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mercoledì 10 dicembre 2014

Il pendaglio da forca. Giuda salvato

All'interno delle primitive comunità cristiane la morte di Giuda Iscariota è un tipico esempio di ricerca di un sicuro capro espiatorio. Il tradimento è narrativamente - in funzione di exemplum - più appetibile della semplice sobillazione. In realtà il vero mandante del massacro e dell'omicidio di Gesù fu il sommo sacerdote Caifa, l'ipocrita ammantato di ricche vesti, il pupazzo che ossequiava i Romani e che pagò senza ritegno i trenta denari. Il vero pendaglio da forca, quindi, a rigore, non avrebbe dovuto essere Giuda ma Caifa, o meglio: Yosef Bar Kayafa: Giuseppe figlio di Caifa, altrimenti noto come Caifa. L'aver presentato come pendaglio da forca Giuda ha portato molta acqua al mulino della propaganda. Senza contare che se non ci fosse stato il suo sacrificio (cose dette e ridette dalle più serie riflessioni teologiche) non sarebbe stato possibile nemmeno il sacrificio di Cristo. Insomma la particolare fine di Giuda è un dato irrilevante della missione di Gesù e Giuda sarebbe stato anzi il primo a dover ricevere il perdono. La sua morte violenta (soprattutto in presenza di un pentimento) contraddice totalmente il piano salvifico e getta una luce aberrante, carica di retorica di bassa lega (manipolatrice), sul cristianasimo delle origini. E' una delle prime deviazioni dall'originario messaggio di Cristo.

giovedì 2 maggio 2013

Amor ch'a nullo amato




Mi viene da pensare che (conoscendo come vanno le cose nel mondo) è sempre vero che in amor vince chi fugge, non c'è possibilità di errore. Che si tratti cioè di una di quelle leggi della psicologia umana che restano oltretutto inalterate nel tempo. Quello che invece non sappiamo è se, parlando dell'amore di Dio, nel senso di amore che si ha per Dio, valga la stessa legge. Chiunque provi questo tipo di amore dovrà aspettare, sperare: e speranza  significa in latino, come anche in greco, attesa; di sicuro al termine di una lunga attesa sarebbe non facile, non bello, dover prendere atto che chi è fuggito dal divino, così come sulla terra, ne abbia al contrario conquistato l'amore e che questa legge non solo è universale ma ci si conforma anche il creatore dell'universo. E si potrebbero far rientrare, nei discorsi sull’amore, anche le tante riflessioni, odierne o passate, sull'amor di patria: il nemo propheta in patria - questione non da poco - è un esempio di come la stessa legge dell'amore dei sensi valga anche nell’etica. Andocide, famoso personaggio dei tempi di Pericle, di qualche anno più giovane di Alcibiade, venne colpito da una serie di disgrazie civili, una dietro l’altra, con vari esili tutti documentati, e ogni volta cercò di rientrare ad Atene, provò a riconquistarsi sempre senza troppo successo l’amore della sua città.

                                          Laocoonte, copia in porcellana - foto LuciusCommons

Devo ammettere non ho mai avuto molta simpatia per questo personaggio - e forse più che per l’uomo, per ciò che ancora oggi il suo più conosciuto gesto può moralmente significare, se è ormai appurato che per salvarsi da una condanna a morte denunciò dei "presunti" colpevoli nel famoso scandalo delle erme. Dice Andocide, nella celebre orazione detta Sopra il suo ritorno, parlando agli ateniesi e tentando di dimostrare che il suo amor di patria era sincero: “mi accorsi a un certo punto che la cosa migliore per me era di restarmene lontano e comportarmi in maniera tale da farmi vedere il meno possibile”. Non gli andò bene. Gli ateniesi fiutarono la malafede, un falso nascondersi, un falso fuggire. Il fatto curioso, nel caso di Andocide, è che se pure lo vediamo nutrire speranze, “aspettative", non doveva mancargli un certo ironico senso del reale. Quel suo farsi vedere il meno possibile si sarebbe rivelato il suo più vero destino; e dopo il definitivo esilio mi pare nel 392 se ne perdono definitivamente le tracce, non si saprà più niente di lui. Così, questo essere fuggito per sempre gli è giustamente valso in seguito, in epoca alessandrina, l’amore e la stima della sua nazione se fu inserito nella lista dei dieci più importanti oratori attici, anche se venne messo all’ultimo posto.