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martedì 10 febbraio 2015
dittografia dell'arbitrio: copisti da Platone a Flaubert
La dittografia è un errore sempre possibile: che si scriva a mano o al computer. Nello studio dei papiri, o di una tradizione manoscritta, non appare che raramente, e in questo senso è una possibilità necessariamente sopravvalutata dalla critica testuale – anche oggi non succede quasi mai di scrivere due volte di seguito una
lunedì 20 ottobre 2014
L'inganno dell'ascesi
ἀνιπτόποδες,
χαμαιεῦναι
che non si lavano i piedi, dormono per terra
Così Achille (Il., 16,35) parlando dei Selli, sacerdoti di Dodona, considerati i più antichi in Grecia. E vedi anche il frammento del'Eretteo di Euripide, conosciuto grazie unicamente a Clemente Alesandrino che lo cita nei suoi Stromata e che considera i versi un'imitazione di Omero:
... ἐν ἀστρώτῳ πέδῳ
εὕδουσι, πηγαῖς δ' οὐχ ὑγραίνουσιν πόδας. (Er., fr. 367 Nauck)
... sulla terra nuda
dormono e non si bagnano i piedi alle fonti.
È sicuramente un dato di fatto che l'ascesi - nel senso di un lungo percorso costellato di ostacoli (di esercizi) che parte dall'umano e arriva fino al divino - non sia invenzione né del Giudaismo né del Cristianesimo e che nessuna religione in particolare possa dire di averla scoperta; ma è vero che è nelle religioni della colpa che esiste una stessa idea di un Dio che non può essere degnamente servito se non sperimentando una condizione di privazione e di estremo affaticamento di tutto il corpo: con l'esperienza fisica della durezza (e dovrei forse ricordare qui i foglianti del cardinal Bona, di cui a suo tempo traducevo il trattatello sulla Messa, l'uso della pietra cone cuscino). Tuttavia, anche questo concetto di privazione, di affaticamento, difficilmente potrebbe fondarsi su un'originaria idea di possesso: sarebbe vero l'opposto: è il possesso che va sempre definito a partire da un'idea di non accumulo (la questione non è se essere poveri sia un male, come da sempre cercano di dimostrare tutte le storiografie al servizio del capitale, dal quale dipendono: i termini povertà, indigenza, necessità sono ammantati di ideologia ancor prima di divenire operanti: non sono nemmeno una sorta di grado zero. Il grado originario è quello dell'uomo che nasce nudo (e non sa di esserlo) e sul quale in seguito si accumulano o stratificano tutte le possibili definizioni a venire.
Ogni forma di ascesi non può essere quindi un esercizio (è il senso d'altronde del greco askesis) di ritorno alle origini, quelle stratificazioni glielo impediscono; si tratta invece di un'elevazione proposta sulla base e come rifiuto di ciò che si possiede, che non può essere abolito e che non e assolutamente un dato originario: è in più un movimento verso l'alto invece che verso il basso - è conosciuta delle sacerdotesse di Dodona (non solo il più antico ma, almeno secondo Erodoto, in origine anche l'unico oracolo della Grecia) un'invocazione ricordata da Pausania:
Γᾶ καρποὺς ἀνίει, διὸ κλῄζετε Ματέρα γαῖαν. (Paus., X, 12, 10)
La terra produce frutti, invocate perciò la Madre Terra.
Inoltre, qualsiasi ascesi che si ponga come scopo la conquista del cielo attraverso un ritorno a uno stato precedente di vita sulla terra non potrebbe darsi che come una certa maniera di oblio del presente e nello stesso tempo una reminiscenza del passato: è di conseguenza un'esperienza paradossale, una sorta di ossimoro, una contraddizione in termini: non si può, cioè, senza dimenticare completamente il presente riattualizzare nessun passato, il quale, a sua volta, se anche diventasse il nuovo presente, resterebbe per definizione all'origine di ciò di cui già era stato all'origine - è tra l'altro la ragione del fallimento di tutte le riforme dei vari ordini religiosi avviate dall'interno della Chiesa (nonostante la sopravvivenza delle singole riforme (cistercensi dai benedettini, foglianti e trappisti dai cistercensi, stretta osservanza e cappuccini dai francescani predicatori eccetera). Il chiodo più vecchio è sostituito da un chiodo apparentemente nuovo, ma che è invece più arrugginito del vecchio: è alla base di ciò che si credeva così superato.
Perciò, l'idea di un ritorno a uno stato precedente da cui ripartire è sempre funzione di una convinzione, di un'ideologia: è la presunzione di credere non solo che il presente si possa abolire, si possa cancellare, ma anche che il presente da abolire non sopravviva nel passato che si tenta di riattualizzare (che si tratti come nel Cristianesimo di un ritorno alla semplicità della propaganda evangelica o di un ritorno alla natura in religioni naturistiche). L'originaria Ragione non è assolutamente riattuabile se non attraverso un inganno ideologico. Di qui anche il fallimento di Hegel e di ogni hegelismo
Γᾶ καρποὺς ἀνίει, διὸ κλῄζετε Ματέρα γαῖαν. (Paus., X, 12, 10)
La terra produce frutti, invocate perciò la Madre Terra.
Inoltre, qualsiasi ascesi che si ponga come scopo la conquista del cielo attraverso un ritorno a uno stato precedente di vita sulla terra non potrebbe darsi che come una certa maniera di oblio del presente e nello stesso tempo una reminiscenza del passato: è di conseguenza un'esperienza paradossale, una sorta di ossimoro, una contraddizione in termini: non si può, cioè, senza dimenticare completamente il presente riattualizzare nessun passato, il quale, a sua volta, se anche diventasse il nuovo presente, resterebbe per definizione all'origine di ciò di cui già era stato all'origine - è tra l'altro la ragione del fallimento di tutte le riforme dei vari ordini religiosi avviate dall'interno della Chiesa (nonostante la sopravvivenza delle singole riforme (cistercensi dai benedettini, foglianti e trappisti dai cistercensi, stretta osservanza e cappuccini dai francescani predicatori eccetera). Il chiodo più vecchio è sostituito da un chiodo apparentemente nuovo, ma che è invece più arrugginito del vecchio: è alla base di ciò che si credeva così superato.
Perciò, l'idea di un ritorno a uno stato precedente da cui ripartire è sempre funzione di una convinzione, di un'ideologia: è la presunzione di credere non solo che il presente si possa abolire, si possa cancellare, ma anche che il presente da abolire non sopravviva nel passato che si tenta di riattualizzare (che si tratti come nel Cristianesimo di un ritorno alla semplicità della propaganda evangelica o di un ritorno alla natura in religioni naturistiche). L'originaria Ragione non è assolutamente riattuabile se non attraverso un inganno ideologico. Di qui anche il fallimento di Hegel e di ogni hegelismo
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lunedì 13 ottobre 2014
I delfini e la fuga degli dei. L'umano terribilmente umano
Se gli dei vissero effettivamente come viene descritto nell'epos (o nella sua tarda rielaborazione), allora dovettero avere ben poco tempo da dedicare a se stessi, e anzi la loro esistenza dovette essere un lungo martirio di inquietudini, una continua attenzione al mondo, un ininterrotto occuparsi dei drammi umani: guerre, amori, odi, incesti, omicidi ... E bisognava agire, intervenire, ottenere e fare tutto con preciso tempismo. L'umanità, nonostante tutto, non avrebbe aspettato.
γαίης δ'ἀπὸ διπλόα πείσματ᾽ἔλυσαν
οὐδ᾽ ἄρ᾽ Ἀθηναίην προτέρω λάθον ὁρμηθέντες:
αὐτίκα δ᾽ ἐσσυμένως νεφέλης ἐπιβᾶσα πόδεσσιν
κούφης, ἥ κε φέροι μιν ἄφαρ βριαρήν περ ἐοῦσαν,
σεύατ᾽ ἴμεν πόντονδε, φίλα φρονέουσ᾽ ἐρέτῃσιν.
...
ὧς ἄρα καρπαλίμως κούρη Διὸς ἀίξασα
θῆκεν ἐπ᾽ ἀξείνοιο πόδας Θυνηίδος ἀκτῆς. (Apollon., 2, 536-48)
sciolsero da terra le doppie gomene
e la cosa non sfuggì a quel punto a Atena
che "subito, in un attimo", posando i piedi su una nuvola
leggera che la portasse "immediatamente" nonostante il peso,
"si precipitò" giù verso il mare, amica ai rematori.
...
così "rapida lanciandosi" la figlia di Giove
mise i piedi sulla costa Tineide dell'Euxino.
Era un'umanità che dava insomma continui grattacapi agli dei, che arrivava a sfidare perfino il divino: consapevolemente (le tante creature trasformate per presunzione in animali, piante eccetera) o inconsapevolmente, in scene che come ho già detto altrove, hanno pure del comico (Dioniso alle prese con Penteo, il quale lo fa addirittura legare e gettare in carcere: un dio che si lascia legare, gettare in carcere e che intanto sorride sinistro). Con tutto questo via vai che c'era tra l'Olimpo e la terra non c'è da meravigliarsi che a un certo punto abbiano deciso, gli dei, di andarsene in pensione, o di scegliersi, come vuole la favoletta, una nuova dimora: il corpo della più felice e libera delle creature: il delfino, dalla quale continuare a godersi lo spettacolo ridicolo del mondo. In altre parole, se anche è vero che:
un tempo gli dei camminavano tra gli uomini
(Götter wandelten einst bei Menschen ... [Hölderlin, Götter wandelten einst ...])
non sarebbero del tutto spariti se indugiano, se nuotano ancora in acque umane: anzi in certi circhi acquatici continuano a far ridere grandi e piccoli, cosa che ricorda da vicino proprio le inquietanti scene di Penteo e Dioniso - si sa che i delfini sono animali giocosi ma non bisogna mai tirare troppo la corda. Si conoscono casi in cui il povero umano, credendo di farsi gioco, s'è ritrovato se non fatto a pezzi come Penteo quantomeno ferocemente sbatacchiato, e quando s'è salvato s'è salvato per il rotto della cuffia.
γαίης δ'ἀπὸ διπλόα πείσματ᾽ἔλυσαν
οὐδ᾽ ἄρ᾽ Ἀθηναίην προτέρω λάθον ὁρμηθέντες:
αὐτίκα δ᾽ ἐσσυμένως νεφέλης ἐπιβᾶσα πόδεσσιν
κούφης, ἥ κε φέροι μιν ἄφαρ βριαρήν περ ἐοῦσαν,
σεύατ᾽ ἴμεν πόντονδε, φίλα φρονέουσ᾽ ἐρέτῃσιν.
...
ὧς ἄρα καρπαλίμως κούρη Διὸς ἀίξασα
θῆκεν ἐπ᾽ ἀξείνοιο πόδας Θυνηίδος ἀκτῆς. (Apollon., 2, 536-48)
sciolsero da terra le doppie gomene
e la cosa non sfuggì a quel punto a Atena
che "subito, in un attimo", posando i piedi su una nuvola
leggera che la portasse "immediatamente" nonostante il peso,
"si precipitò" giù verso il mare, amica ai rematori.
...
così "rapida lanciandosi" la figlia di Giove
mise i piedi sulla costa Tineide dell'Euxino.
Era un'umanità che dava insomma continui grattacapi agli dei, che arrivava a sfidare perfino il divino: consapevolemente (le tante creature trasformate per presunzione in animali, piante eccetera) o inconsapevolmente, in scene che come ho già detto altrove, hanno pure del comico (Dioniso alle prese con Penteo, il quale lo fa addirittura legare e gettare in carcere: un dio che si lascia legare, gettare in carcere e che intanto sorride sinistro). Con tutto questo via vai che c'era tra l'Olimpo e la terra non c'è da meravigliarsi che a un certo punto abbiano deciso, gli dei, di andarsene in pensione, o di scegliersi, come vuole la favoletta, una nuova dimora: il corpo della più felice e libera delle creature: il delfino, dalla quale continuare a godersi lo spettacolo ridicolo del mondo. In altre parole, se anche è vero che:
un tempo gli dei camminavano tra gli uomini
(Götter wandelten einst bei Menschen ... [Hölderlin, Götter wandelten einst ...])
non sarebbero del tutto spariti se indugiano, se nuotano ancora in acque umane: anzi in certi circhi acquatici continuano a far ridere grandi e piccoli, cosa che ricorda da vicino proprio le inquietanti scene di Penteo e Dioniso - si sa che i delfini sono animali giocosi ma non bisogna mai tirare troppo la corda. Si conoscono casi in cui il povero umano, credendo di farsi gioco, s'è ritrovato se non fatto a pezzi come Penteo quantomeno ferocemente sbatacchiato, e quando s'è salvato s'è salvato per il rotto della cuffia.
venerdì 16 maggio 2014
Archiloco e il sesso sfrenato degli antichi. "Insospettato" multiculturalismo
![]() |
sigillo cilindrico achemenide VI s. - Louvre |
In un passo del profeta Ezechiele (23.20) si dice che Ooliba (dietro la quale si celerebbe Gerusalemme) aveva per amanti quegli uomini “la cui carne è quella
degli asini e la cui alluvione è quella dei cavalli”.
L'ebraico ha:
אֲשֶׁ֤ר בְּשַׂר־חֲמוֹרִים֙ בְּשָׂרָ֔ם וְזִרְמַ֥ת סוּסִ֖ים
זִרְמָתָֽ
(Asher bessar
chmurim bessaram we zirmath susim zirmatham)
un passo che nella traduzione della CEI
del 1974 e in quella del 2008 viene reso con:
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venerdì 17 gennaio 2014
L’infinito di Leopardi e il “caro” egoismo degli antichi
Al mio amico F.D.
Sempre caro mi fu
quest’ermo colle. Se Leopardi avesse scritto L’infinito in forma di canto amebeo, secondo la
tecnica dei poeti bucolici, di botta e risposta tra due pastori, avrebbe forse aggiunto
- se si considera la giocosa ironia che pervade tutta la sua opera – uno
spiritoso chiarimento,
giovedì 9 gennaio 2014
topogigio, il politico italiano e Sofocle
C’è un topogigio della politica italiana che in questi giorni ha
rinverdito un detto coerentemente attribuito a Don Abbondio: “Carneade, chi era costui?”. Faceva
bene Don Abbondio a chiederselo, di Carneade forse non sarebbe rimasto niente
oggi al grosso pubblico. Topo
Gigio è simpatico, questo topogigio della politica italiana, anzi della
cosiddetta sinistra italiana, non lo è. Di lui si vede soltanto, quando appare in
televisione,
giovedì 19 dicembre 2013
L'habitat fa la monaca:i pifferai del capitale
Si dice che l’abito non fa il
monaco ma sarebbe più giusto dire l’habitat fa la monaca. E' il caso di
una nota giornalista italiana che dirige un giornale “progressista”, si
professa di sinistra e
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