lunedì 2 giugno 2014

giornalismo e volontariato



Malcovich nella parte del barone di Charlus

La ragione per cui non nutro molta simpatia per i giornalisti italiani - sia presi nel loro insieme che singolarmente, uomini o donne - è duplice: da un lato costoro appaiono sempre più convinti, man mano che il loro livello culturale inevitabilmente si abbassa, che grandi cose ha voluto per loro il Signore, dall'altro non si riesce mai veramente a cogliere nel loro straordinario impegno sociale - nonostante l'atmosfera di grande eccitamento di tutto il carrozzone, e tolte alcune efficaci inchieste della Gabanelli o di qualche altro povero martire - nessun serio, onesto tentativo di interessarsi al prossimo per il bene effettivo del prossimo: ovvero maschera, il giornalismo italiano, quello che è un semplice tornaconto personale sotto le apparenze di una sorta di vago senso del dovere, di obbligo morale a un servizio pubblico di controllo, del quale nessuno del pubblico ha tra l'altro mai chiamato nessuno a occuparsi. Se fosse per me verrebbero quindi tutti - dal primo all'ultimo -  a cominciare
dai grossi direttori come Ezio Mauro, de Bortoli, Lucia Annunziata e Mentana - invitati a tornare a zappare la terra come facevano i loro avi, a guadagnarsi col sudore del volto il pane quotidiano, come fanno le colf e i muratori e i manovali sui cantieri, quegli stessi lavoratori dei quali costori pretendono di scrivere con cognizione di causa quando arriva il momento della conta delle morti sul lavoro.

Ci sarebbe anche una terza ragione per cui non mi sono simpatici i giornalisti italiani, per cui provo quasi ribrezzo per questa categoria. Non solo non posseggono quasi mai il minimo senso dell'ironia ma non hanno nemmeno il senso del ridicolo. Sembrano credere a ciò che scrivono; e la cosa curiosa è che ci credono veramente, non si rendono conto delle infinite contraddizioni (ahimé non stilisticamente volute) in cui incappano in uno stesso articolo o da un articolo all'altro: sia perché non sanno assolutamente di cosa stanno parlando, sia perché anche quando lo sanno, non avendo veramente vissuto una certa cosa, non possono parlarne se non in maniera superficiale e per sentito dire; dimostrano cioè - fatto veramente notevole per chi fa della lettura e della scrittura un "mestiere" - di non aver mai avuto davanti agli occhi quelle parole con cui Charlus commenta al Narratore, a un tavolo dell' Hotel Ritz durante un coprifuoco, gli articoli convinti di alcuni patrioti francesi: "Brichot", dice Charlus, "che rimprovera alla Francia di non essere abbastanza militarista, nello stesso tempo rimprovera alla Germania gli eccessi del suo militarismo"; o anche quando riferisce i punti di vista di alcuni personaggi dell'alta società, che parlano dell'assoluta mancanza di psicologismo che caratterizzerebbe la razza teutonica: "Ma lei crede", dice Charlus, "che Cambremer e Norpois si siano mai interessati di psicologia prima di adesso?"

La ragione per cui invece amo chi fa volontariato (volontariato gratis) - e io stesso ne ho fatto in passato in maniera anche massiccia nel Regno Unito, e in periodi della mia vita quando avrei dovuto forse occuparmi più di me stesso - è che chi fa volontariato, se anche lo fa per rispondere a dinamiche di gratificazione personale, questa sua ricerca di gratificazione della coscienza non collide poi mai con l'interesse di altri, che anzi ne traggono sempre  beneficio.

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