lunedì 2 dicembre 2013

calcio, amore mio poco virile



Devo riconoscere che così come alla maggior parte degli uomini anche a me piace il calcio. E mi piace non guardarlo in televisione, mi piace andare allo stadio: ci andavo da ragazzino, lupetto della Roma, e ci vado ancora oggi quando posso, a Roma o a Londra; mi piace avere sotto gli occhi sempre tutto il campo, guardare dove decido io, non quello che mi mostra il regista: studiare i rapporti di forza, le tattiche, osservare come è gestitto durante i novanta minuti il centrocampo, urlare in italiano o in inglese quando mi fanno incazzare per delle assurde cappellate che non farebbe nemmeno un pupetto all'asilo ... E mi domando, adesso, perché tra
i tanti sport, che potrei ugualmente seguire, mi piace soprattutto il calcio: uno sport che considero in realtà il meno virile di tutti (senz'altro macho, ma è un altro discorso); perché che il calcio di oggi non sia affatto uno sport virile, nonostante i giocatori si sforzino di farlo credere e i tifosi di crederci, non mi pare ci siano molti dubbi. E mi si deve spiegare cosa mi può dare di virile in campo uno che fuori ama poi mostrarsi alla guida di una Ferrari o farsi vedere, a scopo di immagine, con l'ultima velina dalle tette finte e dalle labbra rifatte, e se non sia semmai un vero segno di costante virilità il farsi vedere all'opposto con una donna normalissima, magari anche brutta ma almeno sfidare coraggiosamente il mondo (devo dire però che con una nota giornalista italiana non mi farei mai vedere, non perché sia brutta e tema i giudizi del prossimo, ma perché ne detesto l'ipocrisia, segno che si puo essere brutte e ipocrite, così come si puo essere brutte e sante). E comunque farsi vedere con donne normali, che sono quelle di cui il mondo e la vita di tutti i giorni sono fattii. Insomma, che il calcio non sia uno sport tanto virile è assodato. Eppure mi piace più di ogni altro sport: sto lì che mi mordo in continuazione le unghie quando mi guardo una partita e mi dimentico pure di me stesso. E alla fine ho capito perché il calcio mi appassiona così tanto, per quale motivo appassiona uno come me che da ragazzo faceva nuoto, e canottaggio: sport in cui ti fai veramente il signor mazzo - e mi ricordo ancora quello schiavista dell'allenatore, a canottaggio, quando a sedici anni ci allenavamo al coperto, nella postazione fissa, ci faceva uscire letteralmente di testa, ti distruggeva, ti dava continuamente della fichetta (pussy) quando battevi la fiacca nelle due ore di allenamento ai remi, non ci sentivi neanche più per quanto urlava, e con la bava alla bocca - altro che corsette per novanta minuti di questi viziatelli in Maserati dietro a cubiste senza cervello! (e bisognerebbe qui che qualche anziano racconti, come hanno fatto con me, a questi gasati che vanno allo stadio a fare il saluto fascista, il saluto di morte, bisogna che qualche anziano racconti chi era per esempio il grande Silvio Piola, che dopo la partita lasciava  lo stadio a piedi e i ragazzi facevano a gara per portargli la borsa mentre andava alla fermata del tram per tornarsene a casa coi mezzi pubblici, dopo aver mandato in estasi decine di migliaia di spettatori. E se non era un modello per i giovani un atleta come quello e lo sono invece questi montati capaci solo di fare smorfie e mettersi il dito in bocca e fare l'aeroplonino soltanto per attirare lo sguardo ossessivo della telecamera, allora forse mi sto perdendo qualcosa sugli sviluppi del concetto etico di role model).

Così alla fine credo di esserci arrivato: credo d'aver capito perché il calcio mi piace e mi è sempre piaciuto nonostante questa immagine che il baraccone offre di sé: il calcio mi piace perché è una danza, un balletto: e la danza, anche se ballare non m'ha mai veramente attratto, mi è sempre piaciuto seguirla, osservarla. Naturalmente se mi chiedessero cosa preferisco, se guardarmi un vecchio video per esempio di Café Muller di Pina Baush (l'unico pezzo di danza contemporanea che ogni volta mi commuove fino a farmi piangere) o anche del Tavolo verde di Kurt Joss, oppure se prefersico un balletto in campo di queste ballerine in scarpini e pantaloncini, risponderei che c'è tempo per entrambi. D'altronde questa passione per la danza l'avevano anche i grandi. Degas, per esempio. Paul Valéry scrisse un libretto meraviglioso su questo: Degas, Danse Dessin - Degas danza disegno ...

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