lunedì 8 luglio 2013

Tacita democrazia, ellissi e manipolazione



Dice Tacito, nel libro quindicesimo degli Annali, che le persecuzioni dei cristiani volute da Nerone (usati anche come torce umane) facevano nascere nella cittadinanza un nuovo sentimento di
compassione, perché sebbene si trattasse di punire "giustamente" dei colpevoli, tali uccisioni sembravano essere piuttosto il segno della crudeltà di un singolo (in saevitiam unius) che uno strumento al servizio della pubblica utilità (tamquam non utilitate publica), del tornaconto pubblico. Una reazione quindi del cittadino di allora che non sembra essere molto differente da quella a cui si allude col moderno concetto di indignazione pubblica, il sentimento di scandalo della pubblica opinione, dell'opinione diffusa; ma un sentimento, quello di allora, in realtà anche più diretto: una coscienza non ancora manipolata dalla dittatura dei mezzi di informazione. Ciò che invece non è chiaro, di quanto scrive Tacito, è che cosa si intenda per pubblica utilità; sempre che non si vogliano introdurre degli elementi paratestuali, gli aspetti più propriamente biologici del suo stile, la sua biografia - ad esempio quello stesso soprannome dato alla sua famiglia: Tacito (ammesso che sia sempre vero, come dicevano gli antichi, che nomen omen, che il destino di ognuno sia già scritto nel nome).

È in effetti un appellativo, Tacito, che farebbe pensare a una delle sue tecniche più caratteristiche, l’ellissi (la quale, se appare in misura più o meno significativa in tutti gli scrittori latini, in lui lo è in forma paradigmatica). L'ellissi è il tacere stilisticamente qualcosa: l’omettere, in un discorso o in una narrazione, una parola, un aggettivo un verbo ecc., in modo da ottenere un più poderoso effetto artistico o di persuasione. Tacito, considerata anche l’intelligenza storiografica, e indipendentemente da certe sue disgustose complicità col regime di Domiziano, delle quali finirà lui stesso, giustamente, per accusarsi, sa che alle narrazioni storiche l'ellissi giova sempre: è utile all'economia del discorso. Anche se poi non è difficile immaginarsi un Tacito che ogni tanto senta anche il bisogno di aggiungere un qualcosina in più - introdurre una parentesi, un chiarimento - se ciò non andasse, ripeto, contro la sua natura di scrittore, e contro le aspettative dei critici. E ci sembra quasi di sentirlo tacitamente aggiungere, nel passo in questione: 'per quanto possa darsi un "tornaconto pubblico" in una concezione dello Stato che è fondata sul tornaconto personale del principe, cosi come la precedente democrazia senatoria, di cui Giulio Cesare sancì la fine, era fondata sul tornaconto dei latifondisti, e quindi di democrazia (Senatus Populusque Romanus) aveva soltanto il nome’. Un po' troppo lungo, insomma, banalmente didascalico, e quindi noioso.

Non è comunque un caso che ancora oggi la noia (in senso moderno almeno dai tempi di Baudelaire) venga considerata uno dei peggiori nemici del benessere mentale, e che ci sia tutta una corsa di giornali e televisioni a superarsi in questa tecnica dell’omissione  – quindi comunque della manipolazione (perché qui  il talento stilistico è zero), tanto che il lettore più "scafato" ha l'impressione che i giornalisti di oggi vogliano imitare gli storici di ieri. Ma imitarli soltanto nel numero di parole usate, perché per il resto questi strumenti delle più moderne democrazie, si reggono sul gossip e sulla mancanza assoluta di pensiero: sono per definizione fondati sull’effimero, su ciò che dura un niente, come vuole anche il termine greco (efìmeron, che dura un giorno) mentre Tacito sono duemila anni che è nell’aria.  

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