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giovedì 15 settembre 2016

L'intellettuale e il paradosso del mentitore

Gli intellettuali (le "scienze" umane) hanno tuttosommato poco a che fare col progresso umano, se si escludono quei grandi nomi (compreso Sofocle, che intuiva la questione) a giusto titolo entrati a far parte del novero dei classici - totalmente assenti oggi non perché non sia passato un numero sufficiente di anni per poterli considerare tali (Ars poetica) ma perché per i nomi di oggi, a quello che almeno si vede, non ci sarà nessuna speranza di memoria, se non per qualche futuro database. E si leggono, i classici, non per quello che dicono (si possono contare, anche qui, sulla punta delle dita coloro che hanno detto qualcosa che ha determinato un cambiamento nei modi di vedere di un'epoca) ma per come lo dicono. Inoltre gli intellettuali oggi rientrano quasi tutti nella schiera dei professori universitari. E le idee dei professori universitari non sono mai state di nessuna utilità, come lo è invece il lavoro di un muratore o di un operaio dentro una fabbrica. Non sono utili nemmeno ai loro studenti, che potrebbero trovare meno compromettente tentare di afffinare da subito il senso critico e fare una cernita degli errori contenuti nei libri da portare agli esami. Non è molto interessante sentire un intellettuale in televisione, o leggerne un libro, e non solo perché lo scopo è quello di copiarsi e scopiazzarsi a vicenda senza neanche accorgersi degli errori di coloro che citano. L'importante è che il discorso abbia una coerenza, in nome di quale logica è tuttavia da vedere, dal momento che per esempio una logica fuzzy, una logica polivalente, di origine booleana, sfuggirebbe completamente a questa posizione arcaica (tuttora della televisione, del web) del professore che parla di un certo argomento con cognizione di causa. Il paradosso del mentitore non potrebbero spiegarlo, resta per loro un paradosso, non avrebbe semplicemente, come in una logica fuzzy, un valore medio tra 0 e 1.

domenica 14 dicembre 2014

l'ironia e la mafia di Roma. Potentati economici a teatro

Non si riesce a capire in cosa consista l'ironia di un comico che prendendo spunto dagli scandali della "mafia romana" modifica una vecchia canzone - la società dei magnaccioni - e fa impazzire la rete. Ma i siti dei giornali titolano ancora e nuovamente: "si scatena l'ironia del web".

Credo di averlo già scritto: una società (lettori e produttori di babettii) che vuole fare della parola il centro della sua professione  o dei suoi interessi e non conosce il senso più elementare dei termini di cui si serve è una società che dovrebbe quanto meno andare a ripulirsi. Qui oltretutto non è nemmeno beffa, perché i mafiosi se ne fregano della tua chitarra di libero cantore: qui è soltanto il tuo meschino amor proprio che non sa tenersi distante, non sa prendere le distanze (questa sarebbe ironia) da una situazione piuttosto squallida e penosa per alcuni (i contribuenti). Quello che conta è che i giornali facciano il tuo nome, proiettino la tua bella trovata: te ne frega assai che questi papponi abbiano pappato.

Così, quello che diceva Pasolini un po' prima di morire (contenuto in un messaggio postumo, purtroppo ai radicali): "siate sempre irriconoscibili" (il senso era che il potere contro il quale lotti, scrivi, canti si approria di te e del tuo impegno) è esattamente quello che non interessa a questo Dado, a questo ultimo comico "impegnato": il cui lavoro viene megafonizzato proprio dai quei grossi siti (Messaggero, Repubblica, Corriere) che con tali trovate riescono a pompare l'utenza e a portare ancora più acqua al serbatoio degli introiti  (il Messaggero appartiene ai potenti Caltagirone, i noti ex palazzinari romani e oggi tra gli uomini più ricchi del pianeta) . Ecco la vera ironia sarebbe questa: che non solo non fai nessuna ironia, ma finsici per fare il gioco della parte che ha molti più soldi e interessi e ramificazioni economiche di coloro che attacchi. E sulla quale l'ironia  del web difficilmente si scatena, perché è proprio questa parte a determinare ciò che è ironico e ciò che non lo è. E che comunque - a giudicare dall'ignoranza crassa della lingua - non lo sarebbe in nessun caso.