sabato 16 agosto 2014

scontro tra generazioni e mistificazione della dialettica

Ci sarebbe da chiedersi a che punto si sia nella cosiddetta dialettica generazionale, comunemente intesa come scontro tra generazioni. E anche dialettica è termine che pure nel linguaggio comune è più o meno correttamente inteso, anche se usato a sproposito - la dialettica, nelle filosofie idealiste, presuppone sempre una avvenuta scissione di cui l'intelletto è causa e che anzi l'intelletto non fa che moltiplicare, stabilire all'infinito attraverso le opposizioni, in un suo tentativo, anzi in uno sforzo sovrumano di comprendere il reale - così certamente in Hegel; opposizioni che all'intelletto si presentano apparentemente come caratteristica più propria delle cose (a partire dall'opposizione del giorno e dalla notte: luce assenza di luce - con la forzatura che hanno sempre operato tutte quelle religioni che vedono invece la luce nascere dal buio, essere successiva al buio; e così anche il caldo e il freddo, il dolore e il piacere, la fame e la sazietà, la sete e la mancanza di sete).

Ma ovviamente la scissione è presente anche già in Platone: la descrizione dell'anima nel Fedro, l'immagine dei due cavalli, il cavallo nero e quello bianco, le sue due nature, quella che fa gravare verso terra e l'altra che spinge verso il cielo, verso l'iperuranio. In fondo non si tratta che di riconquistare, in questa visione delle cose, una supposta armonia preesistente che sembra offuscarsi per colpa del processo conoscitivo, il quale opera per opposizioni: una ricomposizione che secondo l'assolutismo di Hegel sarebbe possibile soltanto per mezzo della Ragione, non certo con l'intelletto, che continua a scindere il reale all'infinito. E tutto questo ovviamente attraverso un necessario processo storico (ci sarebbe da chiedersi anche come sia potuto avvenire che Nietzsche - nelle cui pagine non si trova mai un singolo punto di esaltazione del concetto di assolutismo, semmai il contrario - come sia stato possibile associare (anche ammettendo le colpe della sua odiata sorella, l'antisemita e nazista Elisabeth  Förster, la manipolazione dei suoi scritti) come sia stato possibile anche lontanamente associarlo al Nazismo, dal momento che la sua opera non è altro che una condanna senza eccezioni di ogni futuro nazismo, e non si sia invece associato al Nasizmo proprio Hegel, la cui idea di Storia quale tribunale del mondo (vedi il la sua filosofia del diritto) non può che portare, nelle sue conseguenze politiche, alla giustificazione di tutti i genocidi di questo mondo, a far riconoscere come necessità tutti gli assolutismi: non può che portare, l'idealismo di Hegel, alla giustificazione di tutte le Hiroshima e Nagasaki, a rendere giustificabile e incontrovertibile l'idea che nel mondo ci saranno sempre desaparecidos  - e in effetti quale sentenza di condanna avrebbe emesso questo fantomatico tribunale della Storia nel caso di Hiroshima e Nagasaki?). D'altra parte, la stessa Fenomenologia dello Spirito di Hegel è un delirio di onnipotenza del pensiero: è un perfetto delirio intellettualistico nel quale lo stesso fascinoso movimento della sua scrittura non fa che imitare un immaginato movimento dialettico che la coscienza naturale metterebbe in scena per arrivare a fare piena esperienza di sé come coscienza vera - e il punto dolente della dialettica di Hegel non è altro che questa concezione di una coscienza unica.

Ma anche ipotizzando la verità di un movimento dialettico della Storia, l'applicazione del termine dialettica allo scontro tra generazioni non sarebbe che un errore metodologico, di chi non comprende come funziona l'oggetto che a messo a punto, o di chi se ne serve senza sapere quando utilizzarlo. E' l'equivalente di un abuso ideologico. Questo scontro tra generazioni non si origina mai da un'armonia iniziale ( lo scontro tra generazioni si è tra l'altro oggi più che mai appiattito: il figlio non contesta più nemmeno il padre, che avrebbe capito come tenersi buono il figlio servendosi dei buoni auspici di uno sviluppo tecnologico sempre più accelerato: basta, a comprarsi il figlio, comprargli l'ultimo cellulare presente sul mercato, che non a caso avrà un tasso di obsolescenza elevatissimo). Permanendo tuttavia l'errore di considerare storicamente lo scontro tra generazioni come una dialettica, postulando il recupero di una supposta e inesistente armonia iniziale (non a caso la natura - a parte le eccezioni che confermano la regola - ha posto la femmina a protezione della prole: a proteggerla da un padre fagocitante) non si riuscirà a esplicare la sostanza di questo conflitto nella forma più giusta, cioè di una equazione: di un'identità (non armonia). Passati gli anni della contestazione, il figlio si fa sempre più simile al padre anche fenomenicamente (tale padre tale figlio): ne eredita gli strumenti di coercizione e dominio. In altri termini, questo supposto scontro generazionale, lungi dall'avere come scopo un recupero armonico attraverso il superamento nella storia di una posizione preesistente, è la riproposizione della stessa identità iniziale: la distruzione del padre per prenderne il posto non è altro che la conferma di un'assenza totale di movimento, di progresso (progredior - vado avanti). Tanto che per provare nella storia l'inesistenza di un qualsiasi movimento dialettico, di sviluppo, di superamento di una vecchia posizione assimilandola, basterebbe chiedere, a un qualsiasi ragazzo che vent'anni fa contestava il padre: voglio vedere da che parte stai oggi: se non stai esattamente dalla parte dalla quale non ti sei mai mosso (non solo non si è realizzata nessuna armonia ma permane lo stesso rapporto, la stessa identità di intenti di sempre, tra te che sei a tua volta diventato padre e vuoi mangiarti tuo figlio e tuo figlio che attende il momento più opportuno per ingoiare te - tutto questo ancora al di qua di una coincidenza degli opposti, visto che Cusano intende questa espressione teologicamente al di là del principio di identità).

Lo stesso d'altronde si potrebbe dire della opposizione che per esempio Cacciari vedrebbe alle origini della civiltà Europea: quella coscienza geografica di sé che si originerebbe nel sesto secolo dell'era pagana: lo scontro con l'Asia (la nascita della coscienza, anche geografica, in realtà non può essere così tarda: la coscienza si realizza nel momento in cui l'individuo inizia a percepire un qualsiasi confine: la separazione dall'altro o dalle cose). Anche qui non c'è nessuna scissione né armonia iniziale: c'è immediata comunanza di intenti espressa da posizioni apparentemente contrapposte, come in uno specchio: e c'è la spinta all'accumulo: il concetto di accumulo mediato dalla violenza della natura, quello che io chiamo il capitale in un'accezione allargata rispetto alla visione marxiana: sia che si guardi questo concetto di accumulo dal punto di vista degli europei sia che lo si guardi da quello degli asiatici. Vedi anche quanto ho scritto nel post intitolato Storia del mondo in mezza pagina.

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