mercoledì 24 settembre 2014

il giuramento di Ippocrate e i cinque e più traditori

Il bollettino medico con cui si annunciava la morte di una delle più sanguinarie fecce della storia recitava testualmente:

"Comunichiamo la dolorosa morte dell'ex presidente della repubblica ed ex comandante in capo dell'esercito eccetera" (sedicente presidente della repubblica e automaticamente decaduto dalla carica di comandante in capo dell'esercito nel momento stesso in cui insieme agli altri tre supremi vigliacchi traditori del suo paese tradì il giuramento di fedeltà fatto nelle mani dell'ultimo legittimo presidente che quel paese abbia avuto prima delle nuove, chiamiamole così, democratiche elezioni).

E sarà stata una morte anche più che dolorosa per questo medico che, prestato in gioventù un altro universale giuramento, quello di Ippocrate - "vivrò per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio..." - non poté non redigere il triste bollettino annacquandolo delle private lacrime del suo libero arbitrio - molto meno penosa per i parenti delle migliaia di desaparecidos e vittime di un regime che godeva (come sempre ogni regime capitalistico e fascista) del beneplacito della Chiesa Cattolica (se si escludono le eroiche frange della Teologia della Liberazione ampiamente avversate dall'allora papa e dalla sua curia o cricca, soprattutto da un certo segretario di stato traditore della lettera evangelica e a cui Dante avrebbe riservato il posto che riservava tutti i traditori di qualsiasi risma).

E non solo i parenti, ma una grossa porzione del paese avrà festeggiato in quel triste nero luttuoso giorno per i carnefici. Così come alla morte di Filippo gli ateniesi (anche coloro che con Filippo in vita non gli erano avversi e contro la viltà dei quali si scaglia Pluatrco) festeggiarono con a capo l'unico vero nemico e avversario di Filippo, Demostene, che si presentò alle celebrazioni per ringraziare gli dei tutto in ghingheri e con una bella veste sgargiante e inghirlandato (ἔχων λαμπρὸν ἱμάτιον ἐστεφανωμένος).

Quello che invece non si capisce è come abbia fatto, alla morte di quella sanguinaria canaglia, l'allora presidente socialista, che assieme ai suoi familiari venne sottoposto per ordine di quegli infami traditori alle più abbiette torture, a cedere a pressioni esterne e a far presenziare ai funerali di questo assassino e genocida il ministro della difesa del suo governo. Il quale venne poi giustamente fischiato da bande di migliaia di fascisti arricchitisi negli anni della dittaura e radunati a dare l'estremo saluto alla canaglia delle canaglie.


martedì 23 settembre 2014

invidia femminile e stravaccamento

Chiedevo a una mia anziana zia se mio cognato, che nonostante la differenza di età prova sempre un grande piacere quando può andare a trovarla e a intrattenersi una mezzora con lei, fosse passato recentemente a portarle dei dolci che le avevo fatto comprare. La risposta di questa mia zia è stata lapidaria: "io non ricevo giovanotti!" (a parte i nipoti o pronipoti diretti, dovrei dire). Mettiamoci anche un po' di demenza senile, ma questo era il suo tratto più tipico anche da ragazza, da quello che mi raccontano, non differente da quello di altre donne di quella generazione.

E sarà per questo che tantissime donne di quella generazione, che erano bambine durante la guerra, conservano quel fascino che le ragazze di oggi, con tutta la freschezza della loro pelle tatuata, illividita, si sognano. Figuriamoci poi le donne in carriera, sempre pronte a farsi la guerra reciprocamente e per loro stessa ammissione: o per il maschio di turno o per agguantare quel "potere maschio" di cui mai come oggi la donna è stata invidiosa.


indimostrabilità dell'esistenza

L'esistenza non può essere in nessun modo provata. Lo sarebbe se l'individuo potesse osservare durante la vita (e non nelle cosiddette e limitate esperienze N.D.E) il mondo dopo la sua morte. Il che è una contraddizione in termini.

Individuo. Il "divide et impera" della natura

Il senso dell'individuo va ricercato in una sorta di divide et impera di cui la natura non può assolutamente fare a meno se si vuole dare un senso alla nozione stessa di natura. Se la natura non si fosse organizzata in questo modo, per individui, la creatura sarebbe stata un'anti-natura. L'unica ragione per cui avrebbe avuto senso parlare di dualismo tra bene e male. Il che toglie anche ogni pretesto di esistenza a qualsiasi religione (compresa, soprattutto, la dialettica).

l'elefante e la morte

Una prova dell'evoluzionismo è nella nozione di persistenza. Che l'uomo discenda dall'elefante, o che sia stato in un lontano passato un elefante, è provato dal fatto che come l'elefante sentendo la morte appressarsi va a nascondersi, anche l'uomo quando sta per morire vieni rinchiuso in un hospice, con buona grazia delle multinazionali dei farmaci palliativi.

Persistenza cioè del pudore più che del dolore. Così per esempio Demostene, subito dopo aver preso il veleno:

ed abbassò la testa dopo essersela coperta

(συγκαλυψάμενος ἀπέκλινε τὴν κεφαλήν - Plut., Dem. xxix, 4).

Lo stesso nel caso di Cesare:

si tirò la veste sulla testa e si accasciò


ἐφειλκύσατο κατὰ τῆς κεφαλῆς τὸ ἱμάτιον καὶ παρῆκεν ἑαυτόν (Plut., Caes. lxi, 12).

In fondo non è altro che il sipario che viene finalmente tirato al termine di tutto perfino da quel bigotto di Ottaviano Augusto:

acta est fabula, plaudite! la commedia è finita, applaudite!







venerdì 12 settembre 2014

L'amicizia

Io do per certo che nell'amicizia vale quanto dice Demostene nella prima Olintiaca a proposito delle imprudenze commesse nell'azione politica (considerazione delle circostanze attuali), che a sua volta paragona alle imprudenze di chi accumula sostanze per poi perdere tutto:

ἀλλ', οἶμαι, παρόμοιόν ἐστιν ὅπερ καὶ περὶ τῆς τῶν χρημάτων κτήσεως· ἂν μὲν γάρ, ὅσ' ἄν τις λάβῃ, καὶ σῴσῃ, μεγάλην ἔχει τῇ τύχῃ τὴν χάριν, ἂν δ' ἀναλώσας λάθῃ, συνανήλωσε καὶ τὸ μεμνῆσθαι [τὴν χάριν]. καὶ περὶ τῶν πραγμάτων οὕτως οἱ μὴ χρησάμενοι τοῖς καιροῖς ὀρθῶς οὐδ' εἰ συνέβη τι παρὰ τῶν θεῶν χρηστὸν μνημονεύουσι (I, 11)

ma io credo che simile sia anche ciò che riguarda l'acquisto di denaro: se uno, quanto acquista, riesce pure a conservarlo, non potrà che ringraziare e ringraziare la fortuna, se invece senza accorgersene perde tutto, perde anche la capacità di ricordarsi. Così anche negli affari politici: coloro che non hanno saputo utilizzare rettamente le circostanze presenti non si ricordano nemmeno se qualcosa di utile gli era venuto dagli dei.


lunedì 8 settembre 2014

bambole e soldatini

Ogni volta che si guarda una delle tante fiction poliziesche - legali, mediche ecc, (ce n'è una piuttosto disgustosa incentrata sul lavoro di un gruppo di patologi britannici, cadaveri a non finire mostrati a pranzo e a cena mentre si sta mangiando magari tranquillamente una bistecca o una salsiccia) ogni volta che si guarda una di queste fiction si ha l'impressione che i personaggi maschi, anche se non è a rigore una fiction poliziesca, continuino comunque a giocare coi soldatini (pum pum! sei morto!), quando non giocano al gioco della virilità, portandosi a letto la collega di turno - segno che un qualche problema all'esterno, fuori del commissariato, esiste - e che i personaggi femminili, sempre coesi, hanno coronato il sogno che più di tutti stava loro a cuore: quello di arrivare a separare, ogni volta che ne abbiano occasione, i colleghi maschi, qualunque lavoro facciano, mosse unicamente da invidia per questa sorta di rilassatezza, questo senso del gioco a cui gli uomini si abbandonano quando stanno insieme: interrompere quello che in inglese si chiama male bond, legame tra uomini, legame d'amicizia, "uomini in compagnia di altri uomini" (c'era su questo un articoletto autobiografico di David Mamet, il regista, anzi uno dei registi più intelligenti di oggi, che a causa di questa eccessiva intelligenza finisce spesso per rovinare i suoi film). A differenza di quello che succede nel mondo vero, dove le donne, quando stanno insieme, non fanno altro che farsi guerra. In più, sempre in queste fiction, la donna appare quasi schizofrenica: da un lato, in veste di poliziotto o di avvocato di grido, vuole mostrare i muscoli, dall'altro questi muscoli sarebbero il trucco da clown a cui non sa rinunciare, e l'apparire uterina in ogni situazione (in una di queste fiction si vede un giovane avvocato donna che entra di prepotenza negli spogliatoi maschili di una scuola e costringe così alcuni adolescenti senza mutande a coprirsi immediatamente; cosa che se lo facesse un maschio, se provasse a entrare in un qualsiasi spogliatoio femminile, verrebbe subito denunciato, secondo norma, come molestatore - entrare negli spogliatoi maschili non è solo il sogno di molte donne cresciute con l'invidia del pene e di molte donne-mamme ma anche e soprattutto del regista o sceneggiatore maschio, arrapati dalla pornografia nella quale sono cresciuti -  e avessero almeno letto un po' di Sade, dei suoi meravigliosi romanzi).

Inoltre credo che la donna in queste fiction sarebbe molto più credibile se quando ostenta un'arma (il pericolo è che si spezzino le unghie) e fa irruzione come Rambo insieme ai colleghi maschi potesse nello stesso tempo vantare storicamente, nel mondo reale, una gavetta di quelle con le quali ti fai i muscoli anche in altri mestieri, in passato (e ancora oggi) riservati agli uomini: lavorare per esempio in un cantiere come muratore (o muratrice - come facevano alcune donne durante e dopo l'ultima guerra) prima che come architetto, perché è facile saltare dalle bambole al tavolo da disegno, alla sedia del comando.

mercoledì 3 settembre 2014

i ragazzi e la linguistica

Che i ragazzi (e ragazze) di oggi non siano così ignoranti, che anzi siano dotati nell’insieme di una mente piuttosto elastica, linguistica, pronta a cogliere ogni minimo rapporto tra le cose, rapporti logici e sostanziali, potrebbe indicarlo un semplice test: basterebbe chiedere a un ragazzo qualsiasi, così bravi nel rap, di trovare una rima per Giovanna o Susanna. E la risposta sarebbe rapida, anzi immediata, un po’ come il morso di una vipera per poco che la disturbi.
In realtà è un cosa che avrebbero in comune con la deterrima generazione dei sessantottini, e dei settantasettini (quelli almeno che presto avrebbero preso il posto dei padri che contestavano). Anche lì la battuta sarebbe stata automatica: se qualcuno avesse detto “Arianna”, un altro avrebbe risposto: "la pippa e la canna". Pippa che tra l’altro a Roma significa sega.

martedì 2 settembre 2014

Sempre più liberi. Il grande sogno dell'uomo e della donna

Che l'uomo e la donna di oggi si siano in qualche modo liberati lo dimostra il fatto che l'uomo continua a considerare segno di virilità l'ostentare la femmina come preda, un po' come facevano gli antichi (che mangiavano la buccia e buttavano i fichi) - preda su trampoli dai dieci ai quindici centimetri, ancheggiante (in Italia più che mai), sottratta a un altro uomo, o da sottrarre a un altro uomo, si capisce: l'unico modo in cui può essere considerato virile il farsi vedere in compagnia di certi accrocchi usciti dal bisturi di un chirurgo plastico o truccati come esilaranti clown, teenager comprese - e la donna il fatto che abbia finalmente ottenuto la gestione o cogestione di quel potere dalle maglie del quale voleva liberarsi e nelle maglie del quale, per poterlo gestire, se non ha impigliato il corpo ha impigliato quantomeno le mani. E impigliato mi fa venire in mente impagliato, nel senso di imbalsamato: detto di animali morti riempiti di paglia allo scopo di conservarli. Il problema però è chi è il grande imbalsamatore?

lunedì 1 settembre 2014

fama contro fama

Si potrebbe confrontare il concetto odierno di fama - fosse anche una fama planetaria ottenuta con un semplice click - con quello a cui sembra accennare Nestore nel primo libro dell'Iliade, quando parla di quei re che lo vollero come alleato (e non erano re da poco, come dice Nestore stesso, segno che il problema del valore della fama era avvertito già allora, quando si formava il nucleo della tradizione epica):

καὶ μὲν τοῖσιν ἐγὼ μεθομίλεον ἐκ Πύλου ἐλθὼν
τηλόθεν ἐξ ἀπίης γαίης: καλέσαντο γὰρ αὐτοί (269-70)

e con questi ho vissuto arrivando da Pilo
lontana, da terra remota: furono loro a chiamarmi

e in quel "remota" (ἀπίης) e in quel "mi chiamarono loro", c'è tutto il senso del valore di fama per i tempi già leggendari di Nestore, ma anche per l'epoca in cui si forma la tradizione epica e anche in seguito e comunque fino a tutto l'Ottocento e all'epoca di riproduzione industriale dell'immagine. Il che significa anche, a spingersi su questa strada, che Nestore era famoso per quei re come lo sarebbe un uomo oggi che fosse conosciuto nella galassia di Andromeda. In realtà nessun paragone possibile con la scalzacanaggine televisiva e cinematografica di oggi. Col tappeto rosso. Con il vippismo. Niente di omologo, di proporzionale.

Su questi due versi e sulla leggittimità dell'autoelogiarsi quando si è consapevoli delle proprie forze vedi anche quanto dice Elio Aristide nenl'orazione Sull'osservazione a margine (περὶ τοῦ παραφθέγματος).