domenica 22 settembre 2013

solo la donna è sempre donna. cinema e sguardo abusivo


Esiste una genia di registi uomini che sfrutta ancora il concetto della donna pupazzo dei divertimenti e degli arrapamenti del maschio frustrato. È un’immagine vecchia come il mondo e potrebbe tranquillamente essere considerata un capitolo di quello studio che Germaine Greer ha intitolato L’eunuco femmina, la donna cioè feticcio. Si veda per esempio il terzo film della serie Alien, nel quale un modulo di salvataggio della nave spaziale USS Sulaco, costretto a un atterraggio d’emergenza, finisce su un piccolo pianeta occupato esclusivamente da un carcere di massima sicurezza. Chi sono i detenuti tutti uomini di questo carcere? Serial killer e stupratori. Chi è l’’umico membro dell’equipaggio a salvarsi? una donna, che tirata fuori dai soccorritori è rimasta guarda caso pure in slippini, con l’ombelico (il buco) bene in vista, che non sarebbe altro che l’occhietto che pure un regista del calibro di David Fincher si permette di fare al generico spettatore: da una parte al maschio, convinto che tutti i maschi di questo mondo condividano la sua visione priapica dell’esistenza, dall’altra alle donne, eccitato alla semplice idea che la generica donna possa gustare il suo momentaneo arrapamento nella visione di questo che è probabilmente il peggiore dei suoi film. Le donne non portano minori responsabilità: lo sguardo della donna spettatrice, in questo genere di film, resta in effetti ambiguo: come mamma indulgente chiude un occhio nel migliore dei casi e nel peggiore finirà per arraparsi anche lei (checché ne dica il femminismo più radicale): si arrapa a sentire il suo maschio arrapato; anche se in quanto donna lo sarebbe forse meno se si rendesse conto che il suo uomo è semplicemente arrapato perché un altro maschio, il regista, è anche lui arrapato e gli sta offrendo in una sorta di intesa - ben conosciuta nelle conversazioni tra maschi - questi suoi segni e sogni erotici da quattro soldi. Ma se un maschio si eccita ai sogni erotici di un altro maschio, il dado non è molto tratto, non si lascia nessuno spazio al caso: si tratta né più né meno di qualcosa che va oltre le aspettative, il contrario cioè di quello che questo spettatore si immagina quando entra al cinema, poco importa che la concezione priapica che il regista ha del mondo sia ampiamente condivisa dall'umanità maschile: resta il fatto che in quel particolare momento il maschio si eccita coi sogni erotici proposti da un altro. Punto. È quindi ingiusta l’accusa mossa a Holliwood di una sua certa supposta omofobia: questo tipo di pellicole, tanto più se arrivano da un ottimo regista, lo stesso che ebbe il coraggio di proporre l’omoeroticissimo Fight Club, dimostrerebbero esattamente il contrario (d'altronde è ben noto come perfino in un concreto triangolo sessuale di due uomini e una donna, quest'ultima, nel duplice tritacarne maschile, rappresenta il cosiddetto alibi, o il terzo incomodo; a differenza di un triangolo di due donne e un uomo, dove il fatto che si tratti di un rapporto lesbico a tre può essere quasi dimostrato matematicamente: aumentando il numero di donne e portandolo col metodo dell’analisi matematica all’infinito, sogno di ogni uomo: l’integrale che ne risulta non può essere che donna: l’uomo che realizza così il suo sogno di essere alla fine anche lui quello che è sempre stato: una povera donna mancata).

Le pretese del mercato non son ovviamente discutibili. Ma almeno in questo caso tutto è facilitato

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