giovedì 19 febbraio 2015

perché Dio ama gli omosessuali e non ama gli stupidi che parlano in suo nome

Scrive un forumer in un blog sull'ateismo:

"It's amazing how Christian apologists will bend over backwards to justify their beliefs in the face of the atrocities that their faith condones."

Non troppo lontano dal vero. Direi comunque che proprio questo continuo, inquieto, autoreferenziale muoversi a battaglia degli apologisti cristiani, più che risolversi in un cadere col culo per terra ("fare uno sforzo immane pur di ottenere qualcosa", "farsi in quattro", è il senso più tipico di "bend over backwards"), assume, se osservato alla giusta distanza, le cadenze e gli schemi di una rinnovata danza: di una danza ovviamente biblica, una danza delle Sacre Scritture". Si danza per qualcuno, e per ottenere la testa di qualcuno, alla manierà di
Salomè. L'unica differenza è che la danza di Salomè, la danza dei sette veli, era legata a un canone fisso: tale era e tale resta nei secoli, gli apologisti delle varie confessioni sono invece, per forza di cose, autonomi e disinvolti "danzatori", la coreografia è piuttosto libera: la Bibbia, nel suo insieme, permette di ballare la rumba come il tango, il valzer come la polka o la mazurka, e perfino qualche danza più colta, alla maniera del teatro danza, anche se dubito che la grande poeticissima Pina Baush avrebbe amato certa mondezza ideologica.

La melodia è sempre la stessa, con molte variazioni di metro, molte sostituzioni di ritmo. Qualcuno (in genere un progressista) respinge mettiamo le pretese libertarie del Cristianesimo, fa osservare che tanto per cominciare la Bibbia non è per niente luogo di libertà, e che dà per scontate oscenità come la schiavitù - e su questo avrebbe ragione, perché è detto e ripetuto in tutte le salse: in Levitico, Esodo eccetera. Non riuscendo di conseguenza a produrre nessun testo dell'Antico Testamento che vada in senso contrario, e avendo capito che gli oppositori non ci cascano più sulla storicizzazione dei testi (dovresti altrimenti spiegare perché questo è perdonabile e questo no) gli apologisti ritornano all'attacco, si lanciano nell'ennesima e virtuosistica piroetta, preceduta, se è il caso - e perchè no? - come alla Scala o alla Fenice, da un pas de deux, e da un en pointe: si ritrovano cioè a secoli di distanza dall'Esodo e dal Levitico: si ritrovano a citare il Nuovo Testamento. Gesù, dicono, parla di amore e fratellanza, col che la questione della schiavitù per noi apologisti è risolta! Salvo che anche a Gesù il vangelo di Luca attribuisce parole (e non credo proprio siano di Gesù) che farebbero della schiavitù una condizione naturale, in linea con quanto comunemente accettato nell'antichità - e questo anche a voler immaginare nella Palestina e nel mondo giudaico di quei giorni una visione meno rigida che non nel più distante oriente o a Roma, o addirittura quattrocento anni prima nel mondo greco (una definizione della schiavitù quale "condizione naturale" si trova espressa tra i greci, con una nonchalance da faccia da schiaffi, in Aristotele, nel trattato sulla politica).

Questo balletto, questo ossessivo tappabuchi, non avrà mai fine. Il fatto è che questi violenti apologisti (chiamarli apologeti sarebbe un regalo), formati da altrettanto mediocri apologisti (il Cristianesimo ha accumulato nei secoli più cattivi maestri di quanti non ne abbiano avuti il Giudaismo e l'Islam messi insieme) questi apologisti con dentature e dentiere da latte si ritrovano inevitabilmente a fare i conti con norme scritturistiche che oggi, in un'estetica un tantino modificata rispetto al passato, sono considerate spaventose atrocità, e che i cristiani più moderati non vogliono sentire, né da un orecchio né dall'altro, nemmeno come elementi folcloristici, e preferirebbero vederle proprio cancellate dal testo sacro - basterebbe pensare alla pena prevista nel Levitico per gli adulteri, sulla quale questi apologisti col forcone perpetuo hanno dovuto ben presto ingoiaire i sorci, un chiudere non uno ma tutti e due gli occhi, anche perché se si fossero applicate alla lettera le Sacre Scritture, l'umanità cristiana si sarebbe completamente estinta, o comunque ridotta ai minimi termini. Naturalmente anche su questo, sull'adulterio, sul fatto che il riferimento alla pena capitale continua a essere sempre lì visibile, prevista dalla Bibbia, quando glielo fai notare gli apologisti ti rimandano di nuovo a Gesù, ai vangeli, alla nozione di perdono, e si dimenticano che il san Paolo personaggio delle lettere, scherzava anche lui molto poco con gli adulteri (non solo con gli omosessuali). Quindi come fai a uscire da questo circolo vizioso se non abolisci la Bibbia in toto? voglio dire, se abbatti un muro portante crolla tutta la casa.

E il muro portante del Cristinesimo non è il Vecchio Testamento: è la mediazione del san Paolo personaggio delle epistole, con tutto il loro fondo di aderenza storica e ricerca di coerenza. Un san Paolo che la schiavitù non condannava affatto, e che non conobbe Gesù nemmeno da lontano, nemmeno nella delirante visione sulla via di Damasco che l'autore degli Atti gli attribuisce, non a caso ridimensionata, anzi proprio eliminata, dagli intelligenti falsari che hanno ideato le lettere.

Potrebbe invece san Paolo aver conosciuto in effetti il colto rabbino Gamaliele, dato per suo maestro, un fariseo, il che sarebbe tutto dire. Ambigua la posizione di Paolo (del personaggio Paolo) come ambigua è sempre stata la posizione dei tannaim , dei maestri della tradizione farisaica, che relativizzava, ad uso e consumo del sistema capitalistico, la Torah - Hillel in fondo, colui che dei farisei riassumeva a meraviglia la posizione (in tempi in cui inizia a formarsi il Talmud e la Mishnah), era nato sessant'anni prima di Cristo. Ambiguo è il personaggio san Paolo, come ambiguo è tutto, nelle sue lettere  - ubbidisci al padrone come se ubbidissi a Dio (Efesini, Colossesi eccetera). Ma poi, in Galati 3:28: non esiste più nè giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna (e verrebbe da aggiungere: non esiste allora né eterosessuale omosessuale). Ma siccome gli schiavi di fatto esistono, ubbidite. Non diversamente da come si esprimerebbe oggi un qualsiasi grosso giornalista di regime, uno Scalfari, per esempio, che da ostentate posizioni pseudo libertarie non ha altra funzione se non di gendarme del sistema banacario e finanziario. E questo capovoglimento della contraddizione, questo assolutismo di fondo annacquato di relativismo, ancora ai tempi in cui si formano le lettere di san Paolo, non è altro che pappa farisaica, non ci piove: direi proprio pappa hilleliana (è lo stesso relativismo che si ripesca nella parabola dello pseudo Gesù riportata da Luca). Il capovolgimento (in una prospettiva del salvare capra e cavoli), è introdotto metaforicamente. State allegri, fratelli schiavi, la schiavitù non esiste, il padrone è Dio (Colossesi 4:1).

Non oso nemmeno immaginare come risponderebbero i tanti omofobi cristiani dalla pancia satolla che albergano, come in singoli atolli, in quasi tutte le confessioni - sono noti in tutto il mondo i violentissimi cartelli che innalzano questi sedicenti apostoli del Cristianesimo fuori dei tribunali americani dove si celebrano processi per crimini d'odio (hate crimes): God hates fags! - Dio odia i froci. Slogan di sostegno, si capisce, al crimine, di approvazione dell'omicida e dell'omicidio. Si tratta di istigazioni a delinquere tollerate per ragioni di posizionamenti elettorali dalle autorità. Non so nemmeno quale punto della Bibbia andrebbero a ciucciare o hanno già ciucciato questi sedicenti cristiani per spiegare l'effettivo pensiero di Cristo su questa questione dell'omosessualità, la quale non è altro, religiosamente (moralmente), che la questione di ciò che può o non può contaminare il corpo, come sollevata in  Marco 7.14. Prende spunto, Gesù, dall'accusa rivolta ai suoi discepoli di mangiare senza lavarsi le mani, ma immediatamente, col movimento caratteristico di un vero maestro, che parla cioè per aforismi (è l'unica chiave per risalire a detti effettivamente pronunciati da Gesù), con formule di non facile comprensione, il Cristo finisce per generalizzare:

E chiamata di nuovo la folla disse: ascoltatemi tutti e  i n t e n d e t e: non c'è niente di esterno all'uomo che una volta entrato in lui possa accumunarlo a sé ma sono le cose che escono da lui che lo accomunano a sé.

Sarebbe troppo facile fare una battuta sul meccanismo fisiologico della sodomia e sul fatto che, se vista in termini di esterno/interno, rientrebbe tra le cose che non "contaminano" affatto moralmente l'individuo, e che quindi a rigore Gesù non condanna.

Il greco κοινῶσαι viene normalmente, abusivamente, tradotto con profanare, contaminare, che è un'accezione già derivata, ma il suo senso qui, in Marco, è quello originario, causativo: si è contaminati nel momento in cui si è resi comuni alla cosa che contamina.

 Le cose che assimilano a sé l'uomo, che lo rendono simile a se stesse, come spiega Gesù ai discepoli in privato - ai discepoli, che non capiscono il senso delle sue parole - sono quelle che escono, non quelle che entrano: sono i "cattivi calcoli" (οἱ διαλογισμοὶ οἱ κακοὶ - anche qui dialogismoi sarebbe propriamente calcoli più che intenzioni, come erroneamente viene sempre tradotto (l'intenzione - il tendere con le necessarie forze a qualcosa - presuppone un calcolo: è una condizione che una volta stabilitasi deve permanere almeno con la stessa intensità se si vuole ottenere lo scopo, ma il calcolo deve per forza essere già  avvenuto). E tra i calcoli ai quali l'uomo si dedica, tra i calcoli che lo trasformano in questi stessi calcoli, che lo accomunano a se stessi, ci sono quelli che mirano ai soliti obbiettivi: furto, adulterio, omicidi, inganno, malocchio (ὀφθαλμὸς πονηρός), diffamazione, arroganza, stupidità. Anche la stupidità evidentemente presuppone un calcolo. Ne resta uno: un riferimento che non fa sconti a nessuno: né agli omosessuali né agli eterosessuali: è quello che viene detto ambiguamente πορνεία, che nell'Antico Testamento traduce sempre l'ebraico זְנוּנִים (zenunim) - cioè il fare soldi vendendo il proprio corpo, in altre parole vendendosi - ma in ebraicovale anche tradire (il coniuge): abdicare quindi al proprio cervello per assumere i cattivi insegnamenti dei cattivi maestri e trasformarsi in megafono o strumento di crimini contro il prossimo.

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