Alcuni semplici versi di Lucano hanno creato non pochi problemi in
vecchi studiosi della sua opera e continuano a crearne in nuovi. Si tratta del passo in cui Pompeo rimprovera sua moglie Cornelia che piange sulla spiaggia di Lesbo dopo la disfatta di
Farsalo:
... tu nulla tulisti
bello damna meo: vivit
post proelia Magnus
sed fortuna perit:
quod defles, illud amasti.
... tu non hai subito alcun
danno dalla mia guerra:
dopo essersi battuto, questo “grande” continua a vivere
anche se la fortuna è morta: ciò che piangi è ciò che si è amato.
Vennero ritenuti questi versi “vergognosi” (abominable) da
Haitland nella sua introduzione all’edizione di Haskin. In un suo articolo nel Classical
Quarterly (On some Passages in Lucan VIII,
I, 1907, p. 75) J.J. Postgate ritiene la parole di Haitland eccessive anche se poi finisce per sposarne lui stesso la causa (“For the crude brutality of the
statement in the last four words there
is however no excuse”). E suggerisce, per attenuare questa supposta "brutalità" di intervenire sulla punteggiatura e di
inserire un punto interrogativo alla fine: quod
defles illud amasti? e il senso, secondo Postgate, dovrebbe essere, mi pare:
forse non ci sono già
più, che piangi? sono forse già morto?
L’interpretazione del
perfetto secondo l’uso tipico del sistema indoeuropeo (stato dedotto dall'azione), di azione cioè vista come conclusa nel
passato ma con conseguenze nel presente, amasti
per non ami più (vixerunt per sono morti
in Cicerone) è accettabile, ciò che invece è superfluo è l’intervento sulla
punteggiatura, non necessario. Ciò che
piangi (ciò che si piange), dice semplicemente Pompeo, è ciò che hai amato (ciò che si è amato, e che quindi non c’è
più). In altri termini: una moglie piange il marito quando è morto.
I versi che immediatamente precedono indicano d'altronde che questa linea di
interpretazione è quella giusta, lì dove Pompeo dice a sua moglie che piangere il proprio marito deve essere l’ultima cosa a cui affidarsi, l’ultimo credo:
... ultima debet
esse fides lugere
virum ...
(Londra, 2001)
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