Che l'Italia sia una Repubblica democratica fondata sul lavoro lo dice la Costituzione, ma credo che una più giusta definizione (se i padri costituenti avessero avuto migliore capacità sintetica) sarebbe stata: L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul ritorno del pupazzo. Il pupazzo in politica non è tipico soltanto degli italiani, ma a differenza di altri popoli, che non si interessano minimamente di politica (inglesi, francesi, tedeschi eccetera) e si ritrovano il pupazzo di turno per puro caso, gli italiani lo vanno a cercare, se lo scelgono, passano mesi se non anni o decenni a guardarlo in televisione, a leggerne sui giornali. Indicano cioè l'esistenza di un meccanismo nevrotico, una coazione a ripetere. In realtà sarebbe un fenomeno molto più vicino ai fondamenti di una certa natura idealizzata dai fisici - ad esempio in termodinamica esiste la definizione di trasformazione ciclica. Mi ricordo una delle mie letture preferite di quando ero studente di fisica al biennio alla Sapienza: un libretto di Enrico Fermi, Thermodynamics, che lui stesso ricavò dalle note delle sue lezioni di fisica teorica del 1936 alla Columbia University. Dice Enrico Fermi:
Transformations which are especially important are those for which the initial and final states are the same. These are called cyclical transformations or cycles. A cycle, therefore, is a trasformation which brings the system back to its initial state.If the state of the system can be represented on a (V, p) diagram, then a cycle can be represented on this diagram by a closed curve such as the curve ABCD.
(Particolarmente importanti sono quelle trasformazioni nelle quali lo stato iniziale e quello finale sono gli stessi. Sono dette trasformazioni cicliche o cicli. Un ciclo quindi è una trasformazione che riporta il sistema al suo stato iniziale. Se lo stato del sistema può essere rappresentato tramite un diagramma (V, p), allora un ciclo può essere rappresentato con questo diagramma mediante una curva chiusa, come la curva ABCD).
La curva chiusa disegnata da Fermi, a illustrazione del concetto di trasformazione ciclica (ma avrebbe potuto disegnarne di altri tipi) è una sorta di ellisse, come una palla da rugby, inclinata, una specie di cervello di forma oblunga, come uno potrebbe immaginarlo in un alieno, almeno secondo le descrizioni dei visionari, di coloro che li avrebbero visti.
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mercoledì 17 dicembre 2014
lunedì 9 giugno 2014
Talento nello sport. Il maschio e la superstizione
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Rafael Nadal - photo www.rafaelnadal.com |
Vedere lo spagnolo Rafael Nadal, vera leggenda tennistica,
dotato di un atletismo che lascia letteralmente di stucco, che emoziona come pochissimi giganti del tennis nella
sua straordinaria e inarrestabile fisicità, nei suoi improbabili salti da una
zona all’altra del campo catturati nell’attimo della loro totale fissità, trionfatore per la
nona volta al Roland Garros, vederlo eseguire ogni volta che è alla battuta - e
prima che lanci la palla in aria - lo stesso “gesto apotropaico composto”
(toccarsi l’orecchio sinistro poi il naso poi l’orecchio destro poi ancora il
naso) oppure andarsene immancabilmente negli spogliatoi tra un set e l’altro, oppure dare due morsi
alla stessa banana tra un gioco e
l’altro, tutto per scaramanzia, per paura che le cose non vadano esattamente nel verso
giusto, vedere tutto questo, oltre che togliermi qualcosa di quella innegabile emozione che in un primo tempo registro, oltre che infastidire il me
spettatore, quasi che il pubblico debba essere grato a quei suoi gesti più che alla bravura, può dare
un’idea abbastanza buona di come il grande talento si nutra essenzialmente di
nevrosi.
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Novak Djocovic |
Djocovic, altro grande campione, il suo antagonista serbo nella
finale al Roland Garros, appariva al contrario, un vero maschio, un vero guerriero: il volto immobile, lo sguardo, i gesti sempre controllatissimi – salvo quando lancia, in un caso, rabbiosamente, violentemente la
racchetta per terra dopo un errore e la fa a pezzi. E tuttavia, Djocovic non
emoziona come Rafael Nadal.
giovedì 5 giugno 2014
tautologia, Cartesio e il Minotauro
In fondo una tautologia non è altro che una petizione di principio, la spiegazione di una proposizione fatta reclamando (richiedendo - petitio)
tale e quale - o mediante una forma sinonimica - l'intervento di quella stessa proposizione. Senza
averla quindi spiegata o definita ricorrendo a un qualche riferimento esterno. E’ il cosiddetto circolo vizioso. Il
meccanismo è lo stesso delle nevrosi ossessive e della coazione a ripetere, per come si definiscono nella psicanalisi freudiana – ad
esempio un uomo cerca di risolvere una difficoltà ricacciandosi
nella stessa difficoltà.
E’ sicuramente
il dramma intravisto da Cartesio, il precipizio nei pressi del quale sa di
muoversi o il tranello che mille e cinquecento anni prima gli era stato preparato dagli scettici seguaci di Agrippa, coi loro dialleli, che è un altro modo di chiamare le petizioni di principio:
"Si ha il diallele quando ciò che dovrà essere confermato riguardo alla cosa cercata ottiene garanzia della cosa cercata stessa." ( ὁ δὲ διάλληλος τρόπος συνίσταται, ὅταν τὸ ὀφεῖλον τοῦ ζητουμένου πράγματος εἶναι βεβαιωτικὸν χρείαν ἔχῃ τῆς ἐκ τοῦ ζητουμένου
πίστεως).
O questo è almeno quanto si legge nelle Ipotesi pirroniane di Sesto Empirico (I, 169). Insomma io posso affermare, come i matti, di essere il re di Francia e dire: la garanzia del fatto che sono il re di Francia la do io e soltanto io. Che è quello che, a volte disgraziatamente per l'ignaro interlocutore, succede anche in alcuni film, come quando nel Marchese del Grillo, il marchese, vestito da plebeo e pescato a giocare a carte con certa teppaglia romana, al gendarme che lo vuole arrestare dice: "alt! io sono il marchese del Grillo e non posso essere arrestato che su ordine di sua Santità ecc.", e il gendarme, il bargello, risponde: "mecoioni! io so il comandante generale francese della piazza di Roma, amico intimo di Napoleone ecc.". Cartesio, che era un gran furbo, subodora la trappola degli scettici e dei gendarmi insofferenti di filosofia, e avendo bisogno di dimostrare l’esistenza
di una realtà esterna al pensiero, a un certo punto (così come sarà il capo della polizia a riconoscere il marchese del Grillo già arrestato dal bargello) taglia finalmente la testa al
toro - o al Minotauro - e si munisce di un unico grande garante non più interno ma esterno, cioè Dio. Con buona pace di tutti.
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