domenica 13 luglio 2014

la scienza terrorizzata



Si potrebbero chiamare assolutisti tutti quei sistemi filosofici (Cartesio compreso) la cui bestia nera è il relativismo. In tutte queste filosofie, fino a Kant, il relativo viene relegato al concetto aristotelico di modalità in cui si predica l’essere nelle cose, cioè alla categoria. Ci sarebbe cioè impossibilità per la sostanza  di accogliere contemporaneamente, in atto, le differenze (o gli opposti, che ne sono un  caso particolare): ciò che porterebbe, se avvenisse, alla contraddizione suprema: una certa cosa non può, in sé, essere contemporaneamente questo e quest’altro. Questo modo di pensare, che sembrerebbe respinto dai sistemi filosofici più recenti (quelli che eliminano Dio dal sistema stesso) è tuttavia ciò su cui continua a fondarsi il senso comune (lo stesso che giustifica l'esistenza dei manicomi), sorretto, in questo suo errare, dal modo di vedere le cose che gli offre l’assolutismo della scienza. La scienza non fa altro che assicurare che l’acqua è acqua e il vino è vino. Un vero terrore, quindi, il suo, tipico di tutti gli assolutismi: da un lato è costantemente afflitta dall'idea di un possibile crollo della sua impalcatura dogmatica (dovrà perciò continuamente dimostrare di essere nel giusto), dall'altro si illude di poter scuotersi di dosso questa afflizione facendo ricorso all'unico metodo che le è congeniale, quello del terrore "sistematico": terrorizzando, tentando di fare, in un certo senso, terra bruciata.

Il miracolo di Cana, nonostante sia stato recuperato all’interno di un sistema dogmatico (la fede), in fondo non resta altro che una metafora: la possibilità, se lo si vuole, di ribaltare ogni secondo proprio questa visione dogmatistica della scienza. Insomma sarebbe più dogmatica la scienza che la fede. Il vino può essere acqua e l’acqua può essere vino. Così come il vino può essere sangue. Basta infatti che un solo individuo consideri quel vino nient'altro che sangue, che il caposaldo principe del metodo scientifico, l’induzione, vada a farsi friggere: non posso più dire: poiché questo è vero per questo individuo, e per quest’altro e per quest’altro ancora, fino al termine "n", allora è vero per tutti, e ne ricavo il concetto di osservatore scientifico obbiettivo. A un certo momento troverò l’individuo per cui ciò non sarà più vero e quindi il metodo dovrà fondarsi per forza sulla statistica, che è l'unico strumento matematico con cui si possono descrivere i fenomeni della fisica atomica e nucleare, che fu anche il primo colpo ricevuto dal suo interno dalla fisica classica: colpo che come si è visto, era stato inferto, per l'ennesima volta, in Occidente, due millenni prima dal miracolo di Cana (tutte le filosofie che accettavano il relativismo come struttura dell'essere l'avevano già fatto: Anassagora col suo tutto mescolato col tutto, Democrito e il suo vuoto e pieno presenti in maniera indifferente in qualsiasi parte della realtà eccetera). Tanto che della scienza si potrebbe dire quello che dice Omero di Eurialo, il quale dopo essere stato colpito:

di qua e di là ciondolava il capo diversamente pensando (κάρη βάλλονθ' ἑτέρωσε· / κὰδ δ' ἀλλοφρονέοντα)

diversamente pensando, cioè dando i numeri - esempio citato da Aristotele nella Metafisica, nel libro IV, per confutare però non i preconcetti della scienza  e il dogmatismo scientifico ma il relativismo.

Paradossalmente (e il miracolo è, classicamente parlando, un paradosso, un ribaltamento del senso comune) sono proprio i vangeli, con il loro apparente dogmatismo, a esprimere, nel corso di  tutta l'era cristiana, il più spiritoso, leggero relativismo, a scuotere continuamente dalle fondamenta il battistero delle certezze (si rilegga da cima a fondo tutto il discorso della montagna).

La lotta al relativismo, condotta dalle sentinelle del capitale (i grossi sistemi metafisici, a partire da Platone e Aristotele), è d’altronde comprensibile: mina, come un tarlo che si insinui nel legno, tutto ciò che l’uomo costruisce di morale e religioso:  i due strumenti sui quali in ogni tempo si regge la nozione di accumulo, mutuata a sua volta dalla violenza della natura. Eppure, la natura, vista dalla Terra, contiene alcuni antidoti contro la sua stessa violenza. Uno di questi, come ho già scritto, è il principio femminile, l'altro è il relativismo. Nel momento in cui la natura decide di farsi molteplice, allora è come se accettasse che il relativismo la contraddica.

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