martedì 8 ottobre 2013

fiction italiane e Controriforma




La trama i dialoghi le atmosfere delle fiction italiane sono in un certo senso da Controriforma, una cosa di cui lo spettatore non si rende conto semplicemente perché non è consapevole del ruolo che l'industria politico-televisiva gli fa incarnare nel mondo attuale, un
ruolo appunto controriformistico: non sa lo spettatore italiano di essere costretto a vivere ai tempi del cardinal Bellarmino (e paragonare i policy makers della Rai o di Mediaset al colto Bellarmino significherebbe comunque arricchirli di un non meritato complimento ).

C’è una cosa tuttavia che queste fiction italiane (almeno quelle poliziesche) condividono con molte delle serie prodotte nel resto del mondo (anche se l’Italia non conosce assolutamente paragoni in questa tendenza priapistico-televisiva): i commissariati, i nuclei operativi dei carabinieri, le benemerite sezioni criminalità organizzata e antidroga delle varie squadre mobili diventano, per come sono rappresentati, dei veri lupanari, in cui quello che conta non è un'indagine delicatissima su ingenti movimenti e carichi di cocaina o l'indagine su un omicidio al termine della quale si può far processare e mandare in galera a vita un innocente, non conta dare la caccia a pericolosissimi latitanti, mafiosi camorristi - sono cose che servono da cornice - quello che conta, quello che è importante è che al pubblico rincoglionito dall'ignoranza di chi gestisce le politiche televisive e i fondi pubblici si mostrino comunque questi bordelli sentimentali da quattro soldi tra colleghi poliziotti o carabinieri, tanto che uno spettatore che ancora ci crede ed è tutto preso da una trama che a volte sembra funzionare ed è in attesa del risultato del DNA in un laboratorio della Scientifica, è improvvisamente costretto a fare il voyeur: a sorbirsi lo sguardo allupato del tecnico di turno fisso non sui dati che dovrebbe analizzare ma sulle tette della collega; per non parlare (è il caso di Squadra antimafia) di un vicequestore aggiunto della Polizia di Stato che spoglia arrapato una mafiosa e ci fa sesso invece di arrestarla secondo logica (e denaro del contribuente).

Mi diceva mia madre a cui chiedevo se le piaceva la serie di Montalbano: “cosa dovrebbe piacermi? Che serietà avrebbe, come potrebbe convincermi un commissario che in ogni puntata va a letto con questa o quest’altra sospetta, per di più maggiorata?” E a voler anche spezzare una lancia in favore di questi bordelli polizieschi, a voler passare sopra questo clima claustrofobico dei commissariati delle fiction dove ogni poliziotto ha una portentosa storia con una collega appena uscita da un concorso di miss Italia (e il femminismo è riuscito almeno a far trasporre l'infinita storiella di Adamo ed Eva dall'Eden ai distretti di polizia e alle caserme), anche a voler chiudere un occhio su questa idea di un poliziotto talmente frustrato da essere incapace di avere una relazione al di fuori del commissariato, anche a voler accettare che si faccia tutto in famiglia, ci sarebbe da chiedersi se non venga in mente a questi produttori e sceneggiatori italiani che due poliziotti potrebbero avere ugualmente una loro storia d'amore senza per forza dover appartenere a uno stesso ufficio o a una stessa divisione; idea che per esempio viene intelligentemente sfruttata in una vecchia fiction francese, Les Bleus, dove un giovane ufficiale della brigada anticrimine se la fa con un poliziotto delle volanti in servizio da tutt'altra parte (non una donna in questo caso). E lasciamo perdere i poveri bistrattati omosessuali italiani, che vorrebbero vedersi anche loro rappresentati ogni tanto, e che ignorano che la questione omosessualità in Italia è completamente assente in televisione per il semplice motivo che i politici e i produttori vanno a dormire recitando ancora il catechismo tridentino e vorrebbero farlo recitare anche al pubblico, che già in varie occasioni ha per fortuna mostrato più intelligenza dell'intellighenzia (gli unici due personaggi omosessuali propinati dalla televisione italiana in queste serie poliziesche, uno l’hanno fatto diventare di punto in bianco eterossessuale, poi di nuovo omosessuale, poi di nuovo eterosessuale; l’altro - una ragazza simpaticissima nella serie RIS Roma, italiana ma di origine giapponese (tanto per chiarire che un'italiana "pura" non potrebbe mai essere lesbica) - sono corsi ai ripari e l’hanno fatta morire prima del tempo, sicuramente per proteste di una parte infinitesimale e bigotta del pubblico, che avrà minacciato chissà quali ricorsi. Ovviamente questa ragazza, essendo oltre che carabiniere anche entomologa, se avesse voluto pomiciare anche lei con una collega, avrebbe dovuto trovarsi una cavalletta coi galloni.

Una cosa che tiene allegri di questo patetico scenario da Controriforma è che non una delle puntate delle varie fiction termina senza ringraziamenti alla Polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri eccetera.

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