venerdì 9 agosto 2013

Il calcio non è gay: è omoerotico


Melchior d'Hondecoeter - Natura morta con galli e galline

Il termine coming out – letteralmente venir fuori, quindi uscita – presuppone soltanto che ci si trovi all’interno di un qualcosa, di un luogo dal quale effettivamente poter uscire. È semplicemente una forzatura poi identificare questo concetto dell'esterno con quello della luce del sole: posso venir fuori da un posto chiuso restando in un altro posto chiuso più grande e che lo racchiuda: ad esempio dall’ascensore alle scale. Sempre al chiuso sono.

L’ossesssione del mondo gay per tutto ciò che non è gay (vedrebbero gay dovunque e vorrebbero far fare coming out perfino ai santi), è un fatto relativamente recente. Chi ha fatto il cosiddetto coming out, chi si è finalmente “liberato”, si sente paladino di una causa morale e tende a considerare una qualsiasi manifestazione omoerotica inconscia - anche quando cioè non c’è consapevole desiderio omoerotico - come un fatto più che manifesto che lì ci sia qualcosa di gay e che in quanto tale vada esteriorizzato. Di queste frequenti manifestazioni omoerotiche inconscie, gli sport di squadra, soprattutto il calcio, abbondano: abbracci e effusioni in campo, baci bacini e bacetti dopo un gran goal ma anche dopo uno schifo di goal venuto soltanto per colpa di un girandolino a centro campo della squadra avversaria, palpatine eccetera; ma più che il segno di un conscio desiderio omosessuale queste manifestazioni non sono altro che banalissimi gesti di affetto e esultanza, la necessità di condividere con un amico o compagno di centuria un momento di felicità o comunque gesti (le palpatine) che da che mondo è mondo sono codici comportamentali tipici dell’ambiente maschile giovanile, il segno di un sopito desiderio anche fisico perché appunto codificato, l’unico modo in cui in una società globalmente e potentemente eterosessuale, certi istinti possono rivelarsi. Nel gioco, appunto. O nella lotta – si veda per esempio la lotta tra due maschi nel film Donne in amore di Ken Russel, o le scosse erotiche nel recentissimo Tensiòn sexual 1 dei registi argentini Marco Berger e Marcelo Mònaco, e si capirà molto di questo tipo di desiderio controllato, codificato. Ma di qui a dire che due uomini che fanno a botte o un calciatore che palpi le natiche di un altro calciatore sia gay ( o anche semplicemente omosessuale) ce ne passa e ce ne passa parecchia, ci passa tanta acqua quanta ce n’è nell’oceano Atlantico tra le due sponde.
A parte la questione omoerotismo, c'è da dire che non significano la stessa cosa nemmeno omosessualità e essere gay (parola bruttissima, senza spina dorsale e che fa scappare tutti - somiglia a un miagolio ed è strano che i gay non se ne siano mai accorti). Non comportano le stesse ragioni queste due parole perché "gay" riflette originariamente un’istanza politica che però oggi ha perso anche quel po’ di forza rivoluzionaria che aveva agli inizi, all’epoca degli eventi di Stonewall, il noto bar di travestiti a New York da cui si originarono a seguito di un pestaggio della polizia omofoba i violenti scontri che tennero sotto scacco il Greenwich Village per tre giorni; il primo termine invece (omosessualità) definisce un insieme di pulsioni e desideri e comportamenti ed esula dalla sfera politica in senso stretto, di impegno politico e civile, di chi combatte anche seriamente, sotto questa etichetta, per l’acquisizione di diritti per le coppie dello stesso sesso. A parte quindi la non assoluta possibilità di identificare visione gay della vita e comportamenti omoerotici e omosessuali, viene anche da chiedersi quale senso abbia (se non di presunzione) dire a un grande calciatore, a uno cioè che ha un ego smisurato, e che spesso ha pure un talento smisurato, che tocca il cielo con un dito, come si fa a dire a una persona del genere: devi fare coming out. La prima cosa che mi viene in mente è che un calciatore così impostato - che il gay vorrebbe tirare nel mondo gay come il mugnaio tira l'acqua al proprio mulino - ti faccia quand'anche sia dedito a amori omosessuali una sonora pernacchia e che finisca magari per dirti: "gay per questa volta ci sarai tu, a me di uscire dentro un ghetto non interesssa proprio un bel niente, non ho bisogno di nessuna etichetta in fronte. Se pure perde tempo a risponderti.


 C’è poi il caso di Cecchi Paone, il giornalista che ha fatto coming out e che ogni tanto si azzuffa, per la verità in maniera anche divertente, col mondo ufficiale del calcio. Mi è capitato diverse volte di sentirlo parlare in qualche intervista. Ma non mi pare che usi la parola gay, o almeno le volte che mi è capitato l’ho sempre e soltanto sentito usare termini come omoerotismo, o omosessualità. Ha pure scritto un libro su omosessualità e sport nel cui titolo non compare la parola gay e non so se e quante volte l'abbia usata all'interno perché non l'ho letto. Cecchi Paone però è cosa diversa: si diverte a mettere il dito nell’ipocrisia del mondo calcistico, e se anche la sua è una battaglia diciamo così etica fa prendere poi felicemente alla questione i toni divertenti del botta e risposta tra due ragazzini; non è comunque un caso che reagisca come reagisce ogni volta che sente un dirigente o un calciatore dire che nel calcio non ci sono maschi che vanno con altri maschi. Lo invitano a nozze. Pure a non considerare il carattere altamente omoerotico di un qualsiasi gioco di squadra (come fai a non pensare di dare il meglio anche e soprattutto perché - a parte i milioni che guadagni - i tuoi compagni di squadra ti stanno guardando e vuoi essere ammirato anche da loro?) è pure una palese assurdità, che dimostra non solo ignoranza della storia ma pure della natura se anche i cagnetti che si vedono scodinzolare nei giardini pubblici e nei parchi si annusano a tutto spiano, sia maschi con femmine che maschi con altri maschi. Ma spezzo qui una lancia in favore dei gay. In Shalespeare si trova il termine nosegay (letteralmente, nell'antico inglese, ornamento da avvicinare al naso, mazzetto di fiori che l'innamorarato regalava all'amata) e a quell'epoca a teatro i personaggi femminili erano interpretati esclusivamente da uomini.   



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