venerdì 6 maggio 2016

Vocali al servizio della religione

Un greco dei tempi di Erodoto o un latino dei tempi di Varrone, i quali pur non sprivvisti di vocali disponevano di un gran numero di parole terminanti in consonante, se ascoltassero parlare gli italiani non sentirebbero che un continuo a-o-a-i-e-o-u-a-e-i-o-a-i-o-u-i-e-a ... Gli italiani, senza vocali, sarebbero persi, non saprebbero a che santo votarsi se è vero che riempiendosi la bocca di a-e-i-o-u continuano semplicemente un percorso di lamenti: un'attitudine in certo senso religiosa - cattolica, la nostra - nemica di tutto ciò che è civico, se per civico si intende il contrario di tutto ciò che è istituzionalmente religioso e violentemente intollerante. E continuano, gli italiani e i cattolici, una tradizione anche più antica della loro, e sicuramente meno feroce. E' con le vocali, in fondo, che i sacerdoti egiziani celebravano gli dei. Vedi quanto dice Demetrio Falereo nel De elocutione

 Ἐν Αἰγύπτῳ δὲ καὶ τοὺς θεοὺς ὑμνοῦσι διὰ τῶν ἑπτὰ φωνηέντων οἱ ἱερεῖς, ἐφεξῆς ἠχοῦντες αὐτά, καὶ ἀντὶ αὐλοῦ καὶ ἀντὶ κιθάρας τῶν γραμμάτων τούτων ὁ ἦχος ἀκούεταιì. (71, 1-5)

In Egitto i sacerdeti inneggiano agli dei per mezzo delle sette vocali, emettendole di seguito, così che invece del flauto e della cetra si sente il suono di queste lettere.

Ma le testimonianze sono innumerevoli, anche se stranamente si accumulano in maniera ossessiva proprio nei primi secoli dell'era cristiana, quando il cattolicesimo si avviava a diventare religione omicida (i settemila non catolici massacrati a Tessalonica da Teodosio, le distruzioni dei templi di Efeso e di Marnas, i massacri del vescovo Teofilo a Alessandria eccetera). Si potrebbero citare, "a cavaliere" o "a fante" di una tradizione ancora pagano-cattolica, Servio, Porfirio, Eusebio, Giamblico. Per esempio negli scoli vaticani dei commenti alla Techne grammatike di Dionisio Trace si trova la seguente chicca (si tratta sicuramente di materiale di Porfirio):

Ταῦτα γὰρ τὰ φωνήεντα τοῖς πλάνησιν ἀνάκεινται· καὶ τὸ μὲν <α> φασὶ τῇ Σελήνῃ ἀνακεῖσθαι, τὸ δὲ <ε> τῷ Ἑρμῇ, τὸ δὲ <η> τῇ Ἀφροδίτῃ, τὸ δὲ <ι> τῷ Ἡλίῳ, τὸ δὲ <ο> τῷ Ἄρει, τὸ δὲ <υ> τῷ Διί, τὸ δὲ <ω> τῷ Κρόνῳ. (p.198, 4 ed. Hilgard)

Queste vocali sono dedicate ai pianeti [divinità]: la A alla Luna, la E a Mercurio, la ETA a Venere, la I al Sole, la O a Marte, la Y a Giove, OMEGA a Saturno.

E in Apuleio, nell'undicesimo delle Metamorfosi, Lucio, che non ha ancora ripreso le sembianze umane, in forma quindi di asino, dopo essersi svegliato da un incubo si lava immergendo la testa (e la criniera) ben sette volte nel mare:

numerum praecipue religioni aptissimum divinus ille Pythagoras prodidit

un numero tramandato dal divino Pitagora come adattissimo alla religione,

non solo in accordo col numero delle vocali dei latini e dei greci, appartenendo il testo ancora a un robusto paganesimo, ma aprendo la strada anche al futuro sette cattolico romano (sette come le peccata), e al Settebello (gioco di carte e treno) e al Tresette - come dimenticare che l'asino d'oro di Apuleio, che pur emettendo vocali raglia, è debitore, nel titolo, alla Citta di Dio di sant'Agostino, il quale ci avrà sicuramente visto una storia di conversione?

Ma per tornare all'Italiano, alla lingua, e alle sue radici nella religiosità antica, il fatto che sia il paradiso delle vocali non significa che altre nazioni meno provviste non si siano date ugualmente da fare, dal momento che, a sentire sempre alcuni autori antichi, la divinità non la si venera unicamente con le vocali ma anche attraverso schiocchi, fischi, sibili e altri suoni inarticolati di ogni genere - si sa per esempio che nelle parlate zulu predominano i click, i battiti di lingua, il tedesco soffia e sibila e abbaia, gli inglesi hanno ugualmente un gran numero di aspirate, gli spagnoli seguono i latini (non tutto è vocale) e c'è molto di gutturale o semitico, i francesi tendono a smorzare le vocali in semivocali, l'arabo e l'ebraico raschiano come e più degli spagnoli - giapponese e cinese, in quanto a vocali finali si sposano con l'italiano ecc... E si potrebbe, in questo gran calderone dei suoni al servizio della religione di ognuno, citare Nicomaco di Gerasa, il matematico, :

διὸ δὴ ὅταν μάλιστα οἱ θεουργοὶ τὸ τοιοῦτον σεβάζωνται, σιγμοῖς τε καὶ ποππυσμοῖς καὶ ἀνάρθροις καὶ ἀσυμφώνοις ἤχοις συμβολικῶς ἐπικαλοῦνται. (Excerpta, 6, 12-15).

perciò i teurgi ogni volta che veneravano, invocavano simbolicamente per mezzo di sibili e schiocchi e suoni inarticolati e discordanti.

Ma per lo stesso discorso varrebbe ugualmente bene un testo magico conservato in un papiro del terzo secolo dell'era cristiana, il papiro W di Leida, che contiene estratti dai libri apocrifi di Mosè. Si parla di procedure e figure da utilizzare durante alcuni riti

αὐτὸς γὰρ ὁ ἱερακοπρόσωπος κορκόδειλος εἰς τὰς δʹ τροπὰς τὸν θεὸν ἀσπάζεται τῷ ποππυσμῷ. (p. W, p. 2, 40-41 - p. 85, v. 2, ed. Leemans).

Lo stesso coccodrillo col volto di falco, [rivolto] secondo le quattro conversioni, saluta il dio [sole] con uno schiocco.

Ecc. ecc.




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