mercoledì 30 luglio 2014

ancora su Eraclito: traduzione e false friends

E' difficile che un traduttore dal greco antico vada fuori tiro, che toppi (soprattutto nell'attuale clima produttivo delle università, di ossessivo controllo filologico, ogni cosa eseguita ritualmente nell'orizzonte di attesa dei colleghi che ti devono leggere e che stanno col fucile puntato addosso se sbagli una semplice virgola e soprattutto se non citi le loro illegibili, incoerenti sciocchezze, che comunque non leggerebbe nessuno) ma succede. Come nel caso della traduzione ancora usata di Diogene Laerzio, curata parecchi anni fa da un grande della filologia e papirologia, Marcello Gigante (e qui non è una virgola), il quale traduce o fa tradurre, dando luogo così a dei curiosi false friends, astrologìa con astrologia (I, 23) e poi qualche riga sotto la intende invece giustamente come astronomia, o dedicarsi all'astronomia, non ricordo, ma il greco è ἀστρολογῆσαι, che vale appunto occuparsi di astronomia, detto in questo caso di Talete, attività che secondo Diogene Laerzio anche Eraclito confermerebbe (μαρτυρεῖ δ' αὐτῷ καὶ Ἡράκλειτος) cioè "gli rende buona o favorevole testimonianza".

In realtà, nel passo in questione, erroneamente tradotto, si parla semplicemente di un'opera che andava sotto il nome di Talete (la ricordava ancora Plutarco già prima di Laerzio, e tre secoli dopo Laerzio la ricorda ancora Simplicio nel commento alla Fisica di Aristotele) ma ritentuta composta da un Foco di Samo, l'Astronomia nautica (ναυτικὴ ἀστρολογία), non certo l'astrologia nautica, perché consigliare a dei marinai di affidarsi al destino (a quello che è già scritto negli astri) piuttosto che alla scienza astronomica, era considerato anche ai tempi di Talete (che secondo Callimaco aveva fatto non modeste scoperte se tuttora alziamo i nostri moderni nasi a osservarle), come il classico darsi una martellata sui piedi:


Callimaco lo conosce scopritore dell'Orsa minore, così come si legge nei suoi giambi:

"E del Carro si dice abbia misurato
le piccole stelle, con le quali navigano i Fenici"

(Καλλίμαχος δ' αὐτὸν οἶδεν εὑρέτην τῆς ἄρκτου τῆς μικρᾶς, λέγων ἐν τοῖς Ἰάμβοις οὕτως·

     καὶ τῆς Ἀμάξης ἐλέγετο σταθμήσασθαι
     τοὺς ἀστερίσκους, ᾗ πλέουσι Φοίνικες. [Diog. I, 23])

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