giovedì 15 maggio 2014

I sintomi della vera bontà




Tintoretto. Allegoria della Bontà


Per quanto io non sia malizioso e tenda normalmente a fidarmi del prossimo – forse per una certa vocazione di romanziere, per cui non potrei mai fare a meno di questo mio prossimo menzognero e dello spettacolo che costantemente mi offre – con gli anni credo di sentirmi però sempre più incline a guardare con sospetto proprio i cosiddetti
“buoni”, o il “buonismo” –  una tendenza che dovette iniziare a svilupparmisi attorno ai vent’anni, forse il giorno stesso in cui andai da un dermatologo dell’IDI per farmi vedere un alluce che mi si era infettato. Quel medico, all’apparenza brusco, scostante, dopo che gli ebbi espresso tutte le mie paure di ipocondriaco, prese letteralmente a urlare, tanto che dovettero sentirlo pure nel corridoio: “non è quello che crede lei!”, disse alla fine. S’era fatto paonazzo. Mi diede una pomata, mi disse di tornare a farmi vedere di lì a una settimana. Misi la pomata e il giorno dopo era tutto guarito. Quando tornai all'IDI gli dissi: “lei è veramente un santo!”, e lui, ancora brusco, ma con una modestia che tuttora, a ripensarci, mi commuove, replicò molto semplicemente: “Beh, si fa quel che si può!”

Rileggendo Proust, il Du côté de chez Swann, incappo in considerazioni e argomentazioni sulla vera bontà che non sono affatto dissimili, un passo che avevo completamente dimentticato:

Quand, plus tard, j’ai eu l’occasion de rencontrer, au cours de ma vie, dans des couvents par exemple, des incarnations vraiment saintes de la charité active, elles avaient généralement un air allègre, positif, indifférent et brusque de chirurgien pressé, ce visage où ne se lit aucune commisération, aucun attendrissement devant la souffrance humaine, aucune crainte de la heurter, et qui est le visage sans douceur, le visage antipathique et sublime de la vraie bonté”.

Quando, in seguito, ebbi occasione di imbattermi, nel corso degli anni, nei conventi per esempio, in incarnazioni veramente sante della carità attiva, queste avevano in generale un'aria allegra, positiva, indifferente e brusca quale può apparire in un chirurgo sempre impegnato, quell’espressione nella quale non si legge nessuna commiserazione, nessun intenerimento di fronte alla sofferenza umana, nessuna paura di offenderla, e che è l’espressione priva di dolcezza, il volto antipatico e sublime della vera bontà”.

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