lunedì 21 ottobre 2013

ti faccio un organum tanto! Aristotele vs Platone?.

Non so se Alessandro di Afrodisia raccogliendo le varie opere di logica di Aristotele e chiamandole nel loro insieme Organon pensasse già allora a ciò che si intende comunemente oggi quando si dice: ti faccio un organo tanto!, con gli indici e i pollici ravvicinati a descrivere quell'ampio e ben motivato anello; se cioè intendesse mettere in guardia i
futuri lettori da possibili fraintendimenti: se ti avvicini alle Categorie o ai Topici o agli Analitici di Aristotele è a tuo rischio e pericolo! È comunque piuttosto strano, nonostante certe difficoltà di lettura, che ancora oggi nell’immaginario di molti non addetti ai lavori, nelle conversazioni colte ma anche nei pettegolezzi degli ex liceali, si tenda a distinguere quali portatori di due concezioni metodologiche diametralmente opposte i due pensatori dell’antichità che più di altri grandi (in particolare Democrito e Eraclito) hanno retto in un modo o nell'altro le sorti del pensiero Occidentale almeno fino ai primi decenni dell'Ottocento. In realtà, senza bisogno di lanciarsi in un'eroica lettura delle migliaia e migliaia di pagine spesso deliranti di commentatori di tutti i tempi, basterebbe aprire a caso una pagina dei Topici e confrontarla con un passo del Sofista - o anche scorrere dall'inizio alla fine il non lungo testo delle Categorie - e si arriverebbe facilmente alla conclusione che almeno sul piano formale, di messa a punto di uno valido strumento (organon) logico, Aristotele partendo dal metodo dialettico platonico non fa che perfezionarlo paurosamente, tremendamente (deinòs, tremendo, riferito al genio, al talento, alla capacità di fare qualcosa è termine caro a tutto il mondo greco): non fa altro, almeno in fase di rodaggio, che fornire basi rigorosissime al metodo platonico della diaìresis, della suddivisione delle idee per generi e specie, quella operazione che consentiva a Platone di conoscerle e metterle in relazione poi con l’idea suprema di bene. Non puoi fare, direbbe Aristotele a Platone in una delle sue regole di critica e perfezionamento del metodo dialettico, non puoi senza esplicarlo (senza perdere di rigore dimostrativo) considerare il genere come predicato di ciò che non è una specie ma soltanto un termine differenziale di questo genere. Se ad esempio animale è un genere, e se con acquatico stabilisci una differenza nel mondo animale (quegli animali che si muovono comunemente in acqua), non puoi contemplare questi termini in un rigoroso rapporto genere/specie (non al modo in cui puoi dire invece che il pesce è un animale), perché acquatico non è qui una specie, non è in un rapporto essenziale con animale (come avviene con pesce) ma accidentale, e a rigore acquatico può riferirsi a tutto ciò che si origina, vive o si muove nell'acqua, non necessariamente a un animale (una pianta, un paesaggio eccetera). Quindi la tua macchina logica si rompe. Platone, che seguendo una metafora anatomico-culinaria immaginava di fare le cose per benino, in modo raffinato, separando attentamente, nell'analisi delle idee, i singoli arti per evitare di spezzarli come farebbe "un cattivo cuoco" [κακοῦ μαγείρου in Fedro 265d - intendo màgeiros nel senso più comune di cuciniere, a differenza dei vari interpreti del Fedro che traducono con un non necessario macellaio], e nonostante tutto il fanatismo logico di Socrate, in effetti poi non si preoccupò per niente di queste incongruenze del suo bisturi dialettico. Insomma a Platone interessava un’etica più direttamente politica, e gli bastava anche uno strumento che funzionasse più o meno bene, cioè macroscopicamente (vedi i giochetti di Socrate nel Protagora, quando in un primo momento chiede ironicamente a Prodico di aiutarlo nell'uso dei sinonimi per poi sbeffeggiarlo più tardi per le sue solite eccessive sottigliezze); Aristotele mirava invece soprattutto e costantemente a un’etica della scienza, a forgiarsi strumenti rigorosamente definiti e inattaccabili per poi osservarne passo passo, mediante l'uso, la loro giustezza e adattabilità al problema. Almeno in questo, nel rigore metodologico, la scienza deduttiva aristotelica concorda con i bisogni della scienza odierna di darsi standard scientifici rigorosi. Indipendentemente poi dal fatto che la scienza sperimentale da Galileo in poi sia una scienza induttiva.

Ma anche questa questione del metodo deduttivo di Aristotele andrebbe sempre considerata cum grano salis, e per esempio nelle Categorie lo si osserva ogni tanto indulgere, almeno in chiave di verifica, in certi procedimenti induttivi, e questo nel momento stesso in cui si sta costruendo i suoi strumenti logici (vedi per esempio il rapporto predicativo stabilito tra sostanze prime e seconde: "se infatti non si predicasse di nessuno degli uomini non lo sarebbe nemmeno dell'uomo in generale" - εἰ γὰρ κατὰ μηδενὸς τῶν τινῶν ἀνθρώπων, οὐδὲ κατὰ ἀνθρώπου ὅλως· E ancora, parlando del colore, se all'inizio segue un procedimento deduttivo: "il colore è in un corpo (preso genericamente) quindi pure in un certo corpo"; ne fa poi la controprova sul piano induttivo: "se infatti non fosse in uno di ciascuno dei corpi non lo sarebbe nemmeno in un corpo in generale" - τὸ χρῶμα ἐν σώματι, οὐκοῦν καὶ ἐν τινὶ σώματι· εἰ γὰρ μὴ ἐν τινὶ τῶν καθ' ἕκαστα, οὐδὲ ἐν σώματι ὅλως.

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