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mercoledì 12 novembre 2014

dell'umorismo

C'è un umorismo che nasce dall'affetto e un umorismo sgraziato. E quest'ultimo può nascere o essere innescato da un'infinità di sentimenti negativizzanti: astio, rancore, insoddisfazione, rabbia ecc., o anche dal comprensibile bisogno di brillare. In tutti questi casi di umorismo negativo e per così dire "innaturale" non si fa altro che salire su un palcoscenico reale o ideale. E questa è senz'altro la ragione per cui provo sempre poco interesse per i comici di professione: non mi interessa vederli brillare, non mi riguarda, non mi presto a fare da pubblico di nessuno e col tempo mi sottraggo sempre di più a qualsiasi forma di spettacolo: ci vedo semplicemente la messa in scena e l'isterizzazione dell'amor proprio.

Al contrario, l'umorismo carico di affetto scorre sempre con naturalezza e raramente è sprovvisto di charme. Nonostante i casi in cui può trasformarsi nel tipo di umorismo negativo, ad esempio sotto la spinta di un amore ostacolato da terzi. Come capita al gioviale Edoardo nelle Affinità elettive di Goethe:

Die freundliche Geselligkeit verlor sich. Sein Herz war verschlossen, und wenn er mit Freund und Frau zusammenzusein genötigt war, so gelang es ihm nicht, seine frühere Neigung zu ihnen in seinem Busen wieder aufzufinden, zu beleben. Der stille Vorwurf, den er sich selbst hierüber machen mußte, war ihm unbequem, und er suchte sich durch eine Art von Humor zu helfen, der aber, weil er ohne Liebe war, auch der gewohnten Anmut ermangelte. [XIII]

La sua socievole cordialità andò perduta. Il suo cuore era chiuso; e se per necessità era insieme alla moglie e all'amico non riusciva a ritrovare l'affettuosità di un tempo, a ravvivarla. Rimproverare segretamente se stesso gli diventava molesto, e provava ad aiutarsi con una sorta di umorismo a cui tuttavia, poiché era sprovvisto di amore, veniva a mancare pure la consueta grazia.

venerdì 24 ottobre 2014

l'abbassarsi cristiano e il restare in piedi pagano

La differenza tra i modi della libera religiosità pagana e quelli del più vincolante mondo cristiano potrebbe essere avvertita nel semplice accostamento di due testi lontanissimi nel tempo (ma si potrebbe prendere anche un testo cristiano dell'antichità, una lettera di san Paolo), uno francese e l’altro latino, in entrambi i casi viene usato uno stesso verbo (abiiciere/abjecter):

Or en Jesus nul au vray ne se fie,
sinon celui qui sous son bras puissant
en tous endroits s’abjecte et humilie (Clément Marot, Opusc., I)

Adesso nessuno ha fede in Gesù
se non colui che sotto il suo braccio potente
in ogni luogo si abbassa e umilia

e

Sic te ipse abiicies atque prosternes ut nihil inter te atque quadrupedem aliquem putes interesse? (Cic., Paradoxa stoicorum, 14)

E ti abbasserai e prosternerai a tal punto da mostrare che tra te un quadrupede non vi è nessuna differenza?

Entrambi gli esempi riportati nell’Archeologie française del Pougens, un testo tra l’altro ampiamente rastrellato da Leopardi, che lo cita spesso nello Ziba.

I versi da vaudeville del buon Marot, del libertino Marot, soltanto apparentemente inconcludenti e tautologici, indicano in effetti (è un po' il senso del loro sottilissimo e quasi invisibile sarcasmo - non aveva altri strumenti per non finire come De Sade sempre e nuovamente in galera), che il gesto religioso deve avere per alcuni lo stesso valore dell’abito religioso: un valore di continua testimonianza: un gesto di apparente umiltà, di vicinanza alla terra, quindi in effetti non per restarci (vedi quanto ho scritto nell'Inganno dell'ascesi e dell'invocazione delle sacerdotesse di Dodona). 

Così il martirio (testimonianza) non è altro, per la stessa ragione, che una somma isteria: la ripetizione dello stesso gesto fino alle estreme conseguenze, fino a sbatterci finalmente, come desiderato, il grugno. Lo stesso può dirsi in realtà della scrittura, di chi scrive (vedi Balzac che muore non per una peritonite che si complica in gangrena ma nella sua stessa opera, all’interno della quale si era già trasferito da tempo). Come tutte le forme di irrigidimento anche scrivere è un'isteria.

venerdì 4 luglio 2014

l'abbraccio e la paura



L’abbraccio tra due delinquenti, due spietati killer, due pericolosi malavitanti non è il segno di un residuo granello di umanità: semmai, caratteristica più propria all’umanità è l'essere feroce, spietata. L’abbraccio, i baci, le manifestazioni di affetto tra due criminali non sono altro che il segno di una paura che cova, il pegno di un legame di protezione. In altri termini è pura retorica. Opera continua di persuasione.

Lo stesso può dirsi dell’abbraccio in generale, dei baci, delle manifestazioni di affetto tra parenti, amici. Sono semplicemente un simbolo. La sostituzione di un linguaggio, quello delle emozioni, con un altro, quello gestuale rappresentativo di queste emozioni. Il simbolo della strutturale debolezza biologica dell’individuo, e della sua conseguente fragilità emotiva. Quindi la manifestazione sociale della sua piena solitudine. Paradossalmente è meno solo chi è solo (ma con se stesso) che chi partecipa di un legame affettivo: costui non è né solo né "non solo". Se così non fosse, l’individuo non avrebbe bisogno di sentirsi rassicurato e di rassicurare. L’abbraccio, i baci, sono la manifestazione di un’isteria. Dell’essere pietrificati di fronte all’incertezza. Sono il segno del limbo perpetuo nel quale si muove l’individuo: non si è né all’inferno né in paradiso.

L’amicizia è un rito apotropaico, il cui scopo sarebbe lo stesso del corno portafortuna che usano i napoletani.

I popoli caratterialmente più marziali sono quelli che si sottraggono, fin che possono, alle manifestazioni di affetto – vedi ancora oggi gli inglesi. O vedi un atteggiamento tipico delle loro classi dirigenti, dell'establishment: "sono stato educato così,  a nascondere i miei sentimenti". E questo, a sua volta, è pura tattica.

sabato 7 dicembre 2013

il sesso, gli istituti di sondaggi e la paralisi del capitale




Charcot presenta il caso della grande isteria
                                          
Uno dei grandi meriti dell'industria sondaggistica è l’avere insegnato al mondo che il maschio pensa al sesso ogni due minuti. Si potrebbe intitolare - questo capitoletto della storia dell’umanità - il dramma vero del capitale, oppure la catastrofe del capitale, perché c’è da supporre, anzi da credere, che ogni volta che il maschio pensa al sesso,