lunedì 23 giugno 2014

En attendant Godard. Il paese di Acchiappacitrulli e il presente perpetuo





En attendant Godot, aspettando Godot, aspettando l’autobus alla fermata di via Veneto a Roma all’imbocco da piazza Barberini, alle otto di sera, il giorno dopo il solstizio d’estate, i giorni più lunghi dell’anno, con ancora quindi parecchia luce. Improvvisamente, facendo un gran casino come se dovesse passare la regina di Spagna, due motociclisti dei carabinieri si materializzano scortando una macchina di uno dei tanti papaveri governativi italiani. Mi ha fatto subito pensare a quel capitolo di Pinocchio, il Paese di Acchiappacitrulli, con le gazze ladre che
scorrazzano liberamente nelle loro lussuose carrozze in un luogo per il resto pieno di uccelli spennati.

Nel Regno Unito perfino il potentissimo primo ministro britannico, quando passa (con una semplice scorta) quasi non te ne accorgi, silenziosissimo e proprio per questo molto inquietante. Forse in Italia tutto il chiasso che fanno le macchine della polizia e dei carabinieri  quando passa un qualsiasi sottosegretario dei Lavori Persi non è altro che l’istituzionalizzazione dell'unica cosa in cui gli italiani eccellono, o meglio il tentativo di imitare, con una punta magari di invidia, con sirene e fishietti quell'improvviso soffio veramente più micidiale di qualsiasi possibile sirena, quel soffiare così consono agli italiani meno intimiditi e a cui si riferiva in un’intervista Pippo Baudo, quando gli chiesero cosa temeva di più nella vita. Disse Pippo Baudo: “Attraversare a Roma Piazza del Popolo e sentirmi chiamare forte: ‘A’ Pippoooo! prrrrrrrrr!’

A tutti quegli scalzacani che oggi in qualsiasi parte del mondo si affannano o si illudono – il che è la stessa cosa - di produrre nel cinema opere estetiche di ingegno, di intelligenza, di talento varrebbe la pena ricordare di guardarsi o riguardarsi A bout de souffle di Godard (tra l'altro opera prima), per verificare, tramite confronto immediato delle proprie caccole con questa antica opera della cosidetta Nouvelle Vague, se si possieda o meno del genio; in secondo luogo cosa significhi talento e in terzo luogo, tecnicamente, stilisticamente parlando, cosa significhi leggerezza, ironia, umorismo nella narrazione; e anche, quarto, cosa significa la giusta scelta di un attore per la riuscita del film (intervistato, il simpatico ed estremamente modesto m anche grande Ettore Scola su Gerard Depardieu, per quale ragione se avesse dovuto fare il film dal suo fumetto Un drago a forma di nuvola,  non avrebbe più voluto Depardieu al quale originariamente aveva pensato, ha risposto, molto candidamente, ironicamente: "Depardieu ormai è ingrassato, è diventato un evasore fisso, evasore fiscale, se ne vuole andare in Russia, è andato in Russia solo perché si pagano meno tasse … E in qualche modo", dice Scola, "bisogna pur stimare gli attori coi quali si lavora”).

A bout de souffle (fino all'ultimo soffio) si dovrebbe, a rigore (au juste) pronunciare alla francese (suonerebbe pressappoco a bu d suffl) ma evidentemente ognuno lo pronuncia e lo pronuncerà a suo modo e viva le differenze linguistiche, nemiche della normativa e della scienza. Così anni fa, trovandomi a bordo di un cabinato a vela, il Bout de souffle, dopo un’estenuante traversata, arrivati in vista del porto italiano, dissi a un certo T. che era nell’equipaggio: “Avverti  per radio che stiamo per rientrare”. T. scese alla radio e esasperato forse dalla stanchezza cominciò a urlare nel microfono:  “Qui a bùttete sufflè, a bùttete suffè”. Scesi e gli dissi: “Ma che c. stai a dì?”, e questo dopo che ne aveva fatte in navigazione un mare appunto e una sporta. E tuttavia a ripensarci, faceva in effetti, questa sua inventiva linguistica, un contrappunto ideale con la precisione di una frase di mio cugino che conosce bene questo T. perché c'è cresciouto insieme, e al quale qualche giorno dopo, a Roma dissi: “Ma com’è che T. fa tutte ‘ste cazzate? Eppure ha navigato tanto con te! In un porto, con la barca non ancora ormeggiata, c'era una risacca del diavolo, ha messo un piede sulla banchina, la barca s'è staccata e è caduto in acqua, s'è scorticato mani e braccia contro la muraglia”. E mio cugino mi disse in una frase che Flaubert, lo stilista, avrebbe trovato giustissima: “Tu devi sapere che T. nasce rincoglionito”.  L’uso appunto del presente, come a dire: rinasce ogni giorno tale e quale, più che un presente storico.

Nessun commento:

Posta un commento