domenica 6 ottobre 2013

religione, morale e psicosi


Il fatto che in uno dei suoi pensieri Pascal faccia una certa confusione quando attribuisce a Montaigne una cosa che Montaigne non ha mai detto - che  la consuetudine vada
seguita non perché è tale ma perché è ragionevole e giusta (Montaigne affermava l’esatto contrario, in linea con quanto sostiene lo stesso Pascal, che cioè le leggi hanno credito non per il fatto di essere giuste ma perché sono leggi) - non toglie assolutamente valore alla correttezza della sua riflessione. Le leggi sono soltanto una convenzione: in sé non hanno niente di giusto a meno che (questo Pascal non arriva a dirlo) non si consideri il “giusto” un mero espediente del potere che le genera. Certe leggi possono apparire non giuste a nazioni e popoli che ne hanno elaborate di contrarie - o che ne conoscono una forma più evoluta  – semplicemente perché si trovano a un diverso grado di sviluppo sociale e di gestione dell’accumulo egoistico delle risorse, cioè a un differente grado di sviluppo del capitalismo, l’unico modello già implicito nel dinamismo della natura. Di conseguenza, la morale o la religione che sottendono le leggi e le fanno apparire "giuste" sono semplicemente lo specchietto per le allodole, i principali collanti di questo posticcio concetto di giustizia con cui tenere asservito un potenziale nemico (il nemico dell’accumulo, del capitale). Questo concetto di giustizia, di apparente livellamento offerto in garanzia ai tordi, non potrebbe mai reggersi senza almeno uno di quei suoi principali puntelli ideologici, che operano attraverso la paura e la vergogna e hanno come effetti collaterali i sensi di colpa. La morale e la religione, quindi, se sono all’origine di un apparente equilibrio sociale, lo sono anche delle psicosi.

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