lunedì 8 settembre 2014

bambole e soldatini

Ogni volta che si guarda una delle tante fiction poliziesche - legali, mediche ecc, (ce n'è una piuttosto disgustosa incentrata sul lavoro di un gruppo di patologi britannici, cadaveri a non finire mostrati a pranzo e a cena mentre si sta mangiando magari tranquillamente una bistecca o una salsiccia) ogni volta che si guarda una di queste fiction si ha l'impressione che i personaggi maschi, anche se non è a rigore una fiction poliziesca, continuino comunque a giocare coi soldatini (pum pum! sei morto!), quando non giocano al gioco della virilità, portandosi a letto la collega di turno - segno che un qualche problema all'esterno, fuori del commissariato, esiste - e che i personaggi femminili, sempre coesi, hanno coronato il sogno che più di tutti stava loro a cuore: quello di arrivare a separare, ogni volta che ne abbiano occasione, i colleghi maschi, qualunque lavoro facciano, mosse unicamente da invidia per questa sorta di rilassatezza, questo senso del gioco a cui gli uomini si abbandonano quando stanno insieme: interrompere quello che in inglese si chiama male bond, legame tra uomini, legame d'amicizia, "uomini in compagnia di altri uomini" (c'era su questo un articoletto autobiografico di David Mamet, il regista, anzi uno dei registi più intelligenti di oggi, che a causa di questa eccessiva intelligenza finisce spesso per rovinare i suoi film). A differenza di quello che succede nel mondo vero, dove le donne, quando stanno insieme, non fanno altro che farsi guerra. In più, sempre in queste fiction, la donna appare quasi schizofrenica: da un lato, in veste di poliziotto o di avvocato di grido, vuole mostrare i muscoli, dall'altro questi muscoli sarebbero il trucco da clown a cui non sa rinunciare, e l'apparire uterina in ogni situazione (in una di queste fiction si vede un giovane avvocato donna che entra di prepotenza negli spogliatoi maschili di una scuola e costringe così alcuni adolescenti senza mutande a coprirsi immediatamente; cosa che se lo facesse un maschio, se provasse a entrare in un qualsiasi spogliatoio femminile, verrebbe subito denunciato, secondo norma, come molestatore - entrare negli spogliatoi maschili non è solo il sogno di molte donne cresciute con l'invidia del pene e di molte donne-mamme ma anche e soprattutto del regista o sceneggiatore maschio, arrapati dalla pornografia nella quale sono cresciuti -  e avessero almeno letto un po' di Sade, dei suoi meravigliosi romanzi).

Inoltre credo che la donna in queste fiction sarebbe molto più credibile se quando ostenta un'arma (il pericolo è che si spezzino le unghie) e fa irruzione come Rambo insieme ai colleghi maschi potesse nello stesso tempo vantare storicamente, nel mondo reale, una gavetta di quelle con le quali ti fai i muscoli anche in altri mestieri, in passato (e ancora oggi) riservati agli uomini: lavorare per esempio in un cantiere come muratore (o muratrice - come facevano alcune donne durante e dopo l'ultima guerra) prima che come architetto, perché è facile saltare dalle bambole al tavolo da disegno, alla sedia del comando.

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