giovedì 27 febbraio 2014

La pozzanghera



Museo Civiltà Romana - foto Blackcat - Wikipedia

Continuo a postare qualche altro miniracconto dal Carnevale di una logoterapista, pezzi originariamente scritti in inglese e poi riscritti in italiano (vedi gli altri nella homepage sotto categorie).



LA POZZANGHERA

A viale Cristoforo Colombo, all’altezza del Museo Pigorini, un’Alfa della polizia sfrecciava a sirene spiegate in direzione centro. L’agente alla guida non evita una pozzanghera,
e anzi la prende in pieno. Sul marciapiede c’erano quattro donne che aspettavano il 93. Le tre più giovani si dividevano un ombrello, la quarta, una vera anziana, portava un trench bianco a mantellina. Lo spruzzo sollevato dall’Alfetta era andato a ricadere sulle quattro con tanta maggiore sorpresa quanto la certezza di appartenere al mondo dei giusti le aveva portate a voltarsi incuriosite verso il laghetto, da dove avevano sentito arrivare gli ululati della sirena.
   “In ospedale hai da finì!”, fece una delle quattro, un roscetta sui trenta in  k-way rosa.
   “Stai zitta, che è la polizia!”, fa quella con l’ombrello.
    “Sta’ zitta ‘sto c.! Ma non vedi che c’hanno fracicate?”
   “E va bè, succede!”, fece la terza, una bionda sui cinquanta, la più vicina all’anziana che invece fissava l’obelisco di travertino lì davanti e pareva sognare altri sud, perché quando comincia a piovere a Roma hai voglia a arrivare fino all’Eur o a Spinaceto e a tutti gli altri quartieri sempre più giù: e quando piove a dirotto piove dapertutto. La bionda guardò i pantaloni asciutti della vecchia, di tela, sopra un paio di galosche bianche, e disse alle amiche che certa gente aveva tutte le fortune.
   “Se una cosa deve succede, succede”, fece quella con l’ombrello.
   “Perché sète inferiori!”, fece la rossa.
   “Aò, ma che sta a dì sta matta?”, fa sempre quella con l’ombrello. “Ma che te rode oggi?”
   “Ce l’ha co’ Antonio pe’ via dei pantaloni.”
   “E intanto c’ha sbattuto er grugno”, fa la roscia.
   Quella che reggeva l’ombrello disse che con Antonio le conveniva lasciar perdere, tanto più che lei lavorava ancora part-time.
   “Tanto n’ha mandate via poche!”, fa. “Non saresti né la prima né l’ultima.”
   “E capirai”, fa la rossa. "A pulì i cessi!" Poi se le studia e fa:
   “Aò! a me la vita m’è cambiata da così a così da quando ho conosciuto quelli di scentòlogy.”
   Cominciò a dire di come all’inizio le avevano fatto la testa come un pallone, della barca di soldi che le era venuto il corso, e di tutto un mattone di libro che s’era dovuta leggere. Ma alla fine lei era ormai superiore. E non faceva nemmeno più l’amore spesso, perché le avevano detto che se non provava desiderio doveva astenersi dal rapporto.
   L’anziana in mantellina, che come la nonna di Proust, pareva godersi un sano igienismo all’aria aperta, la guarda e le dice di non credere, che era più  una questione di sensi di colpa, e che se uno li cacciava da una parte rientravano dall’altra. La cosa migliore era non avere mai scrupoli.
   “Che scrupoli?”, fa la rossa.
   “Scrupoli”, fa la bionda. “Ha ragione, la signora ... Perché, a quell’altra poveraccia che hai gonfiato all’alimentari l’altro giorno?”
   La rossa disse che aveva applicato l’overt, che quella l’aveva  mandata a quel paese e che quindi se lei non avesse reagito sarebbe stato il uintold e che secondo quelli di Scientology se uno le faceva una cosa lei doveva rifargli più o meno lo stesso. L’unica cosa che non le andava giù erano i corsi di aggiornamento. Ma ormai le cose erano positive, e anche quella mattina aveva avuto la controprova con Antonio, quando le aveva scucito per dispetto i pantaloni negli spogliatoi.
   “Sicura che è stato lui?”, fa quella con l’ombrello.
   Come non so’ sicura?”
   A parte, disse, che non era la prima volta che quando uno le faceva una cattiveria gli capitava qualcosa di brutto. Ma anche la storia di Antonio era una conferma. E lei ci aveva rimesso poco, perché Stella i pantaloni glieli aveva ricuciti lì per lì.
   “Je faccio, dico: ‘quanto ce scommetti, Ste’ che entro oggi trovo chi me l’ha scuciti?’ ‘E come fai?’ ‘Je succede qualcosa de grosso, perché c’ha la coscienza sporca’. E infatti l’hai visto pure te, Daniè: s’è preso o no ‘na storta?”
   Daniela annuì. Le macchine che passavano s’accostavano più all’obelisco che al marciapiede e tutti evitavano la pozzanghera, di sicuro per evitare la buca.
   Tutte e quattro continuarono per un po' a guardare in silenzio la pioggia, poi la vecchia disse che se anche quello si era preso una storta forse era solo un caso. E la tipa con l’ombrello fece di no, disse che a casa sua quello si chiamava malocchio.
   “Aò”, fa la rossa. “Passa e zoppica. Je dico: ‘che hai fatto Antò?’ ‘Ho preso ‘na storta’, fa. ‘Questa è la cattiveria’, Antò, je faccio. ‘E te la sei presa per tanto poco?’ me fa. E se ne va." E perciò, disse la rossa, più chiaro di così si moriva. E tutto grazie a Scientology ... e lei gli psicologi non li poteva sopportare e se gliene capitava uno lì davanti gli avrebbe sputato in un occhio.
   Arrivò il 93, che alla vista della pozzanghera rallentò e non sollevò uno spruzzo. Le tre diedero la precedenza alla vecchia ma quella disse che non saliva, che aspettava un amico. Così l’autista apre davanti e sbuca fuori con la testa:
   “Allora salite o no? Che facciamo, notte?”
   “Ma no lo vede che è anziana?”, fa la rossa. “Aò, so tutti uguali, porca mignotta!”

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