al costruire (giustamente in quegli anni a Parigi si costruiva molto: tutto veniva raso al suolo per lasciar spazio ai grandi boulevards delle moderne democrazie):

Il y entre de prétendues idées fortes, qui font dire aux plus intelligents des bêtises grosses comme des maisons (E. et J. de Goncourt, Journal,1871).

(Entrano [nel cervello] delle idee a cui si dà il titolo di "idee superiori" che fanno dire ai più intelligenti delle stupidità grosse come delle case). 

Ma per gli intellettuali, per i politici che sembrano sempre saper parlare, articolare i loro pensieri come se fossero appena usciti dalla stanza della maestrina, così come per la maggiornaza disarticolata sempre pronta a bersi tutto ciò che lo sciocchezzaio della politica mondiale produce e offre nessuno forse meglio di Rabelais, col suo bel francese del Cinquecento, con la sua contorta grafia, cadrebbe a proposito:

Je ne sçay quoy premier en lui je doibve admirer, ou son oultre cuydance ou sa besterye (Gargantua, 1, 9)

(Non so che cosa posso ammirare di più in lui, se la sua presunzione o la sua idiozia).




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