venerdì 9 agosto 2013

L'abito fa la monaca: il razzismo dei ricchi






Oprah Winfrey, simpatica e nota conduttrice della tv americana, considerata una delle donne più ricche e influenti del pianeta, ha raccontato di essere entrata in un negozio di Zurigo, di aver chiesto una borsa da ventottomila euro e di essersi sentita rispondere da un'impassibile e poco compiacente commessa svizzera che quell'oggetto non era adatto a lei, che costava troppo. La Winfrey ha subito tirato in ballo il razzismo e ne ha montato un caso galattico, sicuramente non ignorando che che più che una questione di razzismo è stato un colpo al suo amor proprio: il fatto cioè che una semplice commessa europea non l'abbia riconosciuta, non abbia riconosciuto una delle dee dell’etere statunitense, l'aver preso finalmente atto che esiste almeno una persona nel mondo che non l'ha proprio mai né vista né sentita nominare. Non so se la Winfrey sia entrata in quel negozio della più esclusiva via di Zurigo in “ciavatte e bigodini”, come si dice a Roma, e coi sacchetti della spesa in mano come una bag lady ma non capisco di che razzismo cianci, né in che modo le sia venuto in mente. Sempre che non intenda quel noto razzismo alla rovescia: il fatto che la Winfrey, come tutti i ricchi di questo mondo, vede il mondo capovolto. Ci sono persone infatti che trovano che sia altamente razzista presentarsi in un negozio e chiedere a una commessa che guadagna mille e cinquecento euro al mese di mostrargli una borsa che ne costa ventottomila. E oltre che razzista la trovo una cosa da far venire i conati di vomito se penso che lo stipendio annuale non solo di una commessa ma di un infermiere di un cameriere di un professore di scuola di una domestica di un lavacessi di un poliziotto è la metà dei ventottomila euro che costa la borsetta che la Winfrey voleva comprarsi.

Nessun commento:

Posta un commento