martedì 11 febbraio 2014

cartomanti prezzolati

Sempre dall'Agamennone, la tragedia capolavoro assoluto parte della tetralogia con la quale nel 458 Eschilo vinse a Atene al concorso delle Grandi Dionisie, si potrebbero citare quei versi del coro (τίπτε μοι τόδ᾽ ἐμπέδως eccetera) adattissimi oggi a questi cartomanti della
finanza, questi commentatori politici con la pancia sempre più piena invitati da quei due ex sessantottini ormai ripuliti che sono Annunziata e Ferrara. Dice il coro dei vecchi dopo aver ascoltato le ultime ambigue inquietanti parole che Clitennestra rivolge a Zeus ma evidentemente a se stessa, un po' prima di assassinare il marito (cura abbi di ciò che ti accingi a consumare); dice dunque il coro (quello spicchio cioè del popolo che non crede ai cartomanti televisivi della finanza):


perché mai continuamente
un terrore si presenta
al mio cuore presago
e un canto mi sgorga dall'intimo (è sempre il popolo che parla)
e sulla finanza fa previsioni tristissime,
previsioni che nessuno mi paga,
previsioni più vere di quelle dei commentatori politici,
e di Ferrara e Annunziata,
e di tutta la cricca al seguito,
ex sessantottini ripuliti
che pensavano allora d'essere comunisti,
e vestivano con l'eskimo innocente
e oggi, nei loro non più militanti ma millantati programmi,
invitano tranquillamente
il presidente di Confindustria,
col quale si fanno reciprochi salamelecchi,
piuttosto che andarsi a fare due chiacchiere
con un operaio qualsiasi
del cui sudore pretendono di dire qualcosa?

Il testo di Eschilo ha proprio  ἄμισθος, che significa non pagato, non prezzolato. La triste previsione del coro, del popolo, non viene pagata. Ed è ovviamente una raffinatezza stilistica di Eschilo, una sorta di clash, di ossimoro, questo canto del coro, questo vaticinio gratuito, perché anche ai tempi di Eschilo i vaticinatori di professione non aprivano bocca se prima non veniva strappato l'assegno o fatto il bonifico. E queste cose, il pubblico sensibilissimo, raffinato di allora, sapeva notarle. E sapeva dare il primo premio a chi se lo meritava. Per tronisti e cubiste c'erano invece non i grandi teatri ma le tende scalcagnate delle fiere.

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